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    TerraNova

    Il nostro incubo quotidiano

    • di Silvia Treves
    • Maggio 18, 2012 a 8:41 am

    di Silvia Treves

                le mie storie raccontavano di fatti terribili che accadono nel   
                     tuo quartiere e al supermercato.
                                               R. B. Matheson, intervista radiofonica, 2003


    Richard Burton Matheson (Allendale, 1926) – autore di Io sono leggenda (1954), Tre millimetri al giorno(1956) e Io sono Helen Driscoll (1958), collaboratore di Roger Corman, sceneggiatore della serie televisiva Ai confini della realtà(Twilight Zone) e del film Duel, tratto da un suo racconto e girato dall’allora esordiente Steven Spielberg (1971) – rappresenta un unicum nel panorama della letteratura anglofona di genere.
    Ciò che gli riesce meglio, e ciò che preferisce fare, è isolare un aspetto, solo apparentemente marginale, della realtà e trarne le estreme conseguenze.
    Prendete Tre millimetri al giorno. Il romanzo è la cronaca minuziosa e terribile di come il protagonista, esposto a una fortissima dose di radiazioni, cominci lentamente a rimpicciolire; tre millimetri al giorno sono poca cosa, all’inizio la differenza è inavvertibile, poi gli oggetti quotidiani, un tempo innocui, giorno dopo giorno si fanno sempre più giganteschi e minacciosi, la realtà banale e scontata di un tempo è ormai una trappola che si stringe intorno all’uomo… Matheson prese l’idea da una scena cinematografica in cui un tizio «prendeva il suo cappello e se lo metteva in testa ma il cappello era talmente grande da scendergli fin sotto gli orecchi. Al che mi sono domandato: e se un uomo si infilasse un cappello che è certo sia il suo e gli succedesse comunque una cosa del genere, rendendosi conto di essere diventato più piccolo?»


    E prendete Io sono leggenda. Il medesimo gusto del rovesciamento paradossale gli fece concepire da adolescente, assistendo alla proiezione di Dracula, l’idea base del romanzo che venne scritto molto tempo dopo: se gli umani hanno paura di un singolo vampiro, che cosa proverebbe un umano ultimo e solo della sua specie, in un mondo dove tutti gli altri sono vampiri? La mente di Matheson funziona così.

    Introdurre nella normalità di una persona qualunque una singola stranezza, piccola o grande che sia, vissuta in silenzio soffrendo la propria diversità, o gridata al resto del mondo per metterlo in guardia o per chiedere aiuto: questo è l’ingrediente base dell’opera di Matheson, che l’autore dosa con parsimonia e dispensa con stile rigorosamente realistico, senza enfasi e senza effettacci.

    I diciassette (ovviamente!) racconti riuniti in Incubo a seimila metri (ed. or. 2002), ristampato da Fanucci in edizione economica, meritano tutti attenzione e se letti a tarda notte, prima di dormire possono riecheggiare nei sogni fino a condizionarne spiacevolmente la qualità. Ci sono pezzi di bravura scritti apposta per Twilight Zone, come il racconto che le dà il titolo; storie scritte quando Matheson lavorava per Fantasy Magazine come Dai canali (a cui si è ispirato il Cronenberg di Videodrome), efficace apologo sui rischi della TV; gioiellini horror come Il vestito di seta bianca e Figlio di sangue, comparsi in numerose altre antologie; racconti come Eliminazione lenta per i quali tutto sommato si potrebbero scomodare con qualche ragione nomi come Kafka o Buzzati. E c’è il notissimo La preda, un racconto molto noto dal quale è stato tratto l’episodio di Trilogia del terrore con Karen Black in lotta contro un idoletto di legno, ferocissimo e indistruttibile.
    Ma ci sono soprattutto racconti meno noti ma forse più interessanti, splendide e rigorose applicazioni della ricetta Matheson.


    Grilli, ad esempio, la cui stranezza è costituita da un gentile signore conosciuto da due coniugi durante una vacanza in albergo; è un ometto cerimonioso e spaventato, sostiene di comprendere non soltanto il linguaggio segreto dei grilli ma anche una loro diabolica trama contro gli umani che si fanno troppe domande… Il protagonista di L’uomo dei giorni di festa è un tizio qualunque, stressato dal lavoro come tanti di noi. Però il suo lavoro è sicuramente peggiore dei nostri…

    I miei preferiti, per affinità elettive suppongo, sono La casa impazzita e La legione dei cospiratori, entrambi sono tornati spesso nei miei pensieri insegnandomi qualcosa. I protagonisti sono due tizi quasi normali: insofferenti e asociali che potrebbero essere me nei miei momenti peggiori, in quelle giornate che cominciano alle sei del mattino maledicendo l’inquilino di sopra che cammina con gli scarponi chiodati e termina a mezzanotte con una parolaccia velenosa sibilata contro il gatto sempre tra i piedi. Benché diversi i destini dei due sono frutto del loro pessimo karma, personalmente intendo sforzarmi di raggiungere una maggiore armonia, male non può fare.
    Ma quello che davvero vorrei aver scritto (e nel quale per fortuna mia non mi specchio direttamente) è Il nuovo vicino di casa, vicenda di, già chi o che cosa è veramente Theodore? Quale scopo lo muove, quali obiettivi si prefigge? È un agente del caos, uno sperimentatore alieno? O semplicemente un essere umano che potrebbe (ma mi auguro con tutto il cuore di no) abitare nell’appartamento di fronte al mio? Fortunatamente gente così non esiste! O no?
    Gran bei racconti, tutti o quasi pervasi da un pessimismo realista ma non misantropo sulla natura umana che si confonde con un’attenzione compassionevole verso gli emarginati, al di là e nonostante la loro stranezza e sgradevolezza, gente come il giovane Jules, protagonista di Figlio di sangue, disturbato e pericoloso ma anche solo, malcresciuto e morbosamente sensibile.


    Racconti lucidi come solo la narrativa fantastica sa essere, percorsi da un umorismo sotto traccia e da una vena ironica che sottolinea l’antipatia speculare dei «normali» benintenzionati. Gente che sa come va il mondo, gente pericolosa, come la zelante maestrina di Jules, che lo chiama caro – anche se non lo apprezza affatto e, soprattutto, non lo conosce – e per incoraggiarlo a socializzare (oggi si direbbe così), gli lascia leggere ad alta voce un tema, per poi scoprire sbigottita che è un inno al vampirismo e alla violenza sessuale. Gente realista, che non leggerebbe mai il racconti di Matheson ma che, come i capi delle Difesa fanno combattere una guerra molto particolare a un gruppo di adolescenti ridanciane e masticatrici di gomme che fino a un attimo prima chiacchieravano eccitate di vestiti e di uomini… Una guerra assolutamente improbabile; ma se esistessero ragazzine così, il Ministero della difesa di qualunque Paese le metterebbe subito al lavoro. La guerra non guarda in faccia nessuno, vero?

    Da non perdere la trascrizione integrale dell’intervista radiofonica fatta a Matheson da Luca Crovi, Sebastiano Pezzani e Giuseppe Lippi per RadioDue (Tutti i colori del giallo, dicembre 2003).

    Richard Matheson
    Incubo a
    seimila metri
    Fanucci TIF, 2008, pp. 267, € 9,90
    Trad. M. Nati

    Prefazione S. King

    da LN-LibriNuovi 48 – Inverno 2008 

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