Dopo La lanterna blu, antologia uscita nel 2002, Mondadori pubblica – questa volta nella collana Strade Blu una raccolta contenente il racconto lungo La freccia gialla, che dà il titolo all’antologia e altri due testi brevi.
Si passa insomma dai 6,80 di un Oscar malrilegato, maltagliato e stampato con carta giallastra e ispida ai 14,00 euro di uno strade blu, rilegato e tagliato appena meglio ma pur sempre giallastro. Può essere un segnale positivo. Può significare che anche in Italia Pelevin comincia ad avere abbastanza estimatori da rendere possibili questo genere di operazioni.
Un estimatore di Pelevin farà bene a spendere 14 euro per questo volume di 118 pagine stampato perlomeno in corpo 12?
Sono onestamente indeciso. La freccia gialla, la novella che apre la raccolta, 77 pagine che in un formato normale sarebbero state cinquanta è ottima, ha alcuni momenti e qualche immagine in tutto degni di un grandissimo lirico dell’assurdo qual è Pelevin, ma nulla che anche l’idolatra dell’autore russo non possa attendere in edizione economica. In quanto ai due testi successivi sono stati palesemente aggiunti per «allungare il brodo» e se non hanno un gran valore narrativo hanno sono se non altro utili a testimoniare il rapporto complesso che Pelevin ha con il buddhismo. Anche se a questo scopo è decisamente più indicato leggere Il mignolo di Buddha, (Mondadori 2000).
Continuo a essere indeciso.
La freccia gialla è un treno, un interminabile convoglio che non sembra avere né origine né destinazione. È un universo separato, un mondo autosufficiente dal quale si può contemplare, senza poterlo raggiungere, ciò che esiste oltre i binari. A bordo della Freccia Gialla i morti vengono gettati oltre i finestrini e fioriscono leggende e interpretazioni sul mondo immobile che circonda i binari, oltre che sulla natura del treno stesso e sul suo fine ultimo. A bordo del convoglio la vita è sonnacchiosa e pedante, scandita da norme cervellotiche, assurde restrizioni ed eventi incomprensibili. Andrej, il protagonista della novella, conduce la vita smagata e disillusa di un cittadino sovietico degli anni Ottanta distratto e diffidente, in attesa di una rottura che si sente nell’aria ma che nessuno riesce a definire. La rottura infine verrà, nella forma più ovvia e insieme imprevedibile.
Un ottimo racconto, appunto, un sogno nitido e coerentemente assurdo, carico di domande esistenziali per le quali non esiste risposta. Anche qui Pelevin riesce a combinare il trascendente e il quotidiano in una tensione sospesa che rimanda perennemente a ulteriori interrogativi, a enigmi definitivi che, presenti sullo sfondo, obbligano i personaggi a dialoghi e attività basate su un’imbarazzante labilità. La rassegnazione all’instabilità del reale è il vero segno distintivo delle narrazioni di Pelevin, una rassegnazione che in certi passaggi scatena il riso, in altri l’inquietudine.
Allora, ve la sentite di spendere 14 euro per un’eccellente novella?
Io li spenderei, ma io sono infatuato da Pelevin. Non conto.
E gli ottimi libri esistono ancora.
Non so, fate voi.
Gli editori dovrebbero evitarci di questi dilemmi, siamo onesti.
Viktor Pelevin
La freccia gialla
A. Mondadori
€ 14,00
T. Olear, C. Renna
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