
A cosa serve, oggi, una mostrologia, ovvero una scienza del mostro, un’analisi di cosa sia un mostro e da dove venga? Partiamo dal sottotitolo del volumetto di Licia Troisi: Piccola storia dei mostri tra sogni e incubi. È proprio di questo che si tratta, una piccola storia, a partire dall’etimologia della parola mostro, che viene dal latino monstrum, nome legato al verbo monere, avvisare. Si tratta dunque di qualcosa di eclatante, eccezionale, e questa unicità può essere declinata sia in negativo, sia anche in positivo, e in effetti ci accorgiamo subito che anche in italiano corrente facciamo uso della parola entrambe le accezioni. E per questo abbiamo già una sovrapposizione tra i sogni, cioè i desideri, ciò che vorremmo essere, e gli incubi, le paure, ciò da cui fuggiamo. E proprio da questa tensione nasce il mostro che, come sottolinea brillantemente l’autrice, «incarna questa dicotomia» tra «la paura e il desiderio di essere diversi». E ciò è comune a tutte le culture: ogni cultura ha i suoi mostri, e in ogni tempo e in ogni luogo creature meravigliose e terribili hanno popolato le storie degli esseri umani, come monito (appunto) o come simbolo.
Con un approccio lineare e metodico, Licia Troisi ci conduce lungo un percorso scandito da domande e risposte e costellato di esempi che spaziano dalle mitologie greca e norrena alla filmografia contemporanea, passando per Umberto Eco e per gli spiriti che popolano l’immaginario giapponese.

Una delle cose più interessanti che ho trovato in questo manualetto è che la creazione del mostro segue le stesse regole di qualunque creazione della fantasia, in particolare nell’arte, ovvero parte dai principi di deformazione, ibridazione ed esaltazione di una qualità, rendendola meravigliosa. Mi è parso di sentir risuonare le tecniche proposte da Arthur Koestler nel suo L’atto della creazione o ancora la Grammatica della fantasia di Gianni Rodari. Si tratta dunque del caso in cui non vale il principio di sovrapposizione degli effetti, ma il sistema ottenuto dalla somma dei singoli elementi è qualcosa di diverso dalla somma stessa.
Il passo ulteriore è quello di vedere da quali bisogni umani nasce il mostro. E qui i motivi sono tanti e diversi, ma emerge un filo conduttore che credo sia possibile estrapolare dai diversi esempi: meno il mostro è visibile, più esso è forte e utile a rispondere alle domande dalle quali è nato. In particolare, vediamo che non appena il fraintendimento viene riportato alla sua dimensione concreta, il meraviglioso perde il suo fascino e dà luogo a disillusione. È il caso, ad esempio, di Cristoforo Colombo che, sulla via per Rio de Oro, si imbatte in tre sirene che però non hanno il visto di leggiadre fanciulle ma piuttosto dei deludenti “tratti maschili”.

Ma, tornando alla domanda iniziale, a cosa ci serve oggi una mostrologia? «L’ideale perpetuo è lo stupore», scrive Derek Walcott, e sebbene la società contemporanea abbia perso molti tabù e indicibili e molte grandi domande abbiano trovato e trovino ogni giorno risposta nella scienza, è pur vero che le paure più profonde dell’umanità non sono scomparse, ma si ripresentano in forme nuove, a volte subdole, spesso sepolte sotto strati di cinismo. Ecco che la mostrologia ci aiuta a dar loro spazio e a riconoscerle per accoglierle nel nostro immaginario e non perdere la capacità di provare meraviglia.
Licia Troisi, Mostrology. Piccola storia dei mostri tra sogni e incubi, Solferino 2022, pp. 128, € 14,00
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