«… Io credo sia necessario comprendere come la pratica quotidiana della scienza possa facilmente coesistere con l’esercizio abituale della crudeltà.»
I primi studi relativi alla correlazione tra tumori, malattie circolatorie, malattie dell’apparato digerente e abitudine al fumo di sigaretta datano alla fine degli anni ’20, ovvero alla Germania di Weimar, ma bisogna attendere l’avvento del nazismo perché tali studi divengano parte integrante della politica nazista per la tutela della stirpe. Il saggio di Proctor allinea così accanto al testo, frutto di un mirabile lavoro sulle fonti, numerose vignette e immagini tratte dalla campagna avviata dal Reich contro il tabagismo, una campagna particolarmente determinata nei confronti del sesso femminile. Studi medici dell’epoca avevano infatti stabilito una correlazione tra l’aborto intrauterino e l’abitudine al fumo di sigaretta e il nazismo era intervenuto, promuovendo un atteggiamento sociale di forte disapprovazione nei confronti delle donne fumatrici.
La propaganda contraria al fumo di sigaretta nelle vignette raccolte si colora di aspetti sinistri e inquietanti quando ebrei, capitalisti occidentali, neri, intellettuali degenerati e prostitute vengono rappresentati sistematicamente con una sigaretta penzolante dalle labbra o come in un articolo relativo alla «Piaga degli zingari» dove si afferma che «…il tabacco è un ostacolo alla realizzazione della pulizia razziale.»
Ma al di là del tabagismo, Proctor sottolinea come la medicina preventiva del terzo Reich sia giunta prima e meglio di quella americana – nel nome di un concetto altamente opinabile come quello della tutela della razza – a definire e stabilire l’esistenza di tumori di origine professionale benché
«.… le loro [dei medici] procedure contraddittorie rivelino tensioni tra l’ideologia e la Realpolitik».
Ciò che preme particolarmente all’autore è mettere in rilievo gli aspetti ambigui della prassi scientifica e dei suoi riflessi sociali, ovvero di come campagne e studi di per sè positivi per la comunità assumano caratteristiche fortemente negative nell’ambito di sistemi autoritari.
«La campagna nazista contro il tabacco [è], per alcuni aspetti, tanto fascista quanto la stella gialla e i campi di sterminio.»
A testimonianza di questa irredimibile ambiguità nelle ultime pagine Proctor ricorda come uno degli atlanti di anatomia di maggiore accuratezza e tuttora maggiormente utilizzato, il Pernkopf, sia stato realizzato da un medico definito come «an ardent and influential Nazi», e che i cadaveri utilizzati per la sua realizzazione siano con ogni probabilità di ebrei e zingari o di soggetti eutanasizzati.

La nostra Guida Adolf Hitler nel beve alcool e non fuma.
Un libro polemico ma importante, lo definisce l’editore. Per conto mio non posso che essere d’accordo: raramente, infatti, mi è capitato di leggere un testo che evidenziasse con altrettanta chiarezza i complessi e ambigui rapporti che uniscono la ricerca scientifica, il potere politico e la struttura economica.
Robert N. Proctor, The Nazi War on Cancer, Princeton University Press 1999, pp. 380, euro 35,70
Idem in e-book: euro 30,58
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