Qannaq, un tempo nota come Thule, è un centro abitato della Groenlandia, uno dei più settentrionali del mondo, che dista appena 1300 km dal Polo Nord.
Nel romanzo di Sam Miller La città dell’Orca, però, Qannaq è una città galleggiante fondata da un’alleanza ribelle di aziende ed entità governative di vari Paesi. Costruita imparando dai disastri a cui sono andati incontri numerosi tentativi precedenti, la città è un asterisco a otto bracci; il suo hub centrale è costruito su un condotto geotermico sottomarino che le fornisce buona parte dell’elettricità e del calore. Altre fonti rinnovabili, energia solare e delle maree, completano le necessità del milione di profughi che vi abitano.
Il romanzo di Miller è profondamente suggestivo e coinvolgente, Qannaq è un luogo di contraddizioni che devono, ad ogni costo, convivere perché è l’unico punto di approdo e di speranza per gran parte di un’umanità dispersa dalla crisi climatica, che ha subito il crollo delle megalopoli, ed è stata vittima di ogni sorta di guerre civili e di classe.
Le tematiche esplorate da Miller sono numerose: le problematiche ambientali, la tecnologia, i conflitti sociali che i profughi si sono portati dietro e che inevitabilmente riemergono e che, inevitabilmente, ricreano gruppi di poteri sotterranei come associazioni malavitose e così via. A costruire Qannaq, infatti, hanno contribuito in grande misura gli azionisti, un gruppo di super ricchi che l’hanno tenuta come ultimo rifugio dove mettersi in salvo quando megacittà come New York, già piegate dalla crisi climatica, sono state distrutte durante i conflitti scoppiati a causa delle iniquità sociali. All’insaputa di gran parte della popolazione, gli azionisti vivono nelle ricche suite di Qannaq senza mettersi troppo in evidenza, considerato che molti profughi sono senza tetto che dormono, pagando, in cassoni disposti su zattere e barconi. La disparità sociale ha ricreato poteri sotterranei e associazioni malavitose.
Per evitare conflitti sociali, la città è gestita da IA di vario livello e le decisioni umane sono ridotte all’osso e per lo più di facciata: tutto è regolato sulla base di calcoli tra vantaggi e svantaggi effettuati da software.
Anche se la protagonista della storia è Qaanaaq, con i suoi luoghi, le etnie, gli usi, i combattenti sulla trave, gli scalatori che si arrampicano lungo gli edifici individuando gli appigli e le strette ringhiere dove passare, i pattinatori che portano messaggi da un braccio all’altro, la vicenda è vista da alcuni punti di vista ricorrenti, e a capitoli alterni impariamo a conoscere diversi personaggi.
C’è Fill, un giovane gay infelice, nipote di un ricco azionista; c’è Kaev, un abile combattente sulla trave pagato per perdere, che nel combattimento cerca ogni volta l’occasione per liberarsi di se stesso.C’è Soq, affascinante ragazzo non binario, che si muove per la città consegnando messaggi per la malavita. E c’è Ankit, consulente di una politica di facciata, che è alla ricerca di sua madre. Altri personaggi, visti con gli occhi dei quattro, offrono a chi legge altre sfaccettature: il cinismo di Go, malavitosa apparentemente spietata, che rivelerà lati insospettati, il nonno di Fill, e il numero crescente di malati di frantumo, una malattia inspiegabile – trasmissibile sessualmente – che trascina coloro che ne sono affetti dentro di ricordi mai vissuti, appartenenti a chi li ha infettati.
Ma soprattutto c’è Masaaraq, l’Orcamante, la donna guerriera che giunge in città accompagnata da un’orca e da un orso polare incatenato. Masaaraq è tra i pochi superstiti di una minoranza, i nanolegati, persone nel cui sangue scorrono nanobot che li legano per sempre e intimamente a un animale:
“Eravamo la prova che qualcuno aveva tramato qualcosa di terribile. E quel qualcuno diede fuoco alle polveri di una manciata di fondamentalisti appassionati di armi, dicendo di noi che eravamo un abominio, che infrangevamo le leggi divine sul dominio dell’uomo sugli animali, e ovviamente quei poveri coglioni furono fin troppo felici di crederci, non vedevano l’ora di incolpare un gruppo di persone che erano diverse e volevano solo essere lasciate sole. Anni prima erano stati i Migranti, o i neri, c’era sempre qualcuno da tormentare, era nelle fondamenta del nostro paese. Vi ho portato via tutto e ora vi dirò che è stata colpa del vostro vicino perché sembra così diverso da voi.”
Già. Quante volte abbiamo sentito questa storia? Quante altre volte la dovremo sentire? Da molti punti di vista La città dell’Orca è un romanzo distopico, ma non solo questo.
È la storia di un pugno di persone che si incrociano per caso e, ognuno a modo suo, decidono di cambiare, insieme. È la storia di tante ricerche: Ankiti cerca la madre, Masaaraq cerca la moglie e i loro figli dispersi, Kaev cerca se stesso, Soq vuole scoprire chi e che cosa potrebbe diventare. Fill cerca di dimenticare il frantumo che si è impadronito di lui. E c’è chi cerca gli azionisti per far loro pagare tutte le iniquità commesse altrove.
Tra i temi più suggestivi c’è Città senza una mappa, una sorta di network che dispensa informazioni e consigli ai nuovi immigrati ma che, mentre il romanzo prosegue, diviene sempre più misterioso e importante. Una meta storia inventata da chi? Dalle IA che governano Qaannaaq? Da un gruppo di politici?
Fill propendeva per la teoria dell’artefice unico […] Aveva delle fasi, dei periodi, in cui era convinto che l’Artefice fosse maschio, e periodi in cui aveva la certezza che fosse femmina – vecchio, giovane, dalla pelle chiara o scura, povero, ricca… chiunque fosse, aveva fatto sì che centinaia di persone diverse registrassero le sue criptiche e stupende istruzioni per farsi strada nel labirinto ingarbugliato della città.
Il tema della famiglia – di una comunità allargata e partecipe, che comprende anche gli animali – e alcuni bei personaggi femminili sono altri pregi della lettura.
Ma soprattutto c’è il tema onnipresente della migrazione: tutti sono profughi a Qaannaaq, spinti alla fine del mondo dalla catastrofe climatica, dalla malagestione del pianeta, dai pregiudizi e dall’avidità di pochi oligarchi.
La nota dell’autore è un buon valore aggiunto.
Notevole il lavoro di traduzione di Chiara Reali, che ha contribuito a dare spessore e credibilità a una narrazione tanto complessa.
Sam Miller, La città dell’orca, Zona 42 [2019], ed. or.2018, pp. 357, € 16.90, Trad. Chiara Reali. Con una nota dell’autore all’edizione italiana
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