Il terzo volume del ciclo Canopus in Argos di Doris Lessing è Una donna armata, esperimenti siriani, scritto nel 1981 e pubblicato in Italia nel 2014. La donna armata è Ambien, un alto ufficiale siriano siriota (personalmente preferisco l’aggettivo «siriota», meno carico di tutte le disgrazie e i drammi del povero paese mediorientale), parte del gruppo che per conto di Sirio deve coordinare la colonizzazione di Shikasta – ovvero la Terra – da parte dei sirioti. Ma il pianeta è oggetto della colonizzazione anche da parte dell’Impero di Canopus, con il quale Sirio ha raggiunto un accordo, anche se non facilissimo da rispettare, e soprattutto è vittima degli attacchi di Shammat, un sistema ben deciso a intervenire a proprio vantaggio nella situazione della Terra, nel contempo creando problemi di ogni genere ai colonizzatori.
Il racconto di Ambien è sostanzialmente la cronaca, raccontata dal punto di vista di un alto ufficiale, del fallimento dei tentativi sirioti – una civiltà che presenta non poche rigidità nell’approccio ai terrestri – di giungere a una colonizzazione efficace e funzionante. Il gioco a tre che Canopus, Sirio e Shammat giocano nell’antichità del nostro disgraziato pianeta crea continuamente disturbi, problemi, arretramenti, guerre, disordini e violente intolleranze, tanto che Ambien ha sempre più la sensazione che la presenza di Sirio sulla Terra sia un ulteriore problema più che una possibile soluzione.
Ma il generale, la donna armata, non cessa di adoperarsi per tentare di condurre in porto gli esperimenti siriani – esperimenti di ordine sociologico, di organizzazione sociale, di agricoltura – , pur continuando a pensare tra sé che l’Impero di Canopus abbia metodi e organizzazione migliori di loro.
Un personaggio curioso e ambiguo, Ambien, una donna risoluta e insieme carica di dubbi, ripensamenti ed esitazioni che il il lettore finisce per conoscere con geometrica precisione e altrettanto sottile sensazione di angoscia. Inevitabile pensare che Doris Lessing, figlia di colonialisti – sia pure oneste persone – ricostruisca qui la non facile convivenza con gli indigeni africani così come la difficile sopravvivenza delle famiglie inglesi inviate nell’allora Rhodesia del Sud a creare un proprio ipotetico futuro.
La sf non è una letteratura di metafora? Al contrario: può esserlo in maniera tanto aderente da riprodurre alla perfezione un insieme di tentazioni, errori, orgoglio e fatica.
[…] Una griglia era stata stampata sull’intero continente. Era una rete di rettangoli perfettamente regolari. Avevo sotto gli occhi una mappa, un grafico di un certo modo di pensare… era un modo pensare, un’impostazione mentale resa visibile. Era la mente dei margini nordoccidentali, la mente dei conquistatori bianchi. Sopra la varietà e i cambiamenti e le differenze del continente, sopra i flussi e i movimenti e i cambiamenti della terra […] c’era un marchio di rigidità. […] Era un marchio di possesso, una moltiplicazione dell’unità elementare del possesso territoriale.
Personalmente non credo sia facile aggiungere qualcosa a questa frase della Lessing sul tema e la definizione reale del colonialismo. Particolarmente «Era un marchio di possesso, una moltiplicazione dell’unità elementare del possesso territoriale.» Grazie, Lessing, dovunque tu sia.
Doris Lessig, Una donna armata, esperimenti siriani, Fanucci Collezione Vintage, 2014, pp. 343, € 16,00 (disponibile esclusivamente in forma usata o presso le librerie che trattano volumi fuori catalogo), trad. Stefano A. Cresti
Idem in e-book kindle € 4,99
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