Ricordate i vostri undici anni? Le amicizie, i contrasti, le antipatie e le simpatie, le passioni incoercibili – personalmente amavo i dinosauri come Liam, il protagonista di Morte sul vulcano – e i disgusti, le intolleranze le avversioni, il proprio sé guerriero e i piccoli dolori quotidiani? Li ricordate? Il grosso pregio di questo romanzo è proprio nella sua capacità di risvegliarli.
Esiste un momento nel quale si transita dall’infanzia all’adolescenza, un momento nel quale le luci e le ombre cambiano bruscamente orientamento, appare un orizzonte più lontano e i rapporti con i genitori si complicano, in qualche caso giungendo alla rottura. Per Liam i prodromi di questa mutazione avvengono in un luogo peculiare: l’isola di Stromboli e il paese che – nella virtualità romanzesca1 – si trova ai suoi piedi: Ginostra. Qui Liam va a trascorrere un’estate, in compagnia dei genitori, in un’isola priva di elettricità, acqua potabile e telecomunicazioni e proprio per questo apprezzata dai Mason e dai loro seguaci, un gruppo di turisti inglesi dediti a un’imitazione fuori tempo massimo delle passioni di Alastair Crowley e della sua Abbazia di Thelema a Cefalù e artefici di uno stile di vita derivato dalle passioni hippy degli anni ’70.
Ma il rapporto di Liam con i pretesi “figli dei fiori” non è facile, anzi per il ragazzino risulta problematico e noioso, e così fa presto conoscenza con due abitanti del luogo: Angelo, un bambino, allevato, o forse sarebbe meglio dire “trascurato”, dai nonni e Pietro, un ragazzo più grande di lui che lo sottopone a una “prova di maturità” alla quale Liam, ansioso di divenire membro di un gruppo, si sottopone volontariamente.
Ma l’inglese scoprirà presto che Pietro ha una convinzione assoluta: assicurare alla giustizia un immigrato calabrese che considera l’assassino di Ramon Vallejo, un giovane scomparso anni prima, una fissazione che ne determina intenzioni e moti. Oltre a questo il ragazzo ha un rapporto con il padre basato su una violenza subita quasi quotidianamente, che Pietro per primo considera giustificata per “renderlo un uomo”.
Liam si trova così a seguire i tentativi di Pietro di smascherare il presunto assassino, accompagnandolo nelle sue “missioni” alla ricerca del cadavere del povero Ramon, ogni volta dovendo dimostrare il proprio coraggio e la propria dedizione alla “causa”.
Nel frattempo il rapporto di Liam con la famiglia si corrompe, il ragazzino trova intollerabili le convinzioni della madre, in qualche modo legata al modello di vita freaks dei Mason e altrettanto intollerabili i modi del padre, sempre più chiuso nel proprio universo di letture, e ormai inaccessibile a lui e alla madre.
La situazione lentamente peggiora: i rapporti di Liam con i due ragazzi si deteriorano, anche perché il giovane inglese ha sempre più dubbi sulla convinzione maniacale di Pietro, quelli con la madre diventano paurosamente fragili e, nel caso del padre, si fanno rabbiosamente conflittuali, con Liam che rimprovera al padre la sua sostanziale assenza dalla propria vita. Il rapporto con i Mason si interrompe bruscamente e l’estate del giovane Liam diventa un incubo quotidiano, scandito dai contatti con Angelo, una scheggia impazzita nel suo mondo di bambino e quelli con Pietro che non tollera, ma del quale non riesce a fare a meno. La situazione troverà un suo scioglimento soltanto alla fine, con la soluzione definitiva dell’enigma di Ramon e, insieme, con la frattura definitiva dell’universo di Liam.
Il romanzo viene presentato come «un grande giallo», una definizione che, pur nella sua correttezza, rischia di mettere in secondo piano il suo essere innanzitutto un romanzo di formazione. La crescita e il cambiamento graduale di Liam sonoil vero centro motore del testo, nel quale la morte di Ramon e la ricerca di Pietro sono ottimi punti di appoggio che però lasciano al centro la distruzione del mondo infantile di Liam e la sua trasformazione in un giovane adulto che ha conosciuto aspetti sgradevoli del mondo di chi lo è divenuto.
Ancora più profonda e irreparabile appare la rottura con il padre:
Ormai provavo fastidio quando [mio padre] chiamava. Non accadeva spesso che mi guardasse e le sue manifestazioni di interesse mi apparivano false […] quel sentire a pelle repulsione anche solo per la sua voce. Non desideravo che posasse gli occhi su di me, volevo rimanere sotto coperta, agire su un piano differente senza trovarmelo di fronte e fingere a mia volta.
L’abilità di Spasaro sta proprio in questa capacità di rendere istante per istante l’abbandono definitivo dell’infanzia, con le sue piccoli/grandi passioni: l’amore per la letteratura poliziesca e per le avventure, i dinosauri e Il Viaggio al Centro della Terra di Jules Verne, e il loro improvviso impallidire e perdere di interesse diventando un angolo perduto di un passato del quale vergognarsi, in rapporto a un presente che pretende molto, sicuramente troppo, da un undicenne.
Discorso a parte per la profonda suggestione del luogo ove è ambientata la vicenda, un’isola dominata da un vulcano che non cessa mai di eruttare – Iddu –, il cui respiro riempie ogni luogo e ogni momento e che costituisce un sottofondo eternamente presente, nella realtà quotidiana come nei sogni. Il girovagare per luoghi abbandonati, deserti e aridi, solatii e alieni costituisce un topos del romanzo, come lo sono gli odori – spesso dimenticati o sottovalutati in narrativa – a formare un status ulteriore del reale che contribuisce alla sensazione di soffocamento e di abbandono che prende Liam.
Un romanzo che merita la lettura, in breve e che attesta la raggiunta maturità narrativa da un autore a mio parere non ancora abbastanza noto. Lo so, essendo stato un libraio e il piccolissimo editore di alcuni suoi racconti, rischio di essere scarsamente credibile, ma devo ammettere che leggendo sono arrivato a “dimenticare” il nome dell’autore del testo, cosa che, per l’estensore di un migliaio e passa di recensioni, non è poco.
Vincent Spasaro, Morte sul vulcano, Newton Compton, coll. Nuova Narrativa Newton, 1° ed. 2021, pp. 446, € 9,90
Da segnalare in queste pagine la recensione de «Il demone sterminatore»
1 «La Ginostra di cui avete letto nel romanzo è una mia invenzione e qualsiasi riferimento a persone o luoghi esistenti è puramente casuale». Dalle note dell’autore.
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