Se chiudo gli occhi mi vengono in mente almeno quattro romanzi di sf usciti in Italia negli anni ’90 nei quali il tema del lavoro (e reciprocamente del non-lavoro) costituisce un aspetto non secondario del testo. Uno è Headcrash di Bruce Bethke, un altro è questo Master of space and time di Rucker, il terzo è Era del Diamante di Neal Stephenson e il quarto, infine, riguarda il tema dell’assistenza/ghettizzazione sociale: il bellissimo Sul filo del tempo di Marge Piercy.
Il tema del lavoro in industrie del terziario avanzato, in realtà, è una presenza costante nelle opere cyberpunk. Il più rappresentato è il lavoro nella grande impresa informatica vissuto come fallimento rispetto al sogno di una piccola impresa propria, con i suoi corollari fatti di insofferenza per i riti e i ritmi dell’impresa – anonima, alienata, castrante – alterazione dei rapporti umani, favorita da un’intollerabile competitività (incoraggiata dalla direzione), il controllo sulla vita, che diventa controllo anche delle abitudini private e del tempo libero (che cessa quindi di essere tale).
In questo Master of space and time, la sconfitta del mito della creatività tecnologica (avete presente un fenomeno tipicamente americano come Apple Computer?) è definitivamente consumata (e siamo solo nel 1984) tanto che l’unica possibile riscossa per il protagonista – ex-hacker e post-imprenditore fallimentare – ha gli esilaranti connotati di una fiaba quantistica. Basta un Blunzer, ovvero un marchingegno che utilizza gluoni (di tre colori: rossi, blu e gialli), un forno a microonde, abbondante carta stagnola, per alterare la costante di Planck e disporre così dei mitici tre desideri. Ovviamente, tuttavia, come nella tradizione, i desideri esauditi provocano più problemi di quanti ne risolvono…
Il protagonista di Rucker riesce infine a liberarsi della Softech, l’azienda dove ha trovato lavoro dopo il tentativo di attività in proprio:
…Intorno a me i miei compagni di lavoro continuavano a battere sui loro terminali. Io ero l’unico che aveva abbastanza coraggio da prendere sul serio l’orario flessibile. In questo modo non sarei mai salito molto in alto nella gerarchia della Softech, ma che importava? A me serviva soltanto avere uno stipendio tutti i mesi…
ma per farlo deve combattere un’invasione di neopuritani salutisti, la minaccia degli alberi delle frittelle, scongiurare numerosi paradossi dovuti al viaggio nel tempo, mutare sesso e sfuggire alla polizia.
Master of space and time (scusate se mi ostino a citare il titolo originale, ma il titolo in italiano ha un’intonazione frivola davvero insulsa) non è nulla di più che un romanzo di intrattenimento particolarmente ben riuscito e divertente, ma a suo modo esemplare nel descrivere con implacabile sarcasmo lo slittamento ormai compiuto nella visione del lavoro. E la sconfitta dell’individualismo anarchico e ribelle che costituiva il segno fondamentale del fenomeno hacker costituisce la necessaria premessa alla situazione attuale.
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Rudy Rucker, Su e giù per lo spazio-tempo (Master of space and time) ed. orig. 1984
Einaudi tascabili scrittori, pp. 199, € 8,26, trad. Antonio Caronia
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