Da un po’ di tempo a questa parte la Fanucci di Roma, anche se sfilatasi dal settore fantascienza, sta ristampando tutto P.K. Dick in millanta formati diversi, compresi un’ultima edizione a 9,90 euro / copia ed e-book a € 4,90. Una buona occasione per quelli come me che hanno il buon Dick sparso in edizioni molto diverse e con traduttori spesso disperatamente affrettati. Tra le ristampe segnalo qui I Giocatori di Titano nella collana «Collezione» con la traduzione di Anna Martini…
Pubblicato una prima volta da Galassia nel 1967, ripubblicato dall’editrice Nord nella mitica collana SF, narrativa di anticipazione (con traduzione di Lucia Morelli, ossia la traduttrice dell’edizione del ’67) I Giocatori di Titano non è probabilmente uno dei migliori in assoluto dell’autore californiano. I gelatinosi alieni Vug, armati di poteri ESP, dotati del potere di condividere le proprie menti e di apparire in forma umana non sono il massimo di originalità nel campo della speculazione sulle intelligenze non-umane. Basti ricordare i vari Blob della cinematografia anni ’50 o i «baccelloni» che proverbialmente imitano gli esseri umani per rendersi conto che Dick in questo caso ha giocato al risparmio. Altrettanto goffi e frettolosi gli accenni (inessenziali ai fini della trama) a una guerra sino-americana combattuta dai comunisti cinesi con strumenti barbari e criminali.
Ma, una volta scontati questi limiti, I giocatori resta un romanzo dotato di un ritmo eccellente e nel quale appaiono in modo nitido alcuni dei temi preferiti dal Dick successivo, quello del bellissimo Noi Marziani, per esempio.
La vicenda: in una Terra praticamente spopolata e divenuta un protettorato titaniano i proprietari terrieri umani (i «P») praticano quotidianamente un gioco – molto simile al nostro Monopoli – grazie al quale viene favorito lo scambio delle proprietà e delle coppie, una necessità in tempi di scarsa fertilità. Pete Garden, il protagonista, è un ottimo campione di personaggio dickiano: affetto da un costante senso di inadeguatezza, oppresso da manie suicidiarie, abituato al ricorso ad alcool e farmaci per tirare in qualche modo avanti.
Con tutti i suoi limiti, le sue nevrosi e la sua immaturità sarà proprio Garden, tuttavia, a organizzare la partita contro i giocatori di Titano, quella che ha per posta la sopravvivenza dell’umanità. L’esito della partita non sarà definitivo, comunque, ma soltanto l’ennesima ripresa di un incontro interminabile.
I personaggi sono semplici uomini e donne anni sessanta, impaniati in piccole convenzioni borghesi. Li si immagina facilmente in abiti troppo larghi, sfumatura alta, camicie bianche e cravatta e le donne con gonne lunghe a pieghe, camicette e scarpette scollate. L’effetto dell’incontro tra questa umanità convenzionale e i sardonici blob di Titano è, per il lettore, assolutamente dirompente. Chi scrive letteratura fantastica è obbligato a un surplus di attenzione verso la realtà perché la narrazione resti credibile. L’umanità salottiera di Dick che si ritrova ogni sera per dedicarsi a un gioco di società è l’ennesima felice rappresentazione del ballo nel salone di Titanic, ovvero di un’umanità ordinaria (del tutto simile a quella de La Svastica sul sole), impegnata nei propri minuti traffici anche quando nulla è più – nè sarà più – come prima.
L’esistenza di questa tensione interna è una costante dei romanzi di Dick ed è probabilmente uno dei motivi per il quale le sue opere sono una forma di felicità per una certa categoria di lettori.
Da segnalare, infine, l’introduzione di Carlo Pagetti, rielaborata sulla base di quella a suo tempo scritta per l’edizione del 1980. Interessante e colta, anche se forse un pochino «ardita». L’interpretazione dei vug come principio attivo femminile, tanto per dire, mi ha lasciato piuttosto perplesso…
P.K.Dick, I giocatori di Titano
Fanucci 2012, pp. 262 € 9,90
trad. A. Martini
idem e-book, pp. 262, € 4,90
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.