Un autore molto noto per un recensore nuovo: Emilio Patavini che diverrà una presenza abituale per LN. Tanti auguri a Emilio e buona lettura!
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Avete presente The Truman Show? Ecco, l’origine – o l’archetipo, se vogliamo – del capolavoro cinematografico di Peter Weir va cercata in uno dei romanzi di Dick, il genio incompreso della fantascienza americana, definito da Emmanuel Carrère come «una specie di Dostoevskij della nostra epoca» e da Ursula K. Le Guin come «il nostro Borges». Scritto nel 1958 e pubblicato nel 1959, Tempo fuor di sesto (Time Out of Joint), benché poco noto, è un libro che si legge tutto d’un fiato. L’unica pecca è quel «lindo finale SF» che, come scrive Lawrence Sutin nella sua biografia Divine invasioni. La vita di Philip K. Dick, «non spiega in alcun modo gli accadimenti che conferiscono al romanzo stesso il suo straordinario surrealismo cerebrale» (p. 132).
The time is out of joint, oltre ad avere ispirato il titolo scelto dalla casa editrice Lippincott (Dick lo aveva chiamato invece Biography in Time),è una celebre battuta di Amleto nella più famosa tragedia di Shakespeare (Amleto, Atto 1, Scena V).
Come nota il curatore dell’edizione Fanucci, Carlo Pagetti, questo romanzo è caratterizzato da una «discontinuità generica» (p. 13): esordisce come «romanzo realistico della banalità quotidiana», «diviene a poco a poco un mystery novel, poi una spy story ambientata ai tempi della Guerra Fredda», per sfociare infine nel romanzo di fantascienza vero e proprio, ambientato in un inquietante futuro distopico. La guerra interplanetaria e la vicenda dei “lunatici” assume un significato nuovo alla luce del contesto storico del biennio 1958-59, in cui Tempo fuor di sesto vide la luce. Siamo in piena corsa alla spazio: il 29 luglio 1958 assistiamo alla nascita della NASA, per volere del presidente Dwight Eisenhower. Sempre in quell’anno gli Stati Uniti lanciarono il loro primo satellite artificiale. Nel 1959 l’URSS diede inizio al programma Luna: il 14 settembre la sonda spaziale Luna 2 toccò la superficie lunare, mentre il 7 ottobre la sonda Luna 3 scattò per la prima volta fotografie della faccia nascosta della Luna.
Ma torniamo al romanzo. Il protagonista della storia, Ragle Gumm vive in una tranquilla quanto anonima cittadina americana di provincia anni ‘50, il suburb di Old Town, assieme alla sorella Margo, casalinga, al cognato Vic Nielson, gestore di un supermercato, e al loro figlio, Sammy. Ragle Gumm si guadagna da vivere mandando ogni giorno le soluzioni di un concorso – Dove si troverà l’omino verde? – indetto da un quotidiano locale, la Gazette. Il gioco a premi (da cui il titolo dell’edizione Urania,L’uomo dei giochi a premio)consiste nell’indovinare la casella vincente tra le 1208 del modulo che Ragle riesce sempre a individuare, attraverso grafici e tabelle, ed è per questo l’indiscusso vincitore del concorso da due anni consecutivi. Nel tempo libero amoreggia con Junie Black, la giovane moglie dai capelli neri (la ragazza dai capelli scuri è un topos assai ricorrente nell’opera dickiana) dell’antipatico vicino. Ma a poco a poco Ragle, Margo e Vic si rendono conto che c’è qualcosa fuori posto nella loro vita (apparentemente) tranquilla, di essere vittime di una qualche incongruenza temporale, e cominciano a chiedersi cosa sia veramente reale (domanda fondamentale che sta alla base di tutta la «filosofia narrativa» dickiana). Tutto ha inizio quando Vic, dopo un’indigestione di lasagne, si alza dalla partita di poker con i vicini e va in bagno per somministrarsi un antiemetico. Solleva la mano cercando la cordicella della luce ma non la trova. Ovvio, perché gli interruttori a cordicella non si usavano più, negli anni ‘50. Ma allora perché Vic ha istintivamente sollevato la mano cercando la cordicella? È una sorta di riflesso condizionato? Un déjà vu? L’anamnesis di cui parlava Platone?
Nel capitolo 4, in seguito a varie allucinazioni, Ragle giunge alla conclusione che il tempo è fuor di sesto (p. 63). In questo romanzo, il tempo ha la peculiare caratteristica di rivelarsi attraverso dissonanze cognitive nei personaggi, l’inconsistenza delle cose e una vera e propria decostruzione della realtà, che si manifesta sotto forma di allucinazioni: del chiosco delle bibite che scompare sotto gli occhi di Ragle rimane soltanto un biglietto di carta su cui è scritto il nome della cosa svanita. Un altro esempio è rappresentato da quanto accade a Vic: l’autobus su cui sta viaggiando diventa trasparente e vuoto, con i passeggeri come spaventapasseri. Un riferimento letterario a The Hollow Men, poesia di T. S. Eliot del 1925.
Ragle, l’Amleto di questa storia, vive tra complotti, spaesamento esistenziale, sovrapposizioni temporali e riflette le paranoie e le ossessioni dell’americano medio durante gli anni della presidenza di Eisenhower, ma riflette anche le ossessioni e le paranoie, più profonde e interiorizzate, di Philip K. Dick, che dipinge un’umanità sbandata, allucinata, che non riesce a trovare l’interruttore della luce perché cerca una cordicella che non esiste.
Philip K. Dick, Tempo fuor di sesto, Fanucci, Roma 2003, 2006, 2007 [ed.or. 1959], pp. 246, cur. Carlo Pagetti, trad. Anna Martini. Esaurito ma reperibile in forma di usato o di .pdf. Per edizioni precedenti vedi: Catalogo Vegetti letteratura fantastica.
Aggiornamento 16 luglio 2024: è uscita per Mondadori una nuova edizione del romanzo con il titolo Tempo fuori luogo nella traduzione di Gianni Pannofino. Philip K. Dick, Tempo fuori luogo, Mondadori 2024, 272 pp., €14
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