Sul filo del tempo è un romanzo del 1990 e la recensione è apparsa a tuo tempo su un numero di LN nella vecchia serie, nel 1995. Lo riproponiamo qui, a distanza di trent’anni dalla sua data di pubblicazione originale, perché si tratta di un romanzo fondamentale nel tratteggiare i connotati di una letturatura dell’utopia negli anni appena trascorsi. Ovviamente non è facile trovarlo, ma con un po’ di buona volontà è ancora possibile.

Sul filo del tempo di Marge Piercy, pubblicato da Eleuthera, è un romanzo scritto nel 1976, e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1990.
Solo recentemente è stato nuovamente ristampato e mi è arrivato in lettura sotto forma di novità anche se tutto è, meno che un novità. E perché parlarne, allora? Semplice, perché si tratta di un BEL LIBRO.
Scritto da un’autrice politicamente impegnata, poetessa, attiva nel movimento delle donne, anti-nucleare e verde mi ha evocato per poco il fantasma del PoliticàllyCorrect e del fantasma del romanzo a tesi, con i maschietti stupidi e cattivi e le donne con specifici femminili da focolare domestico, e invece no, il romanzo della Piercy è un eccellente esempio di SpeculativeFiction, un testo spesso accorato, a tratti struggente, intenso, ironico e profondamente umano.
Racconta la storia di Connie Ramos, chicana quarantenne che vive di sussidi, a cui è stata tolta la figlia dall’assistenza sociale e ucciso il compagno dalla polizia. Internata in manicomio dopo una micidiale depressione è diventata una pregiudicata per quanto riguarda la salute mentale, suscettibile di ricoveri e cure coatti, senza nessuna speranza di riavere la propria bambina.
Ma la sua mente bistrattata e brutalizzata dagli psicofarmaci è una porta aperta per il futuro, e Connie può vedere, addirittura vivere nella Terra di domani, intuire il senso delle scelte fatte o non fatte nel mondo di oggi per dare un futuro ai nostri discendenti.

Lo so, presentata così la vicenda sembra un volantino dei verdi, ma la colpa è solo mia. Il romanzo, che vive del contrasto tra la vita ai margini l’ambiente manicomiale e la ragionevole utopia di Mattapoisett non ha nulla di sentenzioso né di ovvio. È invece riscaldato e animato da una passione genuina, sorretto da un vivace senso critico senza ammiccamenti né facili appelli alle convinzioni del lettore.
Si termina la lettura con una sensazione di perdita quasi dolorosa perché in questo libro c’è un pezzetto della storia di molti di noi, un angolino ancora vivo delle speranze di quattro decenni, senza retorica né nostalgie. Leggendolo si ricorda senza rimpiangere e si ritrovano le ragioni di tanti gesti e pensieri che ormai sembrano a noi per primi patetici, fuori misura, drammaticamente out.
Marge Piercy, Sul filo del tempo , Eleuthera 1990 (ed.or. 1976), pp. 415, € 17,10 (att. non disponibile), trad. Andrea Buzzi
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