
La notte si avvicina di Loredana Lipperini è un romanzo oscuro, dalle risonanze crepuscolari, in cui il bene e il male non sono domini netti, con un confine evidente, ma che si rimescolano nell’animo delle protagoniste, così che nessuna di esse è priva di ombre, ombre che si stagliano sullo sfondo di un Appennino dai colori gotici.
Vallescura è un paese ostile, che ha bisogno di odiare per tenersi in vita.
I suoi abitanti non riescono ad accorgersi dei segni di una tragedia incombente, accecati come sono dalla ricerca di presagi e affondati in un mondo di credenze popolari e mitologiche che fa da contrappunto continuo alla sfera del concreto, rendendo sempre più sottile il limite tra reale e fantastico. I segni si rivelano nelle atrocità quotidiane, che con uno sguardo reso lucido dalla sua innocenza, Carmen riconosce nell’agire dei suoi compaesani.
…È il paese, pensava Carmen. Il paese che espelle o distrugge chi non lo rende omogeneo, presentabile, quieto. I matti, gli ubriaconi, i tossici. Se ne vanno o crepano, quel che conta è mostrarsi uniti, festeggiare l’autunno con la castagnata e il vino rosso, ammirare tutti insieme le luminarie di Natale, partecipare – tutti, mi raccomando – al presepe vivente, cucinare per la cena estiva. Una, due, dieci cene estive, fino a spaccarsi il cuore di cibo.
Quello di Carmen è un pensiero libero, che si ribella con odio all’autorità di Saretta, la Grande Madre del paese che sentendosi custode dei compaesani e in nome del loro bene, non si fa scrupolo di distruggere l’altro, lo straniero, il figlio non suo. Saretta, colei che è venuta prima, non teme di diventare mostruosa, ma fa strumento della deformità del proprio corpo per imporsi sui vicini. La mostruosità di Saretta non è diversa dalla mostruosità delle mamme che hanno strappato a Maria i suoi bambini. Maria è arrivata a Vallescura non per vendicarsi, ma per trovare un rifugio. Eppure, su di lei ricade una profezia che non può fare a meno di autoavverarsi e così, da figura salvifica in un primo momento, si trasforma nel volto distruttivo di Aradia, figlia di Diana e Lucifero.

La struttura della narrazione non è lineare, ma segue un montaggio alternato, con una cronologia che salta da un prima a un dopo e torna indietro, dilatando alcune giornate e scivolando veloce su altre. La voce narrante scelta è una voce fuori dal tempo, quella di qualcuno che è morto (il mistero della sua identità rimarrà irrisolto fino alle ultime pagine), che racconta dall’aldilà.
… Sto confondendo i tempi, il dopo e il prima. Ma è necessario: se ci limitiamo a sequenziare il tempo come in un calendario, non lo comprenderemo. Il tempo si muove avanti e indietro, per stringhe che non siamo in grado di seguire, e dunque mentre ricordo i giorni della peste non posso non ripensare al prima, quando ogni cosa poteva ancora essere fatta, quando la parola febbre non celava altro che un’influenza, una seccatura, un inciampo, appunto, e tutti i grandi mali continuavano ad avvenire solo agli altri, e tutto era ancora lontano come un sogno che non ci riguardava.
Il romanzo di Lipperini racconta di una epidemia di peste, ed è capace di descrivere quasi profeticamente (ma forse potremmo dire che l’umanità è sempre la stessa nel ripetere i propri comportamenti con ciclicità infinita) le paure e le diffidenze che stiamo vivendo negli ultimi mesi. Ma guarda alle cause più profonde, a cosa ha fatto sì che la peste potesse attecchire. Descrive la chiusura di una comunità, sì, ma contemporaneamente l’indifferenza di coloro che stanno intorno a tale comunità e che hanno fatto presto a dimenticarsene dopo il terremoto.

Cosa c’entra dunque la peste con il terremoto e questo con il lato più feroce della maternità, vero tema centrale di La notte si avvicina? Al di là degli innumerevoli piani di lettura, in ultimo il romanzo ci mette sotto gli occhi il fatto che la realtà ha sempre più di una faccia e cancellando le altre, inevitabilmente, si opera per la propria distruzione.
Loredana Lipperini, La notte si avvicina, Bompiani 2020, pp. 345, € 18,00
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