
Titolo originale del libro è Overstory, che, tra i significati correnti indica «Esagerato». Un’occhiata anche superficiale al volume, ricco di seicento e passa pagine, induce il lettore a condividere il giudizio, ma esiste anche un’accezione botanica della stessa parola, ovvero «il livello più alto delle chiome degli alberi in una foresta pluviale», e in questo modo Powers introduce furtivamente il tema del suo multiforme, inesauribile romanzo.
Ma prima di iniziare anche solo a leggere questa recensione sarà bene imparare questi nomi: Nicholas Hoel, Mimi Ma, Adam Appich, Ray Brinkman e Dorothy Cazaly, Douglas Pavlicek, Neelay Mehta, Patricia Westerford, Olivia Vandergriff. Questi i nove protagonisti del romanzo, un complesso e ricco intrecciarsi di vicende destinate a incrociarsi che ne fanno un testo non solo corale ma anche curiosamente unico.
Il centro – anche se parlare di «centro» riferendosi a un albero è piuttosto frustrante – diciamo Il tronco (il romanzo è suddiviso in Radice, Tronco, Chioma e Semi), del romanzo è una sequoia gigante, una pianta secolare destinata all’abbattimento che i nove protagonisti, ognuno a suo modo, tenteranno di salvare e, come la sequoia, tenteranno di salvare altre migliaia di alberi sacfificati in nome di un “progresso” che sempre di più coincide con un danno irreparabile all’ambiente.
Riassumere una vicenda che si snoda per centinaia di pagine e che riguarda ben nove personaggi è un’impresa sovrumana che, se da un lato rischia di ripetere per una lunghezza piuttosto notevole le vicende narrate («scrivi il riassunto del libro appena letto»), dall’altro spiega tutto sommato molto poco della tessitura sottile con la quale le vicende sono scritte. Powers è un scrittore apparentemente oggettivo, quasi un patologo del narrato, capace di raccontare con la stessa attenta disattenzione il grave incidente che coinvolge un personaggio, come la felicità improvvisa che ne raggiunge un altro. Ma diciamo che un esempio vale mille parole:

Nicholas alza lo sguardo, verso il punto in cui le montagne cominciano a liquefarsi. Le piogge della notte scorsa hanno ammorbidito il terreno e, spogliata della copertura che l’aveva tenuta ferma per centomila anni, la montagna scivola giù emettendo un boat o. Nick si mette a correre. Sopra di lui, un muro di roccia e legno alto sei metri punta dritto verso casa sua.
L’ambiente, poco alla volta, diviene irriconoscibile e patrigno, assediato da milioni di esseri supposti pensanti, da mille piccoli e grandi interessi, da un sistema politico avido e miope e i nove protagonisti, affiancati da altri come loro, si battono per alberi che da milioni di anni giudicano silenziosamente il mondo e che, ancora per altri milioni di anni, continueranno a farlo. La differenza tra i nove protagonisti e coloro che li circondano è una silenziosa, diffusa empatia verso le grande creature arboree che popolano la loro esistenza e che, nel corso del libro, danno la sensazione di poter comunicare con le stupide, piccole e soprattutto transitorie creature che si affollano ai loro piedi.

Un romanzo politicamente schierato? Senza ombra di dubbio.
Ma schierato freddamente, senza concedere nemmeno una sillaba al protoromanticismo di chi è convinto che amare l’ambiente vuol dire abbracciare un albero, obbligando alcuni dei protagonisti a un gioco acido e pesante, mettendo bene in chiaro chi sta dalla parte dell’ambiente e chi no, chi pensa ai secoli a venire e chi vuole difendere la prossima speculazione, contando sulla possibilità di replicarla ancora e ancora, come se la Terra fosse soltanto uno dei tanti pianeti a nostra disposizione.
Un avviso per chi voglia imbarcarsi in questo grosso bastimento: non concedetevi nemmeno un momento di distrazione, Overstory è un libro possessivo e ossessivo, che ritorna come un sogno malsano e dove il continuo cambio di personaggi può condurvi presto a scegliere un libro meno ostico. Ciò detto, un romanzo meritevole di attenzione e di impegno anche se certamente non easy.
Concludo con una breve immagine che, meglio delle parole fin qui spese, può darvi un’idea dell’atmosfera algidamente compressa de Il sussurro del mondo.
Nick si sveglia in tenda con la testa per terra. Il terreno però è soffice, soffice quanto qualsiasi cuscino. Il suolo sottostante si estende in profondità di diversi centimetri ed è cosparso di aghi, tanti aghi caduti e morenti che diventano nuovamente delle microscopiche forme di vita, sotto il suo orecchio.
Richard Powers, Il sussurro del mondo, La nave di Teseo, coll. Oceani 61, 2019 [ed. or. 2018], Premio Pulitzer 2019, pp. 658, € 22,00, trad. Licia Vighi
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.