La fissazione per i dinosauri ha contagiato non pochi ragazzini in un’età compresa tra gli otto e i sedici anni, per molti appassita negli anni successivi con l’arrivo di altri interessi, in primis quelli per il sesso, per la musica, lo sport o semplicemente a causa di impegni scolastici sempre più pressanti. Brian Switek è uno di quelli che nonostante gli impegni – ma anche “grazie” a «una terrificante timidezza» – ha continuato a interessarsi delle «terribili lucertole» anche oltre l’età canonica, divenendo da adulto un dotato paleontologo e, come si desume dalla lettura di questo volume, un ottimo intrattenitore.
La passione di Switek per i dinosauri ha avuto a suo tempo un grande dolore – da qui il titolo del testo. Il Brontosauro, il titanico sauro che ha accompagnato il crescere della sua passione, si è rivelato inesistente, ovvero una creatura nata dal montaggio del corpo di un apatosauro con il cranio di un camarasauro, finendo, come capita frequentemente nel mondo degli antichi sauri, nel limbo dei mostri mai nati.
… quando i collaboratori di Marsh scoprirono il primi reperti di di Brontosauro a Como Bluff, furono delusi dal fatto che all’esemplare mancasse il cranio […] Così, quando per Marsh arrivò il momento di commissionare un’illustrazione che mostrasse quale aspetto avrebbe dovuto avere lo scheletro, fece schizzi di varie ossa craniali trovate in un altro giacimento di Como Bluff. In realtà quei pezzi provenivano da un altro animale – un sauropode dal muso corto e dal cranio allungato chiamato camarasauro […]. Presumeva che scheletro e cranio appartenessero allo stesso animale, così usò i frammenti per ricreare un cranio di brontosauro. I musei gli andarono dietro. E ciò prima che qualcuno rinvenisse il vero cranio del dinosauro. 1
Ma la passione di Switek per la paleontologia non terminò con la scomparsa del brontosauro e questo saggio, nato dal lavoro di anni e da una curiosità insaziabile, è un ottimo reportage sullo stato attuale delle ricerche su questi animali, svaniti 66 milioni di anni fa.
I dinosauri sono completamente scomparsi? E si prendevano cura o no dei loro piccoli? Erano piumati? Erano veloci? Vivevano in branchi e cacciavano in gruppo? Come comunicavano tra loro? Come si sono estinti? E, dulcis in fundo, come si accoppiavano?
Ovviamente le risposte a queste domande hanno gradi diversi di complessità, dal momento che molte delle loro caratteristiche non sono comprensibili a partire dai pochi dati recuperabili dalle semplici ossa. Ma Switek e gli altri paleontologi hanno fatto non poco per trovare una risposta a ognuna di quelle domande, valendosi del contributo di altre scienze – genetica, biologia, botanica, geologia, scienza dei materiali e tante altre – e tecnologie, oltre all’anatomia, fisiologia ed etologia dell’unico ramo sopravvissuto degli antichi sauri: gli uccelli.
Già, per i pochi che non lo sapessero, gli uccelli, nati dal gruppo degli arcosauri, sono quanto di più vicino ai dinosauri sia possibile trovare tuttora in circolazione. Certo, non è facile immaginare una qualche forma di vicinanza evolutiva tra il passerotto che viene a becchettare le briciole cadute dal vostro tavolino e un tirannosauro che addenta un triceratopo, eppure questo legame esiste ed è ben solido.
Ed è proprio questo legame, che unisce i dinosauri con le forme di vita tuttora esistenti, a rendere ragione dei motivi del nostro profondo interesse nei loro confronti:
… i mammiferi prosperarono quando i dinosauri non aviari abbandonarono la scena, uno dei molti eventi dell’evoluzione che resero possibile la nostra imprevista origine […] Nel corso di tutti quei milioni di anni in cui i dinosauri furono i sovrani assoluti, i nostri progenitori prosperarono e si evolvettero nell’ombra, e quelle timide bestiole gettarono le fondamenta per i mammiferi che si sarebbero evoluti alla fine, compresa la linea evolutiva dei primati. […] Per molti i dinosauri fanno parte del kitsch infantile, o sono semplicemente mostri fantastici. Eppure senza di loro non saremmo quello che siamo. […] Sì, abbiamo proprio bisogno dei dinosauri.
Condotto con uno stile vivace e brillante senza mai cadere nell’ovvio o nel risaputo, Il mio amato brontosauro è un ottimo esempio di una divulgazione condotta in maniera puntuale, affrontando anche i temi più complessi in modo da renderli perfettamente comprensibili anche a lettori digiuni della materia. Una buona lettura e un buon regalo.
Brian Switek, Il mio amato brontosauro, Codice (2014), ed. su licenza Le Scienze (2014), pp. 272, € 20,90, trad. Jasmina Trifoni
1 Personalmente ho il ricordo di un’illustrazione contenuta in una sezione dedicata ai dinosauri – uniformemente rappresentati con un’epidermide grigiastra o marroncina – in una enciclopedia “per ragazzi”. Immancabile e curiosamente indimenticabile il brontosauro, rappresentato con un enorme corpaccione coperto fino a tre quarti di acqua e una testolina da ballerina classica: «il suo peso era tale da obbligarlo a vivere negli specchi d’acqua». Bene, sono particolarmente contento di aver saputo che l’apatosauro, il titolare del corpaccione di cui sopra (a parte la testa), conduceva una vita vivace e movimentata, come del resto i suoi contemporanei, presumibilmente adorni di molte penne multicolori. [n.d.r.]
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