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Sono un affezionato lettore di S.J.Gould, purtroppo scomparso nel 2002, che ho letto fin dalla pubblicazione in Italia de Il Pollice del Panda. Ma non sono solo un fan(atico) dell’autore, ne sono stato anche un agit-prop, facendo pubblicità a ogni sua opera, a cominciare da Intelligenza e Pregiudizio, un testo che dovrebbe essere assolutamente letto da ogni italiano, soprattutto in tempi come questi.
I titoli di Stephen Jay Gould usciti in Italia (qui la bibliografia completa: https://it.wikipedia.org/wiki/Stephen_Jay_Gould) sono sia raccolte di articoli e di brevi monografie che saggi ampi come questo Full House. La distinzione è meno ovvia di quanto sembri, perché i saggi di più ampio respiro formano altrettanti momenti di ricapitolazione dei lavori precedenti, oltre che tappe ulteriori nella definizione dell’origine e del significato dell’esistenza della specie umana all’interno della storia naturale della Terra. E su questo tema Gould ha una posizione decisamente peculiare – anche se non isolata – nell’ambito della biologia evoluzionistica, ovvero non considera la specie Homo Sapiens lo scopo necessario e inevitabile dell’evoluzione biologica.
Già ne La Vita Meravigliosa, presentando i suoi cari mostri della Fauna di Burgess – creature che per tipo di organizzazione biologica (basti pensare all’inverosimile Hallucigenia) erano molto diverse da quelle che conosciamo – Gould avanzava il dubbio che l’origine della specie umana sia un accidente sostanzialmente irripetibile. In questo saggio, rincarando la dose, arriva a sostenere che le forme di vita realmente preponderanti in quanto a successo evolutivo sul pianeta Terra siano i batteri. Senza entrare nel merito, per il momento, del processo logico che lo conduce a questa conclusione solo apparentemente singolare, può essere interessante chiedersi quali siano corollari e conseguenze di questa tesi.
La Teoria dell’Evoluzione ha già una volta abbattuto il dogma dell’eccezionalità della specie umana, inserendola nell’ambito della storia naturale. Ma questo non ha impedito che ulteriori interpretazioni di essa ponessero comunque l’Umanità al centro del progetto evolutivo. Vi invito a riflettere proprio su questa parola: progetto. La tesi fondamentale di Gould è che non esista alcun tipo di progetto (o di intrinseca finalità) alla base dell’esistenza della nostra specie. Come più volte scrive nei propri testi
«noi potremmo riavvolgere infinite volte il film della storia della vita e ogni volta assisteremmo all’affermarsi di creature che nulla hanno per noi di familiare».
La stessa scomparsa dei dinosauri, dovuta non a carenze intrinseche della loro sottoclasse ma a una catastrofe cosmica (cfr Alvarez – T.Rex & the Crater of Doom) è – secondo Gould – una evidente riprova delle sue tesi.

Hallucigenia
Un’interessante conseguenza di queste osservazioni è di ordine etico, l’altra di ordine religioso. Se la specie umana è il frutto di un’irripetibile catena di coincidenze e singoli eventi, anche la nostra intelligenza è un evento realmente rarissimo anche su scala cosmica. Ne discende che dovremmo avere ben altra considerazione per l’esistenza stessa dell’umanità e per la sua (quasi) unicità. Inoltre, se è vero che la specie umana non è frutto di un progetto, non possiamo realmente attribuire ad alcuna entità soprannaturale il merito e l’onere della nostra creazione. Al centro della riflessione di S.J.Gould sta dunque una visione profondamente laica della realtà che invita a prenderci finalmente carico del nostro destino.
Gould ha da sempre dimostrato un’incontenibile passione per il Baseball e volentieri utilizza esempi tratti dalla cronaca sportiva applicandovi – come in questo Full House – alcuni metodi di calcolo (alla portata di chiunque abbia superato l’esame di terza media) per discutere il concetto di variazione. Parte così da queste elaborazioni statistiche (il problema della scomparsa della media 400 nelle battute; in Italia dovremmo probabilmente riferirci alla scomparsa dei punteggi tennistici nel calcio di serie A ) che dimostrano come una crescita dell’eccellenza tende a ridurre il grado di variazione (in italiano: «non esistono più squadre-materasso») giungendo a ipotizzare come invece la storia della vita non mostri tanto un aumento necessario e crescente dell’eccellenza
…dell’infinita varietà della vita scegliamo qualche misura “essenziale” come (…) “la creatura più complessa” e quindi tracciamo l’ipotetico aumento di queste entità attraverso il tempo (…) etichettiamo questa tendenza all’aumento come “progresso” e restiamo intrappolati dalla visione secondo cui questo progresso deve essere la spinta che definisce l’intero processo evolutivo.
quanto una serie discontinua di esiti contingenti, finalizzati alla sopravvivenza in ambienti naturali talvolta mutati in modo drastico, ovvero [un] aumento o contrazione di variazione in un intero sistema. Sottolineo l’uso del termine sistema, essenziale perché, ancora una volta, si considera la specie umana non come unicum ma come parte di una storia naturale iniziata molto prima della sua nascita e che, probabilmente, continuerà a lungo anche dopo la sua scomparsa.
Ed è proprio questo aspetto che mi preme sottolineare: Gould era un naturalista e uno storico della scienza assolutamente (e deliziosamente) tendenzioso. Rigoroso e ben documentato non perde occasione per indurci a considerare la meravigliosa diversità della vita e a riflettere su ciò che vi sta alla base: la contingenza, ovvero il tipo di processo intellettuale che spinge alcuni a chiedersi «E se Napoleone avesse vinto a Waterloo?» . La contingenza opposta alla finalità, ovvero la riflessione sul mondo come potrebbe essere piuttosto che su come dovrebbe essere.

Stephen Jay Gould
Inutile dire, a questo punto, che si tratta non solo di un tema che tocca la filosofia della scienza ma che riguarda profondamente ognuno di noi e il nostro modo di vedere il mondo. Ed è questo un eccellente motivo per leggere S.J.Gould e per riflettere su quanto la Teoria dell’Evoluzione – tuttora in fase di attiva definizione – possa contribuire a modificare la nostra concezione del mondo.
Stephen Jay Gould, Gli alberi non crescono fino in cielo, Varietà ed eccellenza nella storia della vita, Mondadori Oscar 1999 (ed. orig. 1996 – tit. orig. Full House) pp. 324 + Note – Bibliografia – Indice analitico, trad. Simona Petruzzi
Idem 1997, ed. rilegata
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