La luce morente (ed. or. Dying of the Light, 1977) di George R.R.Martin recentemente ristampato da Mondadori è stato il primo romanzo del celeberrimo autore de Il trono di Spade ed è – curiosamente – un romanzo di sf. In Italia è già apparso in tre edizioni precedenti, di Armenia nel 1979, di Fanucci nel 1984 e di Gargoyle – col titolo In fondo al buio – nel 2012. Ai tempi della prima uscita per Armenia, i tempi della gloriosa rivista Robot di Vittorio Curtoni, Martin era considerato autore giovane e promettente, anche se le prove successive lo incoronarono re del Fantasy piuttosto che autore affermato di sf.
Diciamo che la suggestione sprigionata da questo romanzo, così evidentemente di gusto decadente, può eventualmente essere accresciuta da un paio di CD di Kate Bush dei tempi di Hammer Horror o da qualcosa dei vecchi King Crimson, quelli di In the Court of the Crimson King. Non guasta avere il cuore spezzato per un amore finito malamente ed essere preferibilmente di sesso maschile.
È probabile che il problema sia il personaggio femminile, Gwen(doline) Delvano, una donna che non si dimentica, temo soprattutto per l’irritazione provocata nei lettori. È vero che molta buona sf è scritta da maschi per maschi, ma se il racconto palpitante e violento di una battaglia spaziale raccontata da C.I.Cherryh può far battere il cuore agli uomini come alle donne, i personaggi angosciosamente femminili che, come in questo caso, danno la sensazione di capire poco della vicenda – se non che molti, troppi la amano intensamente e disperatamente – finisce con l’evocare qualche pagina di un Romance riservato a un pubblico maschile piuttosto che U.K.LeGuin
Il romanzo non è facilissimo da raccontare, anche perché bisognerebbe dipanare innanzitutto la complicata storia gentilizia che precede gli eventi, alla quale i protagonisti fanno continuamente riferimento, e riuscire a definire le numerosissime entità elencate quasi solo come nomi. Siamo d’accordo, il luogo del romanzo – un pianeta vagabondo, scuro, freddo e prossimo a una romantica scomparsa – è sicuramente azzeccato, ma il goffo evocare insieme l’etnologia fantastica della LeGuin, la tradizione delle fiabe celtiche – le Banshees tradotto discretamente (nell’edizione Armenia, l’unica in mio possesso) con Banscee –, i pastiches culturali e razziali di Jack Vance e una nomenclatura che richiama alla mente implacabilmente J.R.R.Tolkien, costruendo una storia confusa di assassinii, tradimenti, rapimenti, torture e morti efferate evoca l’immagine di una messa in scena di Macbeth con gli attori obbligati a vestirsi come i Teletubbies.
A suo modo avvincente ma con qualche passaggio sciaguratamente pomposo, regge bene nel ritmo – anche se il protagonista, Dirk t’Larien, passa troppe pagine con il cranio ammaccato – ed è leggibile a patto di perdonare la simpatica ingenuità di un Martin giovane ed entusiasta.
George R.R. Martin, La luce morente (Dying of the Light, 1977), Mondadori, Oscar Fantastica 2017, pag. 396, trad. Maddalena Tarallo e Angelica Tintori, € 14,00
Idem Ebook € 6,99 .
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