Michael Marshall Smith, scrittore britannico nato nel 1965, non ha scritto soltanto Ricambi, grazie al cielo, ma anche questo Uno di noi, edito da Garzanti, imponente romanzone da 366 pagine, oltre che una mezza dozzina di altri titoli che l’editoria italiana non si è mai sognata di tradurre.
Se Ricambi era un romanzo generoso ma in ultima analisi confuso, il medesimo rilievo si può fare per questo suo secondo testo, nato da un’idea geniale ma basato su un meccanismo di continuo rilancio, che lo conduce ben oltre il famoso limite della sospensione di incredulità.
Hap, il protagonista – piccolo spaccia e modesto criminale fallito – possiede la curiosa caratteristica di riuscire a seppellire nell’inconscio i propri sogni, senza che questi riescano a influire minimamente sulla propria vita diurna. Quanto basta per essere assunto e profumatamente pagato dalla REMtemp, società che si occupa di liberare da sogni molesti e penosi incubi elementi molto attivi nel mondo economico e politico. Il compito di Hap è quello di fungere da collettore per il subconscio di chi conta, digerire le ossessioni oniriche altrui e tirare avanti. Grazie alla sua caratteristica Hap riesce perfettamente nel suo nuovo lavoro, tanto che la REMtemp lo prende in considerazione per un altro incarico: lo scarico di ricordi. Ovviamente ci sono ricordi di vario genere: da un tradimento coniugale che si preferisce dimenticare fino a qualche crimine che è bene dimenticare – «cedere» – in vista di un processo.
Da questo spunto – il commercio di sogni e ricordi – il romanzo di Marshall Smith parte per costruire una complicata vicenda poliziesca che ha tuttavia uno scioglimento del tutto imprevedibile.

Michael Marshall Smith
Come molti i lettori di sf non riesco a digerire l’inserimento di elementi irrazionali o metafisici in una narrazione basata sulla speculazione, ma ripensando al romanzo di Marshall Smith non posso evitare un sorriso e un’amichevole scrollata di spalle. Probabilmente perché da uno scrittore di genio come M.M.S. si può anche accettare una virata sul Trascendente, se non altro perché resta sempre il dubbio che, in fondo, nulla di troppo serio debba essere scritto su temi che ci toccano tanto profondamente.
Vi consiglio sinceramente di leggerlo. Non si tratta di un capolavoro – se per capolavoro intendete un’opera equilibrata e autosufficiente – e l’intreccio presenta buchi e rattoppi difficili da ignorare, ma la capacità di M.M.S. nel creare corti circuiti logici, strutture coerenti fino all’autoparodia e collezionare citazioni oblique e deliranti è un frutto sincero della letteratura di fine millennio, un modo di trasformare la scrittura in macchina per il moto perpetuo, ovvero un nobile tentativo di organizzare il caos.
Michael Marshall Smith, Uno di noi, Garzanti 1998 [ed.or. One of Us, 1998], pp. 366, edizione scarsamente disponibile, trad. Gianni Pannofino
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