Monti ribadisce che la TAV si farà, «lieto che il prossimo vertice intergovernativo tra Francia e Italia si svolgerà a Lione, dando così un altro segno concreto della volontà dei nostri due Paesi di dare completa realizzazione a quell’opera di fondamentale interesse che è il treno ad alta velocità Torino-Lione» (cit. Il Sole 24 Ore 4 settembre); qualche politico si autopromuove con libri e manifesti SÌ TAV («C’è chi tira pietre e sfascia il paese / Noi stiamo con chi lavora» – come se a sfasciare il paese, in tutti questi anni, non sia stata proprio la politica e il suo rapporto un po’ disinvolto con interessi economici); giornali e televisioni, espressioni – anche le TV cosiddette pubbliche – dei grandi soggetti privati che dagli infiniti affari del pacchetto hanno tutto da guadagnare, informano a modo loro gli italiani (con delicate attenzioni come quelle che sembrano emergere da questa vicenda); sindacati di polizia propongono addirittura di militarizzare l’area.
Certo, siamo in un regime di libertà di pensiero (o almeno così si dice) e sull’utilità di una linea superveloce possono sussistere in buona fede idee diverse. Eppure è difficile non cogliere l’arroganza e il gioco di lobby in scena a favore di quest’opera, laddove alle voci contrarie – comprese quelle di serissimi ricercatori e tecnici dell’impatto ambientale – si lasciano pillole di spazi in una caricatura di comunicazione democratica. In un momento in cui i tagli pubblici sono imposti a ogni settore (in misura diversa, è ovvio, a seconda della prossimità degli interessati a spazi di potere), piallando le famiglie e meravigliandosi dello sprofondare del Paese in una depressione anche psicologica, viene presentato come «di fondamentale interesse» qualcosa sulla cui utilità collettiva in termini di costi e benefici continuano a gravare – a dir poco – pesanti dubbi. E su tutto regna odiosa l’intimidazione: «Caro, abbiamo deciso che in casa tua passerà la ferrovia, e se protesti sei affetto da Nimby, anzi un terrorista che sfascia il paese – vedi tu».
A tutto questo pensavo riprendendo in mano un romanzo del 2008 a firma di Andrea Griseri, Il memori@le della collina. Romanzo ambientalista, per i tipi Infinito Edizioni. Che in realtà della TAV non parla affatto e forse l’autore troverebbe l’accostamento forzato – tengo a sottolineare questo aspetto perché rischierei di inserirlo ingiustamente nella lista dei cattivi (in cui già mi trovo io col precedente paragrafo), e col clima corrente può non essere un bel regalo. Ma la situazione narrata in questo romanzo fresco e ironico quanto amaro non conduce poi troppo lontano.
Nell’Italia consegnata agli Arconti delle Grandi Opere, l’uscita di un testo che si autodefinisca «romanzo ambientalista» suscita insieme due ordini di emozioni. Da un lato simpatia per un’operazione piuttosto controcorrente, ma dall’altro cautela, perché il rischio del naufragio nel limbo delle buone intenzioni è indubbiamente alto. Eppure Il memori@le della collina supera bene la prova – e del resto a sua garanzia campeggia la postfazione di un autore del calibro civile e culturale di Marco Revelli.
Uno degli elementi più interessanti del testo, giustamente sottolineati da Revelli, è il fatto che la sua «vera protagonista» e la cifra interpretativa vadano cercati nel tema della follia. È sotto i suoi labari che il narratore Geremia, direttore di una clinica psichiatrica, conduce una personalissima, svagata, ingegnosa battaglia ambientalista per salvare una collina dagli speculatori edilizi. Uno stile narrativo visionario e ironico sostiene il flusso dei pensieri di questo antieroe insieme vittorioso e perdente, che alla testa di un contingente di ricoverati riesce a mettere in scacco gli avversari per finire – ahimé – internato subito dopo.
Nel descrivere la collina l’Autore offre voce a un amore emozionato per la terra, al rispetto di una sacertà che nulla a da spartire col new age: molto bello il tema del versante nascosto della collina, spazio anzitutto simbolico e dell’anima, cifra di mistero e monito alla finitezza umana. E d’altro canto la rivolta che descrive non ha alcuna connotazione di retroguardia, neoluddista o antimoderna. La tecnologia è un mezzo: la troviamo allusa fin dalla «@» del titolo, poi brandita nelle riflessioni e-mail del dottor Geremia, e addirittura incarnata nella figura di uno dei ricoverati, il suo fedelissimo aiutante soprannominato X file, che parla solo per sincopati concetti informatici. Anzi gli strumenti della tecnologia della comunicazione si accompagnano agli strumenti musicali nel dar voce a dimensioni altrimenti costrette al silenzio (non si dice di più per non togliere qualche sorpresa al lettore). Mentre Griseri è deliziosamente feroce nel presentare il balletto di arrampicatori della professione medica, speculatori, amministratori corrotti in una deriva ferocemente antinaturale: e sul tema della follia dei cosiddetti «sani» si può rinviare alla bella analisi di Revelli e alle sue citazioni di Serge Latouche e Wolfgang Sachs.
A vincere la battaglia ambientalista sono insomma i pazzi, immagine efficace delle aggregazioni sghembe che talora strappano i piccoli miracoli civili: e al loro limite cognitivo è di riscontro lo sforzo di un’armonia musicale, anch’essa claudicante ma corale. Certo, c’è un sapore amaro nella constatazione che la vittoria veda poi la sostanziale eliminazione del suo condottiero: una meditazione realistica, in fondo, sui frequenti costi delle battaglie sociali – almeno quelle che non si convertano nella conferma in altra forma della struttura contestata. Ma a rendere convincente l’apologo è anche l’assenza di stucchevoli buonismi: un’ironia surreale e svagata, maliziosa e a tratti feroce – basti pensare allo speculatore sodomizzato dai ricoverati con un carciofo – brilla nell’effervescente teatro di ombre interiori, ammicca a tentazioni e vergogne del protagonista, mostra i limiti degli idealismi. E alla fine del romanzo la pace interiore di Geremia, a suo modo profeta e prigioniero come l’omonimo dell’Antico Testamento, rende misura dei risultati che possiamo pretendere per noi stessi e per quest’unica volta che stiamo al mondo.
Andrea Griseri
Il memori@le della collina. Romanzo ambientalista
Prefazione di Federico Audisio di Somma, con un saggio di Marco Revelli
Infinito Edizioni, Marino (Roma) 2008
pp.80, € 5,00