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    Le Ombre di Hopper

    • di Consolata Lanza
    • Giugno 24, 2017 a 7:03 pm

    Un’occasione mancata: Ombre, racconti ispirati ai dipinti di Edward Hopper, a cura di Lawrence Block. Confesso che quando ho scoperto questa antologia, tredici racconti di autori illustri ispirati a quadri di Edward Hopper, mi è venuta l’acquolina in bocca e mi sono precipitata a acquistarla. Ma la delusione è stata cocente: un’accozzaglia di storie non so se riciclate o buttate giù con la mano sinistra, di cui solo tre, a mio parere, si salvano a pieni voti: quelle di Stephen King, Joe R. Lansdale e Lawrence Block. E lo dico con immenso dispiacere, per me che adoro i racconti è difficile ammetterlo ma questi sono veramente un prodotto letterario di seconda categoria, alcuni talmente banali e prevedibili da risultare imbarazzanti. Eppure i quadri di Hopper sembrano fatti apposta per fantasticarci su una storia, infondendo vita nelle figure raggelate in un attimo eterno o nei paeseggi immobili, vuoti, silenziosi. Ma tant’è.

    Comincia Megan Abbott con Lo spogliarello: moglie tradita con una spogliarellista, si vendica (o punisce il marito?) a modo suo. Mah. Poi Jill. D. Block con La storia di Caroline, figlia abbandonata che cerca la madre, prosegue sulla strada della banalità imbarazzante. Che dire di Robert O. Butler e Soir Bleu? Trama insensata e cliché sulla maschera di Pierrot. Lee Child con La verità su quanto è successo dà voce a un agente FBI che racconta una storia che non ho assolutamente capito, e se qualcuno me la spiega gli sarò riconoscentissima. In Stanze sul mare, Nicholas Christopher intreccia un fascinoso racconto attorno a una casa misteriosa, ma l’accumulo di inesplicabile in poche pagine alla fine non convince. Michael Connelly, in Nighthawks, è sufficientemente buonista da indurre l’investigatore Bosch a mentire per amore dell’arte e tenerezza per una ragazza in fuga, ma lascia il tempo che trova. L’incidente del 10 novembre di Jeffery Deaver è una parodia stanca e pesante della relazione di un agente segreto sovietico.

    Meno male che poi arriva Stephen King con la La sala della musica e la sua coppia diabolica, velocissimo e inquietantissimo, magistrale. Il proiezionista di Joe R. Landsdale è un tizio un po’ imbranato che ama il suo mestiere, si accontenta, ma se gli si parano sulla strada dei prepotenti sa che cosa fare… Discutibile la morale ma bello e angosciante il racconto. La donna alla finestra di Joyce C. Oates racconta i noiosi, molto ripetitivi, pensieri a incastro di due amanti che si odiano.

    Kris Nelscott in Natura morta 1931 imbastisce una vicenda complessa ma lunga e sconclusionata su una bianca che, in piena grande Depressione, cerca di darsi da fare per i neri. Un esempio di quello che non dovrebbe fare un racconto: mettere troppi spunti in campo, dilungarsi e deviare a vuoto.

    Jonathan Santflower con Finestre di notte crea un delinquente seriale contro le donne, anzi contro le dirimpettaie: finale a sorpresa più che prevedibile, storia banale e già letta migliaia di volte, e un presupposto insensato: che l’appartamento di fronte alla casa del cattivone venga sempre affittato a donne giovani, sole e vulnerabili. Invece la protagonista del divertente e ben congegnato Autunno, tavola calda di Lawrence Block è una tizia impoverita ma sveglia costretta a contare i centesimi, che sa inventarsi un modo assai creativo per sopravvivere.

    Comunque è proprio il mio amore per i racconti che mi ha spinto a fare quello che generalmente evito, cioé parlare male di un libro. Ma i racconti, credetemi, possono e devono essere molto ma molto meglio di questi. Immagino che le brutte e ridicole mini biografie degli autori siano dovute al curatore Lawrence Block, che firma anche una breve introduzione. Belle traduzioni di L. Briasco, F. Deotto, L. Sacchini.

    .

    Aa.VV., Ombre, Einaudi Stile Libero Big, 2017, pp. 304, € 18,50, cur. Lawrence Blok, trad. Luca Briasco, Fabio Deotto, Letizia Sacchini

    * Cortesemente da Anaconda Anoressica, blog di Consolata Lanza

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