Definito la «stella filante della fantascienza», Bester – nato nel 1913 e morto nel 1987 – ha scritto in tutto otto romanzi molto distanziati nel tempo e un certo numero di racconti. Per quelli a suo tempo tradotti in Italia si può parlare di opere intense e suggestive, dove la space opera si fonde bene con tematiche impegnative che vanno dalla psicoanalisi (L’uomo disintegrato) alla vendetta con sapore di tragedia greca (Tiger! Tiger, tradotto come Destinazione stelle e qui come La tigre della notte), al problema dei ruoli sessuali (Golem 100) e sempre accompagnate da un profondo interesse per le situazioni estreme, nelle quali l’individuo o soccombe o riesce, facendo appello a tutte le sue risorse, a saltare ad un livello di consapevolezza più alto, oltre che per il problema della «percezione» (come percepisce iI mondo un telepate? O un cieco, o chi crede di aver provato tutto?), interesse che gli suggerisce, ad esempio il grandioso effetto sinestesico di cui é vittima Gully Foyle in Tiger! Tiger.
Lo stile é quanto di meno consueto si potesse concepire al tempo in cui Bester, con i suoi primi romanzi, sorprese i lettori, abituati al narrare piano di Asimov o di Heinlein, per non parlare del procedere faticoso di Gernsback o di Campbell. Bester pubblicò per una decina d’anni per Astouding SF per poi passare nel 1950, causa dissapori con Campbell, innamoratosi di Dianetics di Ron Hubbard, a Galaxy. Come ricorda Curtoni nell’azzeccata introduzione, Bester si definiva una «gazza ladra» sempre pronta carpire spunti, suggerimenti, idee, non solo per quanto riguarda la trama ma proprio la tecnica narrativa, che fa uso di «inquadrature» cinematografiche, di soluzioni grafiche mediate dalla stampa o dalla poesia futurista. Qualcuno potrebbe accusare l’autore di essere un romantico portato ad ingigantire le emozioni e a scegliere personaggi superomistici, come anche di creare e, alla fine, sciogliere forti tensioni etiche. Sono connotazioni reali, che diventano pregi, visto che tutto si può dire di Bester tranne che sia un moralista e che i suoi personaggi siano, nel bene o nel male, molto più reali di quelli descritti da tanti autori di SF del passato e contemporanei,
Il mio fu un amore a prima vista (lessi l’Uomo disintegrato quasi quarant’anni fa) e aveva ragione il compianto Vittorio Curtoni: Bester é un genio «minore» che vale la pena di leggere anche, forse soprattutto, per chi considera la SF un genere ultrasecondario.
Alfred Bester, Tutti i racconti (1939-1942), La Tigre della Notte, Mondadori pp.489, curatela e traduzione di Vittorio Curtoni
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