Di Le Cronache di Mondo9 si è già parlato molto; questa non è una recensione fuori tempo massimo, arrivata quando già l’autore lavora a un seguito, ma piuttosto una serie di considerazioni a margine, scritte con lo spirito di un lettore curioso e fornito di una preparazione in scienze biologiche.
Il mio primo incontro con la biologia peculiare di Mondo9 è avvenuto appena aperto il libro, con il Mangiaruggine, uno piccolo, ospitato in una boccia di vetro coperta da un fazzoletto e posta sullo scrittoio di Garrasco – uno dei personaggi più vitali del volume – che lo nutre con bulloni e viti arrugginiti.
Dentro, annegato in cinque dita di sabbia purificata, riposava un piccolo cardo mangiaruggine […] Stelo e corolla non si vedevano, interamente sprofondati nel loro minuscolo deserto.
Io ho una passione per le piante grasse. Le ammiro per la loro sobria, avara, capacità di sopravvivere, perché non danno confidenza e sono decise a non darla vinta. «Toh», mi sono detta… «ma guarda!» E quando il mangiaruggine ha sputato la vite, ormai lucidissima, ho capito che Mondo9 avrebbe potuto interessarmi.
Il pianeta descritto da Tonani non è semplicemente difficile come, per esempio, il Dune di Frank Herbert. Mondo9 è proprio ostile, come dimostrano tutte i morti, umani e non, allineati nelle 358 pagine del testo. La sua biologia, per resistere, non può limitarsi a riproporre il modello terrestre con opportuni adattamenti: su Terra la Vita utilizza ovunque il modello cellulare e si procura l’energia indispensabile in due modi: se è vegetale prendendola dal Sole per rimontare gli atomi di molecole semplici (acqua e anidride carbonica) a formare sostanze complesse (glucosio, amidi, proteine ecc.); se è animale, smontando sostanze complesse e liberandone l’energia chimica. Su Mondo9, la Vita deve venire a compromessi molto più radicali e stringe un patto forzoso con la meccanica.
Al principio l’idea non mi convinceva affatto, mi pareva una grandiosa, ma assurda, riedizione del grande quesito: è nato prima l’uovo o la gallina? Da qualche decennio noi umani abbiamo la risposta: è nato prima l’uovo, ovvero LUCA (per non appesantire vi invito a leggere un mio post divulgativo in proposito), la prima cellula capace di autoreplicarsi. Su Terra, quindi, la Meccanica è nata qualche miliardo di anni dopo la Vita: quando finalmente la Vita (non soltanto umana) ha scoperto gli utensili. Dopo, la Vita ha utilizzato la Meccanica costruendo utensili e la Meccanica, come un parassita paziente, ha aspettato che la Vita costruisse meccanismi sempre più sofisticati. Paradossalmente, dal punto di vista delle auto, la Vita (umana) potrebbe essere considerata lo strumento per passare da una generazione di modelli all’altro.
Ecco, su Mondo9, la distinzione tra realtà e paradosso non esiste più, Vita e Meccanica sono alla pari, la loro relazione non è parassitismo, ma una fantastica, intima simbiosi. Le forme meccaniche, come le superbe navi – che navigano nel deserto, spostandosi su ruote e naufragando fra le dune – hanno un solo nemico: l’attrito. Per vincerlo spremono la vita, qualunque forma di vita, fino all’ultima goccia. All’inizio la vitalità meccanica delle navi e delle sue componenti riempie di un’inquietudine che in Garrasco e in Victor, protagonisti della prima cronaca, raggiunge l’orrore… poi simbiosi (grazie alla capacità umana di ingannare se stessa) ha la meglio:
A proposito, Victor, non è che ti fa male quando noi, Cardanic e io, mangiamo?
La difficoltà degli umani (e dei lettori) di comprendere la logica di Mondo9 si attenua mano a mano che le cronache proseguono, rivelando inaspettate alleanze vita-meccanismo nel ventre delle Navi:
[…] era circondato da uccelli. Decine, centinaia… erano scesi dai loro nidi in mezzo ai tubi e ora lo stavano studiando guardinghi. Alcuni avevano ancora la preda umida nel becco… Youssouf si voltò. L’uovo vibrava. […] un esserino meccanico stava districandosi dal guscio. […] Era un obbrobrio di rotelle e ingranaggi unti di moccio, con una grossa ala di piume umide che sbatteva dietro di sé a mo’ di coda o timone. Metà uccello e metà…
Forse non tutti i lettori si sono entusiasmati quanto me leggendo questo brano, ma io me lo sono gustato come un notevole rovesciamento di punto di vista: la fantascienza ci ha abituati a grandi speculazioni sulla natura umana/artificiale di umani innestati e potenziati, di androidi raffinati, di vita amplificata dalla tecnologia digitale… Mondo9 presenta invece un livello zero estremamente funzionale: niente bionica ma semplice bio-meccanica nel senso più letterale, metallo e carne che trapassano l’uno nell’altra in una sorta di delirio steampunk… il tramite tra loro è il Morbo, un’infezione «che trasformava la carne nuda in ottone, un nemico subdolo e implacabile». Niente male, davvero.
Un altro tema grandioso è quello, sempre implicito, dell’entropia. L’universo è destinato a soggiacervi, anche se localmente l’ordine vince il disordine. La vita è una fragile vittoria momentanea sul caos, la morte è la sconfitta. Ma su Mondo9 questo non accade, come si scopre continuando a leggere. La morte, intesa come l’incepparsi della capacità di ripararsi e riprodursi, viene spesso elusa sia dagli umani sia, a modo loro , dalle Navi. Su Mondo9 tutto, letteralmente tutto, può continare a vivere, persino i morti.
Gli Interni erano gente di cui si fidava. Non angeli custodi, ma quasi. A quanto sapeva non erano mai saliti in superficie e vivevano alla poca luce che filtrava dalle fessure del metallo, dai rari oblò e dalle crepe aperte dalla ruggine. Chissà come, Creatura era sempre sotto i suoi passi, come un’ombra incisa a fuoco sul lato opposto della lamiera.
Nella seconda parte delle Cronache la vita di Mondo9 svela ulteriori gradi di complessità e piano piano il lettore si rende conto che i veri abitanti di Mondo9 sono le Navi, capaci di coevolvere con qualunque altra forma di vita, parassitandole tutte, ma offrendo in cambio rifugio ed energia.
Le navi avevano inventato il Morbo per controllare gli equipaggi umani e vincolarli come schiavi […] Ma qualcuno, seppure infettato a morte, era sopravvissuto alla nuova condizione: Mechardionici, ecco come li chiamavano.
Privi di sensi umani, eppure capaci di percepire, I mechardionici sono una notevole combinazione di vita che trascorre dalla carne al metallo e dal metallo alla carne, ai cuori:
Alef raccolse l’oggetto dalla sabbia e lo soppesò nel palmo. Nonostante non potesse vederlo, la sua forma non lasciava dubbi: era un pignone dentato. Caldo quanto bastava a scottare la carne di un uomo […] qualcosa si agitava al suo interno, in profondità. Un’eco, un suono residuo, una palpitazione del metallo. – È vivo! – sentenziò.
E con i mechardionici la vita di Mondo 9 si prende un’altra rivincita sull’inanimato.
Pagina dopo pagina, le navi emergono in tutta la loro complessità vitale:
Ce n’erano di tutte le fogge e le dimensioni: dalle veloci golette a ruote gemellate e con la chiglia a ciabatta, alle tozze cisterne, dalle agili tartane alle panciute scafarde…
tutte diverse, tutte in simbiosi con i lumigechi, piccole creature che vivono nella chiglia delle navi, e che ne scivolano giù finendo talvolta spiaccicati sulla sabbia:
Il porto luccicava di giada. Una luminescenza boreale e sinistra prodotta da milioni di lumigechi al riparo tra le ruote delle navi. Molti esemplari si avventuravano adagio sulla sabbia aperta, scambiandosi di vascello in una lenta transumanza alla ricerca di nuova gomma da assaporare e produrre […]
Quella del porto notturno scintillante di luci è una scena consueta… solo dopo qualche riga il lettore ne coglie la vera suggestione: le creaturine aliene in marcia trasformano il mare di sabbia in un ingannevole oceano. Ma per quanto si allontanino, i lumigechi tornano sempre alla propria nave, che riconoscerebbero tra mille. Sono creature complesse le navi, infinitamente più potenti e oniriche di un sofisticato mezzo di trasporto… immagino che qualunque marinaio lo pensi. Io l’ho letto e capito grazie a molti romanzi, ma devo all’autore la fortuna di averlo compreso in maniera differente.
Il ponte di coperta era viscido di sangue […] ma era stato il cuore, di gran lunga lo spettacolo peggiore, a stregarle gli occhi: era grande più o meno quanto un’anguria matura e pulsava sul fondo del secchio spirzzando umori rossastri oltre il bordo. […] – lo daremo alla nave. È una fortuna poter contare su un cuore fresco prima di sapare. Saremo molto più veloci.
Con quel grosso cuore di verdesca la Bastian, un vecchio rottame di torpediniera mangiata dalla ruggine, farà l’impossibile:
La Bastian era un gran brutto demonio. E stava correndo come una dannata. […] Mai, neppure nelle gare di velocità tra brigantini, aveva visto una nave procedere a quell’andatura.
Impensabile obbligarla a rallentare; la Bastian vola sulle dune, mezza nave e mezza Moby Dick, per me le poche pagine dedicate alla sua corsa sono state il momento migliore del libro.
Nonostante la loro vitalità anche le Navi , come tutte le forme bio-meccaniche di Mondo9, possono morire, e lo fanno lentamente, in un’agonia che trascende i tempi umani. E per quanto grandi e resistentissime possono venire uccise. Ma quale predatore è in grado di cacciare una Nave?

Dario Tonani
È questa la domanda che attraversa l’ultima parte delle Cronache di Mondo9. Alcuni protagonisti delle storie precedenti si riuniscono formando una piccola compagnia che va alla ricerca della risposta. Il paesaggio cambia intorno a loro: al deserto di sabbia si sostituisce il deserto di ghiaccio, entro il quale nuove insidie, e nuove navi si nascondono. Il racconto si snoda tra un colpo di scena e l’altro, agganciando il lettore, curioso di arrivare alla fine della complessa caccia. Approfondire gli episodi del viaggio è inutile per i molti che hanno già letto Mondo9 e sarebbe perfido verso chi non lo ha ancora fatto. Dirò soltanto che ho chiuso il libro un po’ delusa dal finale molto aperto. Pazienza, aspetterò fino al prossimo volume.
In conclusione Cronache di Mondo9 è una lettura meritevole e avvincente, che ha soddisfatto il mio immaginario e la mia anima di biologa. E questo – considerando i tanti romanzi, racconti e film che cercano nelle forme di vita aliena solo una suggestione a buon mercato – non è affatto poco.
Dire che il romanzo sia privo di difetti sarebbe troppo, spesso il racconto funziona col principio dell’abbuffata: cadaveri, liquami, corporeità a secchiate, scodellate al lettore con descrizioni minuziose e un po’ spossanti che mi hanno richiesto molta pazienza. Forse si tratta di una questione personale: sia per la mia saltuaria attività di editor, sia perché scrivo in proprio, ho imparato a esaminare ogni frase con attenzione maniacale… più i dettagli si accavallavano più mi impegnavo per immaginarli; ogni tanto posavo il volume decisa ad abbandonare la bio-meccanica di Mondo9 per qualche giorno. Però, lo dico sinceramente, ne è valsa la pena.
Dario Tonani, Cronache di Mondo 9, Mondadori Urania Millemondi, pp. 372, € 7,90
Idem e-book, € 4,99
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.