Paul Auster
Il libro delle illusioni
(Einaudi)
Un dimenticato attore del cinema muto, un professore alla deriva, una misteriosa scomparsa e un appassionato amore per il cinema, questi gli ingredienti di uno dei romanzi più interessanti di questi primi mesi del 2003.
Il professor Zimmer, traduttore e docente universitario, è l’Io narrante del romanzo, l’oggetto della sua ricerca e del libro a lui dedicato è l’attore Hector Mann, misteriosamente scomparso nel gennaio del 1929. Zimmer si vi si dedica quando un incidente aereo lo lascia completamente solo «solo in una casa fatta per quattro persone». La ricerca per completare il libro – uno pseudoscopo, è Zimmer per primo a saperlo – ottiene comunque l’esito di strapparlo all’alcolismo e al persistente impulso al suicidio. Poi, un giorno riceve un biglietto:
Il biglietto diceva: Gentile professor Zimmer, Hector ha letto il libro e gradirebbe fare la sua conoscenza. Può interessarle venirci a trovare? Con viva cordialità, Fieda Spelling Mann.
È soltanto il primo dei biglietti che riceverà e ai quali Zimmer si rifiuta di prestare fede. Infine al posto dell’ennesimo biglietto si presenta Alma Grund, figlia dell’operatore che aveva girato tutti i film di Hector. Zimmer la segue nel New Mexico e il lungo viaggio aereo è l’occasione per Alma per raccontargli le circostanze e i motivi della scomparsa di Hector. Zimmer apprende così anche dell’esistenza di sette film, prodotti da Mann durante l’esilio autoinflittosi nel New Mexico e mai distribuiti. Ma Hector ha lasciato disposizioni affinché i film vengano distrutti alla sua morte e attualmente giace in fin di vita…
E i sette film, dei quali apprendiamo soltanto i titoli, formano il vero centro di gravità del romanzo. Auster immagina – e in parte descrive – una serie di film girati negli anni sessanta, nati da un disperato amore per il cinema e sganciati dalle stringenti esigenze della produzione e delle Major. Un libero cinema d’autore, quello che negli States è sempre più difficile riuscire a fare. Evocandoli Auster riesce nel contempo a regalare al suo romanzo tutto il fascino di un passato che non è stato e di un presente che avrebbe potuto essere e la sottile disperazione per una realtà povera di genio e senza più sogni.
Amaro senza inutile retorica il finale, logica conseguenza delle premesse. E nelle ultime righe la speranza che «la storia ricomincerà da capo».
Un libro sul cinema, la sua storia, e sulle emozioni che ha potuto suscitare dai tempi del muto a oggi, e un testo felicemente ambizioso, incardinato intorno alla misteriosa e complessa biografia dell’anonimo attore del muto Hector Mann, ricostruita a tratti, a frammenti, attraverso diverse fonti. Un album di immagini, di racconti, di ricordi, di indizi e soprattutto di illusioni. Mann non fa in tempo a raccontare a Zimmer la sua vita, la gigantesca biografia che Alma sta scrivendo viene distrutta. La vita di Hector, una vita che ha attraversato l’America del XX secolo, rimane un perfetto enigma: nessun interrogativo viene definitivamente sciolto.
Scritto con abilità stupefacente e con grande padronanza dei diversi strumenti del narrare, Il libro delle illusioni è un testo dotato di un invincibile, malinconico fascino. Come pochi libri sono riusciti a fare suscita nel lettore l’emozione del passato e la coscienza della sua definitiva perdita regalando insieme la sensazione che non tutto sia destinato a perdersi e a scomparire, che non siamo soltanto «lacrime nella pioggia». Forse soltanto un’illusione. Forse.
traduzione di Massimo Bocchiola
da LN 26 – estate 2003