Nel buio dell’inverno è una storia violenta ed estrema, compatta e inesorabile come un destino preannunciato.
Nel freddo e ventoso inverno australe quattro personaggi, gli unici abitanti di una valle nel bush, sul limite del nulla, devono affrontare una sconosciuta minaccia, forse un predatore, ma forse semplicemente la materializzazione da incubo di una natura ostile e indomabile.
Ben determinati a impedire che l’autorità costituita «ficchi il naso nei loro affari», i quattro – un alcolista con alle spalle una vita di fallimenti, una ragazza incinta abbandonata dal fidanzato e un’anziana coppia che abita da decenni nella valle – finiscono per scoprire che l’assedio, ben lungi dall’unirli, funge da innesco per le frustrazioni, i rancori e l’aggressività che covava da tempo sotto l’apparenza di una vita solitaria e difficile.
Con attenzione Winton scandisce le stanze della crescente follia dei quattro, manovrando accortamente il punto di vista tra l’io narrante e inaffidabile del vecchio Maurice e quello di ognuno degli altri personaggi, fino ad un epilogo, almeno per alcuni versi, inatteso.
Al termine del romanzo, che si raccorda con l’inizio in un ciclo perfettamente chiuso, la bestia, che i quattro erano giunti a identificare con qualche genere di primitiva entità demoniaca, scompare così come era venuta, lasciando dietro di sè una quantità di interrogativi senza risposta. Uno dei più inquietanti riguarda il rapporto tra uomo e donna, dove l’incomprensione – rimossa, negata o cancellata – può emergere con improvvisa, inspiegabile violenza.
Un romanzo di non comune potenza, un incubo nella forma innocua di un volume di piccole dimensioni che merita leggere e rileggere.
Tim Winton, Nel buio dell’inverno, Fazi 1999, pp. 120, € 11,00, trad. Maurizio Bartocci
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