Fratello Termite, di Patricia Anthony, Fanucci, «Solaria», ovvero l’invasione della Terra narrata da uno degli invasori. Non si tratta di un’invasione cruenta e catastrofica, stile La guerra dei mondi, ma di un processo più lungo, un tentativo segreto di sostituire agli umani creature nate dall’incrocio del DNA degli invasori e degli invasi. Gli alieni sono i (soliti?) pseudoimenotteri monosessuali – fatta eccezione per una gigantesca femmina-regina che compare solo alla fine del romanzo – cortesi, formali, altamente civilizzati. Il loro problema principale è che la razza si va estinguendo, pratica criticabile quella di aver già distrutto altre specie senza essere riusciti a dare nuova vita alla propria.
Fin qui si tratterebbe di una discreta ricucinatura di un menu già un po’ troppo abituale, se non fosse che Anthony ha seguito percorsi non così ovvi. Reen, il protagonista, è un alieno carico di dubbi, perplessità e rimorsi. Pur essendo un formicone le sue emozioni, di supermaschio corresponsabile di uno stupro genetico ai danni delle donne umane, non sono esattamente da miliziano serbo. Reen è sinceramente affezionato agli umani e ha sentimenti curiosamente nuovi – per lui – nei confronti del frutto dei loro esperimenti. Non è il solo a essersi «umanizzato» e questo è alla base del contrasto e del violento scontro tra gli alieni che occupa la seconda parte del libro.
Anthony ha felicemente riutilizzato nel corso del testo tutta la paccotiglia ufologica che ci perseguita da anni: avvistamenti inspiegabili, incidente di Roswell, menzogne e misteri di CIA e FBI. È tutto vero, scrive Anthony, tanto vero che il consigliere della sicurezza nazionale della Casa Bianca nel tempo del romanzo è Reen. Gli alieni usano abitualmente le proprie navi per spostarsi sulla terra, creando qualche problema di traffico, il presidente degli USA, Jeff Womack, si fa passare per povero vecchio demente e il suo vice è un medium che sostiene di ospitare la personalità di J.F. Kennedy, a suo tempo fatto assassinare dagli alieni perché aveva compreso i loro piani per l’umanità.
Nonostante la giustapposizione di elementi disparati e di toni – drammatici e sottilmente burleschi – il romanzo è credibile e originale. Soprattutto interessante il suo nucleo profondo, ovvero il rapporto ambiguo e violento tra Marian, una delle prime «rapite» dagli alieni e vittima dei loro esperimenti genetici e Reen che, sia pure tardivamente, elabora quel rapimento come imperdonabile stupro. Il contrasto tra alieni e umani si rivela così metafora dello scontro sessuale, dell’impossibilità per le vittime di perdonare e dei colpevoli di comprendere. La chiusura del romanzo, con l’apparizione terrificante della femmina aliena, ha così i toni di un contrappasso, di un ultimo livello – definitivo – di separatezza e impossibilità di comunicazione tra i sessi.
Probabilmente, e qui sta il difetto principale del romanzo, troppo in troppo poco spazio. Il personaggio di Womack, grottesco Amleto «metodicamente» uscito di senno, non ha così sufficiente risalto, come forse risultano un po’ troppo sommari i riferimenti alla storia americana degli ultimi cinquant’anni e alla biologia e alla psicologia degli alieni. Il risultato è una lettura densa, ma affrettata e a tratti faticosa, con il lettore spesso costretto a inseguire l’autore nel tentativo di tenere insieme la vicenda. Ma comunque un libro meritevole di lettura.
Patricia Anthony, Fratello termite, Fanucci Solaria 2000, pp. 277, trad. Anna Martini
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