Cancroregina di Tommaso Landolfi, un libro magretto, 107 pagine nella Piccola Biblioteca Adelphi 312, prima edizione in Adelphi nel 1993 e pubblicato per la prima volta da Vallecchi nel 1950.
La vicenda è relativamente semplice da raccontare. Il protagonista e narratore in prima persona, si trova in un momento difficile della propria vita, oberato di debiti di gioco e con una o più storie d’amore fallite all spalle. Nel momento in cui il nostro uomo è giunto a meditare il suicidio appare alla sua porta un individuo fuggito dal locale manicomio che gli propone di essere suo compagno in una crociera verso il satellite naturale della Terra. Una volta superata la naturale ritrosia verso un progetto tanto evidentemente folle, il protagonista decide di unirsi a lui nel viaggio verso la luna.
Il pazzo, rivelatosi un abile ingegnere, lo conduce tra montagne scoscese fino al luogo dove nasconde la propria astronave, «Cancroregina», da quanto emerge una creatura semintelligente, e parte con il protagonista.
Ma il viaggio dei due non sarà coronato dalla fortuna e di più non aggiungo per ovvi motivi.
Curioso incontrare un romanzo di sf nel 1950 italiano. Certo, Landolfi è uno strano individuo, un incrocio di diverse storie e di diverse e sorprendenti tendenze: un giocatore d’azzardo, un «rappresentante genuino della gloriosa nobiltà meridionale» – come amava autodefinirsi, un curioso D’Annunzio, ritirato ma altrettanto appassionato della lingua, un autore senza devozioni né scuderie, un autore che Italo Calvino definì così:
Il rapporto di Landolfi con la letteratura come con l’esistenza è sempre duplice: è il gesto di chi impegna tutto se stesso in ciò che fa e nello stesso tempo il gesto di chi butta via.
Non mi sembra particolarmente importante sottoporre l’opera di Landolfi a un esame per stabilire la sua partecipazione o meno alla grande corrente della fantascienza. L’autore ha condotto la propria carriera nell’area del fantastico – il suo modo di narrare ha sicuramente qualcosa che ricorda taluni autori francesi di fine ‘800 come Barbey d’Aurevilly e Villiers de l’Isle-Adam, come affermava Italo Calvino, – ed è stato un unicum nel panorama italiano. Ciò che mi è parso particolarmente efficace in questa curiosa avventura extraterrestre scritta da un autore cripto-ottocentesco è la curiosa ansia, insieme allegra e disperata, che possiede il protagonista, la sensazione di profonda, assoluta e ridicola solitudine che il passeggero sperimenta a bordo di «Cancroregina», i suoi dialoghi sempre meno ragionevoli con una creatura non-umana ma che risponde come una vecchia zia «Perché così» o come una giovane poco morigerata, «Dì un po’, con chi ti pare che fornichi, io, che mi dai della baldracca?» ai tentativi del protagonista di indurla a comportarsi come una vera astronave.
Curioso come l’incapacità, i dubbi, le iniziative impulsive, tutto ciò che, in sostanza, ha reso l’io narrante incapace di affrontare le traversie della vita, ritorni fatalmente anche lontano dalla Terra, anche nello spazio più vuoto e desolato.
Un testo breve ma saporoso e disperatamente divertente che consiglio volentieri. Landolfi non offre soluzioni né, allegramente, speranze, e probabilmente questo è un buon motivo per leggerlo.
Tommaso Landolfi, Cancroregina, Adelphi Piccola Biblioteca 1993, pp. 107, € 10,00
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