Caroline è una persona come tante: una vedova ancora giovane che deve mantenere i due figli – Rayan di dieci anni e Laurie di tredici – e permettere loro di continuare gli studi. Fino a poco prima le cose per la famiglia andavano bene, non c’erano preoccupazioni in vista. Poi Brad è stato ucciso da uno sconosciuto mentre correva di sera al Central Parc e tutto è cambiato: il lavoro part time di Caroline non le consente di mantenere il tenore di vita precedente e le preoccupazioni si sommano alla solitudine. Poi, un giorno, mentre Caroline osserva Rayan che gioca a baseball, una anziana, elegante signora si siede sulla sua panchina e inzia a chiacchierare. Parole senza importanza, naturalmente, quelle che si scambiano due sconosciute. Ma Irene Delamond, che forse è una fata buona in incognito le presenta l’affascinante Anthony Fleming che ha perso da poco la moglie. Grazie alle occasioni d’incontro create da Irene, Caroline trova in Anthony un compagno sensibile, comprensivo, disposto ad attendere che lei venga a patti con il ricordo di Brad e le responsabilità verso i figli. In pochi mesi l’intimità tra Caroline e Anthony cresce fino a che i due decidono di sposarsi. Andranno a vivere nel prestigioso palazzo dove Anthony ha un grande appartamento. Il Rockwell è una costruzione leggendaria, grandiosa e cupa, antica secondo lo standard newyorkese, che incuriosisce Laurie ma terrorizza Rayan al quale i compagni hanno raccontato storie terribili di streghe e vampiri…
Dopo lo splendido viaggio di nozze la nuova famiglia si stabilisce al Rockwell. L’appartamento di Anthony è enorme, signorile, pieno di oggetti antichi che ai ragazzi – e talvolta anche a Caroline – sembrano soprattutto vecchi e opprimenti. Per la verità quell’atmosfera di vecchiaia e decadenza si respira in tutto il Rockwell, probabilmente perché tutti gli inquilini del palazzo – tranne poche eccezioni – sono molto anziani. Però sono molto signorili anche loro: un naturopata di chiara fama, un’attrice un tempo molto famosa e sua sorella, lo stesso Anthony che si occupa di finanza. L’unica persona giovane, a parte la famiglia Fleming, è la piccola Rebecca, una ragazzina adottata da una coppia di coniugi molto perbene. Sfortunatamente la bambina è cagionevolissima di salute; le brutte esperienze vissute in precedenza l’hanno sfinita, è vero, ma ormai, grazie alle amorevoli cure dai nuovi genitori dovrebbe essersi rimessa. Per Andrea, l’assistente sociale amica di Caroline che segue Rebecca, la sua salute è un chiodo fisso, una mania. È convinta che l’atmosfera vetusta e cupa del palazzo abbia un pessimo effetto sulla bambina e che i genitori non siano così affidabili come sembrano, così è l’unica amica di Caroline a non essere contenta del suo ottimo matrimonio.
Caroline è molto affezionata ad Andrea e rimane sconvolta quando la sua amica viene uccisa nel piccolo appartamento dove vive… Anche i figli le danno preoccupazioni: Rayan detesta Anthony fino all’odio e Laurie deperisce a vista d’occhio. Soffre di incubi, sente strane voci, ma naturalmente non c’è alcun senso in ciò che lei dice. Anthony è l’unica cosa buona che sia loro capitata dopo la morte di Brad, un amante sensuale e pieno di attenzioni, un patrigno affettuoso e responsabile, un vero tesoro. Come i vicini, del resto, sempre così disponibili, gentili con i bambini che per loro sono un soffio di giovinezza. Persino il vecchio Rockwell sembra giovarsene: da un po’ di tempo sembra più bello e meno cupo, come se avesse ritrovato un po’ dello splendore della giovinezza…
Solidamente costruito e scritto con abilità, Voci di Mezzanotte costituisce un’interessante variazione sul tema della casa infestata nella quale i destini dell’edificio e delle entità che lo infestano si fondono senza fratture con il mondo quotidiano che ben conosciamo. La mano esperta di John Saul, vecchia volpe della narrativa di genere, conduce saldamente la narrazione corteggiando horror e humour nero senza eccessi. Il ricorso a descrizioni splatter (inevitabile a causa delle peculiari esigenze degli Immortali) non è goffo e contenuto nei termini del buon gusto. Una lettura avvincente (tradotta decorosamente con qualche sciatteria) che tiene compagnia per qualche sera e che regala buone pagine e un protagonista davvero notevole come il Rockwell:
Descriverla non era facile, ma Caroline pensò che chi l’aveva soprannominata «Il grande vecchio bastardo di Central Park West» non aveva tutti i torti. C’erano elementi praticamente di ogni stile precedente al Ventesimo secolo. Le torri più alte e i parapetti erano in stile gotico, mentre sull’angolo delle 70a c’era un minareto dorato che sembrava provenire direttamente dalla cattedrale di San Basilio di Mosca. Oltre alle torri, i parapetti, il minareto, c’era una giungla di elementi, alcuni vagamente normanni, altri elisabettiani, con alcuni tocchi mediterranei nelle terrazze che sovrastavano il parco. L’impressione generale era quella del castello delle favole catapultato per errore nel bel mezzo della più grande città del mondo.
Ho cercato in Internet. A New York c’è un famoso museo dedicato a Norman Rockwell, il pittore. Ci sono un ristorante e una scuola elementare; diversi politici newyorkesi del passato portavano quel cognome. Seguendolo sono finita in diversi blog e perfino, ahimè, nel sito dell’American Nazi Party. Purtroppo non ho trovato traccia dell’edificio. Peccato. A suo modo il Rockwell è grandioso, mi piacerebbe visitarlo, forse anche viverci, per un po’.
Il buon senso e l’intuito mi sconsigliano di farlo, ma ascoltare il buon senso non è mai stato il mio forte. E nemmeno quello di Caroline.
John Saul, Voci di Mezzanotte, Baldini Castoldi Dalai 2005, ed. or. 2002, pp. 391, € 18,60, trad. Stefano Valenti
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.