Al di là del tempo, antologia di racconti inediti di Connie Willis pubblicata da Fanucci e «confezionata appositamente per il pubblico italiano», come è scritto nel risvolto di copertina, ha l’aria di un prodotto confezionato a bella posta, ossia disomogeneo e slegato. Che sia stato confezionato appositamente per gli italiani è comunque difficile da credere, dal momento che la prefazione ai racconti è stata scritta da Gardner Dozois, curatore di antologie di sf made in USA ed esiste anche un copyright originale americano del 1993 relativo all’antologia Impossible Things, che Wikipedia riporta tradotta in italiano come Al di là del tempo.
Chiudiamo quindi la parentesi sui lettori del Belpaese e siamo seri.
L’antologia è composta di sette racconti, dei quali solo due (Time-out e Il raggio di Schwarzschild) hanno qualcosa a che fare con la sf, il primo in termini di parodia, il secondo come metafora della condizione di un astrofisico perduto sul fronte russo durante la Prima Guerra Mondiale. Fatalità, Nel Cretaceo superiore e Rumore sono racconti ambientati un Campus universitario, Jack è un eccellente racconto gotico ambientato nella Londra della Battaglia d’Inghilterra e Racconto d’Inverno è un malinconico omaggio a William Shakespeare.
Una volta messo sull’avviso il lettore di sf, segnalo comunque che Jack è una intensa e sorprendente rivisitazione del tema del vampiro, mentre Rumore è un efficace (e spassosa) descrizione delle aberrazioni alle quali può condurre l’estrema coerenza nell’applicazione dei principi di correttezza politica alla letteratura. Più opachi gli altri due racconti di ambiente universitario. Nel primo – Fatalità – un finale drammatico non riscatta il ritmo letargico della vicenda, troppo ricca di riferimenti alle esperienze comuni dei laureati americani per essere godibile per il pubblico italiano, mentre il secondo (Nel Cretaceo superiore), un racconto scritto in polemica con il taglio dei fondi alle Università Pubbliche, non riesce né a divertire né a indignare se il lettore non è nè americano né lavora/studia in una università americana.
In quanto ai due testi più vicini alla sf, Time-out, Willis non riesce a scegliere tra il registro sentimentale e quello comico, e il racconto rimane sospeso a metà tra l’amarezza e la parodia rimanendo indeciso a tutto fino alla fine, mentre il secondo, Il Raggio di Schwarzschild, racconta l’impossibile (e confusa) metamorfosi di Schwarzschild, caduto in un buco nero insieme ai suoi commilitoni. Un racconto intenso ma probabilmente troppo breve e che mette sul fuoco troppi spunti: dalla morte dell’astrofisico in guerra alla fisica dei buchi neri. Particolare curioso e reale è che Schwarzschild concepì il suo raggio come entità oltre la quale la gravità diventa infinita senza aver immaginato i buchi neri.
Se devo essere sincero ho comunque avuto la netta sensazione, rinforzata dalla prefazione di Dozois, che almeno parte della considerazione della quale gode Willis nell’ambito della FS americana sia dovuto alla sua formazione strettamente letteraria. Il suo successo fungerebbe insomma da garanzia che la sf non è una letteratura per minus habens: «vedete anche lei che sa Shakespeare a memoria scrive sf!».

Connie Willis in una fotografia di G.Mark Lewis
Willis ha comunque il dono – che resta un dono finché non diventa un limite – di rendere con attenzione e sensibilità le emozioni quotidiane, i conflitti familiari, le passioni artificiose dell’età di mezzo. Il suo universo è fatto di donne insoddisfatte e uomini confusi, di serate in famiglia che non riescono a dare consolazione e di quattro chiacchiere tra amiche che non mutano la sostanza delle cose. Il clima di questi suoi racconti è crepuscolare (con qualche occasionale caduta nel sentimentale) e – ad esclusione di Jack – si sente la mancanza della determinazione per passare dalla tristezza quotidiana al male di vivere.
Connie Willis, Al di là del Tempo, Fanucci 1996, 1998 [Ed.or. Impossible Things, 1993], pp. 320, € 8,20, Trad. Maurizio Nati
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