Un saggio curioso, apparentemente dedicato ad un pubblico di ex bambini cresciuti a cartoni animati o di antipatizzanti del Veltronismo in cerca di conferme sulla futilità della “cultura” americana.
Ma temo che i fan di Walt Disney e gli antiveltroniani resterebbero delusi. Il saggio di Sanfilippo, infatti, è uno studio attento e intrigante su ciò che il Medioevo ha rappresentato e rappresenta per la società americana.
«Ma gli americani non l’hanno mica avuto il Medioevo!» Appunto, ragione di più per trasformarlo in un simbolo complesso e sfaccettato, che dagli USA si riverbera su tutto l’Occidente: a quanti italiani le parole “castello medievale” evocano edifici leggiadri e rinascimentali, in stile Bella Addormentata, pastiche che niente hanno a che fare con i castelli medievali delle nostre città?
Sanfilippo comincia il viaggio da un libro celeberrimo, che ha avuto numerose riduzioni cinematografiche: Un americano del Connecticut alla corte di re Artù, che, letto con attenzione, si rivela un’arma affilata per saldare i conti con il vecchio continente e con i sudisti: il medioevo di Twain è infatti dominato dall’aristocrazia fondiaria e dal clero cattolico che sfruttano l’onesto lavoratore. Un’immagine che verrà utilizzata in seguito da socialisti e sindacati contro i grandi industriali del Nord. Il libro di Twain, però, non risparmia nemmeno gli Stati Uniti secessionisti: le buone intenzioni del protagonista, americano D.O.C., si concludono in un bagno di sangue.
L’America ottocentesca ha però dato del medioevo anche un’altra lettura, che sarebbe tanto piaciuta ai leghisti nostrani: quella di un’epoca in cui i barbari, armati solo del loro coraggio, lottano contro la tirannia e la corruzione di Roma, una storia di federalismo e di libertà, insomma. Naturalmente i protestanti americani sarebbero i continuatori di tanta valentìa.
La cosa interessante è che questa duplice visione attraversa la cultura d’élite e quella di massa, travasandosi dalla letteratura alla poesia, dall’architettura alla pittura, dal cinema al fumetto, figliando generi e sottogeneri (la fantascienza catastrofista del dopobomba, la fantasy Sword & Sorcery), B-movies e opere d’autore (pensate al Settimo Sigillo di Bergman, all’Otello di Orson Welles). Da Mad Max a Iena Plissken, dal Grey Mouser a Lady Hawke, a Paperin Meschino, Sanfilippo procede tra film, romanzi e giochi di ruolo, seguendo in particolare l’evoluzione e la portata sociale di quattro personaggi-simbolo: il barbaro, impersonato da Conan, emblema dell’isolazionismo ma anche del sogno americano, il vichingo, rivendicato come antenato non cattolico, primo vero scopritore delle Americhe, il cavaliere, genitore di tanti eroi americani (dal cow boy solitario al detective privato, da Batman ai Jedi) e l’eroina, di volta in volta premio del vincitore o libera amazzone.
Che il Medioevo non sia, per gli americani, soltanto lo sfondo suggestivo di tante avventure ma uno specchio in cui studiare il passato e il futuro della nazione, è dimostrato dall’uso che la politica ha fatto di questi simboli: la Casa Bianca di JFK fu paragonata a Camelot e la medesima immagine è stata usata durante la campagna elettorale di Clinton; la sinistra americana ha più volte, durante il XX secolo, fatto del cavaliere medioevale il simbolo della difesa di un Ordine Naturale contro la corruzione e l’ingiustizia (e questo “naturale” la dice lunga sul materialismo della sinistra americana…), mentre la destra populista ne ha esaltato il ribellismo individuale.
Infine, leggendo il saggio di Sanfilippo, ci si rende conto di come la cultura accademica (non solo americana, forse) abbia da tempo perso il tratto:
La cultura di élite (…) oggi tallona e al massimo commenta quella di massa, la quale si preoccupa invece di costruire le mitologie che esprimono e a volte reggono la nostra realtà.
Non sottovalutiamo i B-movies e le letterature di genere, quindi, è lì che noi peschiamo immagini per i nostri sogni e gli intellettuali materiale di studio.
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Matteo Sanfilippo, Il Medioevo secondo Walt Disney, Come l’America ha reinventato l’Età di Mezzo, Castelvecchi 1999, 2003, ed. orig. 1993, pp. 251, € 12.00
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