In questi giorni si è tornati a parlare di Amanda Prantera, autrice abile e sorprendente di una quantità considerevole di testi, ma uscita in traduzione italiana solo in qualche Urania e con La regina dei Fani, un ottimo fantasy. Logico e giusto, quindi, presentare qui un suo libro di qualche anno fa, sperando che ritrovi presto la via della ristampa o che comunque i soliti cacciatori di usato riescono a ritrovare copia del libro. Nel frattempo si può comunque apprezzarla nel testo appena ristampato, Il Cabalista, in Urania di febbraio 2016,
Il Cerchio segreto è un romanzo in apparenza fuori dai territori della Fantascienza. D’altro canto la collana nella quale è stato pubblicato questo ragguardevole romanzo è da sempre un’istituzione della sf tradotta in italiano, quindi a giocare fuori casa, a rigore, non sono io ma è Giuseppe Lippi, all’epoca direttore responsabile di Urania, carica che occupa tuttora.
Ma adesso veniamo agli ingredienti de Il Cerchio Segreto: una fanciulla rinchiusa in una torre, un coraggioso medico viennese deciso a liberarla, un remoto convento inglese, un ambiguo prete, la scrittura in forma di memoria – in prima persona al passato remoto – una lunga indagine dalla quale emergono fatti via via più inquietanti, il canonico scioglimento finale – giunto a coronare una tensione insostenibile – il fatale duello tra fede e ragione e tra razionale e irrazionale. No, non si tratta di un racconto di M.R. James, come si potrebbe supporre, ma di un’intelligente e abile rivisitazione di atmosfere e modi di narrare che, in tempi di pulp, sembrerebbero definitivamente consegnati alla storia dei generi letterari. Essendo letteralmente nato alla lettura con le terrificanti falene di Arthur Machen e le stanze numero 13 del già citato M.R. James, fatico non poco ad adattarmi all’inutile ed infantile esibizionismo di molto dell’horror contemporaneo e potete quindi immaginare il mio piacere nell’incontrare un autore capace di scrivere una storia di soprannaturale non solo pienamente adeguata al suo scopo – divertire e spaventare il lettore – ma anche vivida ed originale nel ritrarre i personaggi e, in definitiva, sorprendentemente innovativa.

Amanda Prantera
Curioso, infatti, come il protagonista, a differenza delle più classiche ghost-stories, non sia realmente innocente, non solo, ma che egli, al pari del maggiordomo di Ciò che resta del giorno di K.Ishiguro, utilizzi il proprio diario per mentire a se stesso stendendo una versione ambigua e colpevolmente reticente dei fatti. Ancora, egli dimostra in più occasioni di non aver compreso la natura e il destino di colei che scrive di amare follemente. Come altri prima di lui pensa di salvarla quasi suo malgrado, vestendo i panni fin troppo ovvii del coraggioso paladino.
Una delle caratteristiche più interessanti del tardo gotico è il sottile, garbato umorismo che si apprezza bene una volta terminata la lettura. In questo, Prantera, autrice gotica di fine millennio, è fine maestra. Una Ghost-story ben scritta è un meccanismo infallibile nella quale il controllo dell’autore sugli eventi è pressoché completo, e dove quindi l’ironia, in termini di distacco dalla narrazione, è parte fondamentale. E oggetto dell’ironia è, inaspettatamente, proprio un certo modo maschile di leggere la realtà, la mancanza di sufficiente fantasia, il pervicace attaccamento a categorie di pensiero positive che in numerose occasioni possono condurre a esiti tragici.
Fa parte della natura della letteratura gotica discutere ciò che è apparentemente ovvio, mettere in evidenza le ombre del felice progresso che inevitabilmente ci attende, incarnare, in definitiva, l’inquietudine e il dubbio. Non è un caso infatti, che essa costituisca un tipo di letteratura “femminile” e che non manchino in essa temi tipici del romanzo di sentimenti, sia pure rivisitato. Basti pensare come alcuni stilemi del gotico (la vecchia casa, i revenants, le ambientazioni prevalentemente notturne) prevalgano in romanzi come Cime Tempestose di Emily Bronte o La Prima moglie Rebecca di Daphne du Maurier.
Visto sotto questa luce il romanzo di Prantera non rappresenta certo un frutto fuori stagione o un prezioso cimelio. Il fatto stesso che, pur muovendosi nei territori di una tradizione ricchissima, che renderebbe quasi fatale l’involontaria parodia, il romanzo sia fecondo e vitale non è forse la riprova che il modo gotico di narrare – ovvero, secondo le ultime classificazioni, il mondo del weird – ha ancora un lungo futuro davanti a sè?
Amanda Prantera, Il Cerchio Segreto (tit. orig. the Secret Loop, 1984), Mondadori Urania 1997, pp. 202, trad. Laura Serra
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