Questa lettura è frutto del caso, di una gentilezza del mio consorte e della mia vecchia passione per H.P. Lovecraft. Acquistato in edicola durante una passeggiata, si è rivelato una lettura sorprendente, spiazzante e molto, molto apprezzata, nonostante la sua parentela con Lovecraft sia molto più sottile e obliqua di quanto potessi immaginare.
Il protagonista di Dagon è un giovane pastore metodista, Peter Leland, in periodo sabbatico per terminare un saggio nel quale confluiscono la passione per lo studio degli antichi manoscritti e una fede religiosa venata di puritanesimo. L’inaspettata eredità della fattoria dei nonni, situata tra le montagne del Nord Carolina, offre a lui un rifugio tranquillo e alla moglie Sheila una vacanza. L’incontro con la vecchia casa, nella quale aveva vissuto poco tempo da bambino, porta a galla vecchi ricordi e una sensazione di inquietudine… i dintorni della casa hanno qualcosa di indefinitamente disturbante:
Il trifoglio cresceva giallo e stentato per colpa della cuscuta parassita che gli succhiava la linfa […] Gli sembrava quasi che in quel campo così sofferente avrebbe potuto trovarsi a pestare chissà quali orrori.
Introverso e sottilmente autodistruttivo, Leland sente gravare su di sé un’ombra mortifera che da un lato lo spinge a compiere colpi di testa, dall’altro gli dona una vena di rigido puritanesimo. Il pastore vive con fatica il dovere di guidare la sua piccola congregazione, ma la consapevolezza della propria fragilità lo rende tollerante con le debolezze dei parrocchiani. L’oggetto del suo saggio è la sopravvivenza nei secoli del culto pagano di Dagon, il dio-pesce semitico simbolo della fertilità. Peter è convinto che il culto ancora sopravviva segretamente in America, intrecciato alla cultura commerciale e all’orgia consumistica del presente.
Poco dopo il loro arrivo, i due coniugi incontrano Ed Morgan, un fittavolo dei nonni che pare conoscere bene i segreti della famiglia e che si impone da subito con allusioni a particolari scabrosi. Morgan porta Peter nella sua casa, poco più di una baracca:
Lui entrò. All’inizio non riuscì a respirare. L’aria all’interno era calda e densa, sembrava quasi che si appiccicasse ai capelli e alla pelle. […] Dal soffitto pendevano due strisce di carta moschicida marrone, ormai perfettamente inutili. Le fastidiose creature brulicavano ovunque …
Qui l’uomo gli presenta la figlia Mina, una strana ragazza che suscita nel pastore forti emozioni contrastanti.
Quel volto senza naso tanto era piccolo e piatto, schiacciato sulla faccia della ragazza come se fosse stato cera. Anche il corpo […] squadrato e senza curve, sembrava compiacente come la pietra, pervaso da una gran calma e capace di infinite attese […]
La ragazza, forse quindicenne o forse già donna, esercita su di lui un fascino repulsivo e invincibile, come quello di un serpente, è spiccia, sgradevole, allusiva, e quando gli dice “sei così attraente che potrei mangiarti tutto. Scommetto che ci riuscirei”, con una voce “suadente, densa come il cotone”, il lettore è già pronto a prenderla in parola.
Dopo il primo incontro, Peter diviene sempre più ossessionato sia dalla casa – nella quale trova tracce inquietanti della malattia, probabilmente mentale, del padre – sia dalla ragazza, della quale diventa succube. La sua permanenza nella fattoria termina con l’assassinio, compiuto come in sogno, di Sheila; il resto del romanzo, vissuto nella squallida abitazione della ragazza, è un lento sprofondare nella distruzione e nella perdita della propria dignità e integrità fisica.
La vita di Leland si restringe sempre più, ha un orizzonte corto e scandito dai dolorosi, paurosi incontri sessuali con la ragazza, dalle sedute di tatuaggio che Mina e un suo amico gli impongono e dalle ore trascorse a bere il liquore fortissimo che la ragazza gli procura. È una caduta all’inferno, ma anche un progressivo distillarsi dell’umanità residua di Leland, un viaggio verso il basso ma anche all’interno di se stesso.
Testo angoscioso ma ipnotico, Dagon è un romanzo dalla prosa ricca e precisa, che ha fin dalle prime pagine un impatto straniante sul lettore: mi aspettavo una sorta di calco di Lovecraft e mi sono trovata a leggere non solo un prosatore efficace ma un poeta. Chappell (1936 – vivente), infatti, è forse più noto per i suoi premiati volumi di poesie; ha scritto romanzi e racconti fantastici intrisi di quella che i critici definiscono la tradizione del Gotico del Sud, il Southern Gothic. Dagon, scritto nel 1968 (Anche se Urania indica soltant ola riedizione del 1986), è stato definito “Miglior libro straniero dell’anno” dall’Accademia francese; il testo ha parentele sia con i lavori di Hawthorne perché esplora il peso del passato puritano dell’America, sia con l’opera di Melville perché riflette sul contrasto tra volontà e desideri e sulla degradazione umana. Ovviamente è anche indebitato con le storie d’orrore di Poe e di Lovecraft.
Durante un’intervista del 19901 Chappell affermò che Dagon era stato “il libro più difficile da scrivere per un certo numero di ragioni” citando in particolare la presenza del soprannaturale e le caratteristiche allegoriche del testo. E sulla genesi dell’opera spiegò che “voleva essere una metafisica della pop art […] in cui le convenzioni sgargianti delle storie horror pulp dipingessero accuratamente i terrori della civiltà contemporanea”.
Sinceramente non riesco a comprendere la scelta di Mondadori di pubblicare Dagon nella collana “Urania horror” – il testo avrebbe meritato l’attenzione di Adelphi, forse, o di Einaudi, né tantomeno quella di appaiarlo con un testo assolutamente differente (e minore) come Il sentiero dei mille sospiri di Stefano Di Marino, un racconto lungo fortemente indebitato con le letterature di genere e il cinema dell’Estremo Oriente. Con questa scelta l’editore ha reso un pessimo servizio all’autore italiano (che, ovviamente, perde nel paragone con Chappell – con il quale, immagino, non avesse alcuna pretesa di confrontarsi), ai lettori (sia quelli che apprezzerebbero Chappell ma non andrebbero mai a cercarlo in Urania, sia quelli che apprezzando di Marino si ritrovano fra le mani un ingombrante e raffinato autore di Southern Gothic).
Dopo qualche ricerca sono infine arrivata a una pubblicazione di Dagon in un’antologia Mondadoriana del 1991, quindi a una riedizione a costo zero. L’ipotesi che Mondadori abbia appaiato i due testi esclusivamente per la lunghezza: troppo brevi da pubblicare da soli, diviene a questo punto immancabile. Mah.
Fred Chappell, Dagon, Mondadori, Urania Horror 1613, € 5,90, pp. totali 220
Trad. M. Arduini, contiene: Il sentiero dei mille sospiri di Stefano Arduino
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