Un libro dedicato all’imminenza di una guerra, quella del Vietnam. Forse la prima guerra che tutto il mondo abbia visto in diretta, la prima che abbia messo in discussione il diritto di una Nazione, anche se la più potente del pianeta, di ingerirsi nei conflitti altrui. La prima che abbia fatto schierare tutti insieme giovani di paesi ed esperienze lontane fra loro, una guerra rivissuta centinaia di volte nell’immaginario collettivo occidentale, attraverso film e romanzi e attraverso le gesta violente di alcuni veterani incapaci di riadattarsi alla vita normale. Tutto questo riesce a rievocare Tobias Wolff con Il colpevole (Einaudi 2002, ed. Orig 1984), un racconto lungo che non racconta la guerra ma la sua imminenza, non la violenza combattuta ma quella dei riti di passaggio, non l’amicizia ma la solidarietà imposta dal pericolo, ben tradotto da Angela Tranfo.
Un padre amorevole ma incapace di soffermarsi, che è sempre «passato da una cosa all’altra» e si lascerà indietro anche la famiglia. Una madre che imparava a tenere duro, a fingersi allegra, a nascondere le crisi. Un fratello minore di soli due anni, depresso e lontano, apparentemente incapace di sopportare la vita. Case abitate per poco tempo, giardini e gatti che già appartengono al passato, altri vicini… amicizie superficiali, l’università non terminata. Con questa dote Philip, ventenne, decide di arruolarsi nei marine. È il 1967.
Dopo il corso d’addestramento fra i paracadutisti, Philip e due suoi compagni sono destinati a una compagnia formata quasi esclusivamente di veterani del Vietnam. I vecchi disprezzano i nuovi, li ignorano: «Certe volte passavano giorni senza che nessuno mi rivolgesse la parola se non per darmi degli ordini».
Philip, Lewis e Hubbard non diventerebbero mai amici in condizioni normali, ma l’ostracismo sociale vince le loro resistenze e li costringe a una finzione di amicizia, cementata dalla breve esaltazione di un turno di guardia al deposito munizioni durante un incendio. Riscattati dal rito di iniziazione, i tre si illudono di essere finalmente adulti, ma presto le diversità, ingigantite dal pericolo della partenza imminente per il Vietnam li costringeranno a crescere davvero. Le loro vite saranno ben diverse da quelle che immaginavano: la diserzione per uno di loro, il congedo con infamia per un altro, una vita da «uomo coscienzioso, responsabile, e forse persino quel che si dice un brav’uomo» per il terzo. E probabilmente in tutti, lo stupore, l’incredulità per essere diventati così differenti da ciò che credevano, da ciò che volevano.
Ma ci sono momenti che mi ricordo di quel giorno e di come fu sentirsi un uomo avventato con degli amici avventati […] Tre uomini col fucile.
Grande racconto che rivelò nel 1985 l’autore di Nell’esercito del faraone e di Proprio quella notte. Un lampo, una fotografia fatta col flash del fascino e della retorica della guerra e del coraggio, di un universo ancora esclusivamente maschile che promette riti di passaggio e rapporti umani veri. Un mondo nel quale Philip e i suoi compagni sperano di trovare la forza per diventare adulti, senza comprendere che i veri riti di passaggio sono altri, fatti di tempo che trascorre, noia e routine, comodità acquistate a caro prezzo, occasioni perse, felicità troppo piccole e pochi ricordi importanti che forse sono soltanto ricordi fasulli.
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Tobias Wolff, Il colpevole
Einaudi Stile libero 2002, pp, 97, € 8,50, trad. Angela Tranfo
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