Nella mia non breve vita ho letto praticamente tutto ciò che è uscito in italiano di Jack Vance: Che, così a occhio, direi dovrebbero essere tra i trenta e i quaranta libri. Praticamente un intero piano della mia libreria dello studio. L’autore è scomparso di recente e con lui se n’è andato uno dei miei compagni di avventure, un benevolo e dispettoso Principe Demone, con il quale ero spesso filosoficamente, politicamente, esistenzialmente in disaccordo ma senza il quale vivere era più difficile. Mi è capitato, nella vita, di aver qualche amico molto di destra, per dire, ma questo comunque non mi ha mai impedito di amarli. È in questo modo – detto tra parentesi – che si capisce che cosa dev’essere costata la Resistenza.
Il Mondo di Durdane, uscì in lingua originale tra il 1971 e il 1973. Fu pubblicato in Italia dall’Editrice Nord nel 1976 con introduzione di Riccardo Valla a tutti e tre i volumetti, il primo tradotto da G. Staffilano e gli ultimi due da Roberta Rambelli. Piccolo particolare, nell’edizione originale il secondo e terzo volume contenevano un riassunto delle puntate precedenti scritto dall’autore e che l’edizione italiana puntualmente replicò traducendoli.
Complessivamente i tre volumi contano poco meno di 600 pagine in traduzione italiana, i relativi titoli sono Il mondo di Durdane [Anome], Il popolo di Durdane [The Brave Free Men] e Asutra [Asutra]. Piccolo particolare di interesse complessivamente scarso ma a suo modo rilevante, io posseggo un cofanetto dei tre volumi insieme, ciascuno dei quali risulta rilegato all’americana, ovvero con le pagine che si staccano e tendono ad andare alla deriva ognuna per conto suo. L’edizione originale, nella collana Argento, era viceversa cucita.
Protagonista di tutte e tre i volumi è Gastel Etzewane, un musicista – anzi un musicante – suonatore di Khitan, uno strumento a corde dotato di un collo, ovvero di una tastiera, e di un corpo. Lo so, a qualcuno probabilmente è venuta in mente una vecchia foto di Vance che suona un banjo… Ma il Khitan, per come viene descritto, parrebbe uno strumento un po’ più complesso e musicalmente più ricco. In ogni caso il nostro Gastel nasce in un cantone periferico del continente di Shant, diviso in due aree politiche, una governata dall’Anome, l’altra – Palasedra – dai Duchi Aquila. Più vasto, poco abitato e sostanzialmente selvaggio il secondo grande continente di Durdane, Caraz.
Il pianeta Durdane è stato colonizzato migliaia di anni fa da vari gruppi di persone che volevano sfuggire a una Terra troppo meccanizzata, e col passare dei secoli è diventato il regno di ogni sorta di comunità eccentriche.
Il nostro musicante, che non ha mai ricevuto il suo «torc» – un raffinato strumento di controllo personale e sociale, ovvero una piccola carica di esplosivo che può far saltare al testa se opportunamente azionata da una subalterno dell’Anome – dopo un’infanzia complicata nel mondo dei “bimbi puri chiliti” e un’apprendistato non facile tra i manovali della Pallonvia, giunge nella capitale in compagnia di Ifness, un misterioso terrestre. Da qui nasceranno le sue complicate e divertenti avventure.
Il romanzo procede brillantemente nei primi due volumi, segnando un po’ il passo nel terzo, ma si tratta ovviamente di un parere personalissimo. Di davvero interessanti ci sono alcuni aspetti del romanzo che merita sottolineare, anche perché ci permettono di comprendere la visione del mondo dell’autore:
– I bimbi puri chiliti, un gruppo di puritani fissati con la contaminazione che viene dal principio femminile, anche se nascostamente dediti alla pedofilia. Difficile trovare qualcosa di altrettanto ironico, crudele e rivelatore verso una pratica religiosa.
– Il Torc: senza torc non si può trovare lavoro ma con il torc si diventa sudditi e non cittadini. Gastel non solo non lo indosserà ma farà l’impossibile per eliminarne l’uso.
– I rogushkoi: ferocissimi assassini e violatori, alti due metri e mezzo e non più svegli di un Orchetto, ma rossi, molto rossi, reds ; )
– L’Anome: il potere politico ignoto. Ognuno può essere un Anome, ma il suo sistema è lento, poco efficace, facilmente permeabile a un’entità aliena.
– Gli Asutra: un esempio paradossale di parassiti parassitati.
– I duchi-aquila: molto seri, molto temibili, molto oscuri e poco avvicinabili. In tutto e per tutto Fantasy ma degnamente presenti anche in un romanzo di sf. Una piccola, deliziosa abitudine di Jack Vance.
Cosa desurmene da un simile insieme di particolari? Beh, che il nostro buon Vance era quantomeno poco ortodosso da un punto di vista religioso, ovvero che era un laico laicista, come si usa dire in questi tempi. Che diffidava del potere, in qualunque forma apparisse o si presentasse, che amava giocare con i temi classici della sf e che non disdegnava costruire entità chiaramente ripescate dal fantasy. E che, in generale, credeva tanto profondamente nella sf da non prenderla troppo sul serio.
Finisce il nostro incontro con John Holbrook Vance. Può essere interessante dedicare qualche altra riga in un’altra occasione alla sua estetica e della sua (mancanza di) etica. Per il momento invito chi mi legge a cercare la trilogia: è una buona lettura, molto meno banale di quanto possa apparire.
Jack Vance, Il Mondo di Durdane (cof.)
Editrice Nord 1976, [Euroclub 1980], pp. 176+160+178, trad. Gaetano Luigi Staffilano, Roberta Rambelli
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