Fondato nel 1984, l’Istituto di Santa Fe è una organizzazione non profit con fini educativi e di ricerca, dedicata allo studio della complessità, delle scienze emergenti e delle «scienze di nuovo tipo» (New Kind of Science), concentrandosi negli ultimi anni sui sistemi adattativi complessi. Per scienze di nuovo tipo non si intendono vere e proprie discipline, ma piuttosto un approccio, multidisciplinare e innovativo, a problemi classici. L’espressione New Kind of Science – NKS per indicare un approccio interdisciplinare e matematicamente intensivo alla ricerca, è stata formalizzata nel 2002 con la pubblicazione del colossale A New Kind osf Science, del matematico Stephan Wolfram, ma a Santa Fe facevano certe cose – o cose simili, ammesso che si possa procedere per somiglianza in un campo tanto innovativo ed eterogeneo – da molti anni. Dai primi anni Novanta, la Oxford University Press ha concluso un accordo con il Santa Fe Institute per la produzione e la distribuzione delle pubblicazioni del’istituto – atti di convegni, memorie, rendiconti, e volumi di interesse generale. La loro presenza sugli scaffali degli accademici continua a scarseggiare (vedremo più tardi perché), ma ci auguriamo che l’uscita di Esplorazioni evolutive per i tipi di Einaudi possa segnare una «scoperta», da parte del mondo accademico nostrano, non solo dell’Istituto, ma soprattutto dell’approccio alla ricerca di cui l’Istituto è portavoce. Esplorazioni evolutive, un «taccuino di appunti» del professor Stuart Kauffman (troppi titoli accademici per elencarli tutti) è l’edizione italiana di uno di questi volumi, uscito originariamente nel 2000. L’edizione è austera come si conviene, con i pochi grafici chiari e ben commentati, e offre una traduzione efficace e affidabile del testo originale – impresa non da poco vista la densità concettuale del volume. Perché, se proprio vogliamo trovare un difetto a Esplorazioni evolutive (a parte il prezzo proibitivo, considerando che parliamo di un brossurato destinato a stropicciarsi malamente per un uso intensivo), dobbiamo ammettere che di sicuro non si tratta di una lettura leggera. Il che non vuol dire che Kauffman non riesca a infondere una notevole lievità al proprio discorso; piuttosto, il lettore curioso farà bene a tener presente che questo è un testo specialistico, e che se di divulgazione si tratta, certo è una divulgazione che, per dirla con la quarta di copertina, «si situa nel settore di punta dell’avanguardia».
Divulgazione per addetti ai lavori.
Determinare chi siano gli addetti ai lavori è naturalmente un altro paio di maniche.
Il volume parte dal semplice concetto matematico/biologico di «agente autonomo» per esplorare due questioni centrali nella scienza contemporanea – da una parte, come la materia inerte possa sviluppare caratteri di autoreplicazione, e dall’altra come dalla complessità possano emergere non solo organismi diversificati, ma anche fenomeni di difficile comprensione quali il pensiero, la coscienza, la consapevolezza. In altre parole come nasce e come si sviluppa la vita, come nasce e come si sviluppa la coscienza, sulla Terra o in qualunque luogo del nostro universo che sia in grado di supportarla.
Nel corso di questa «esplorazione», Kauffman chiama a raccolta la biologia e la matematica, la fisica classica e la fisica quantistica, la semantica e l’ecologia. Il lavoro di Kauffman si svolge nel campo di intersezione di queste materie eterogenee, ed è un valido esempio dello stile del Santa Fe Institute alla ricerca. L’approccio è lucido, ordinato, multidisciplinare. Solo in alcune ripetizioni si può riscontrare l’originaria struttura «a taccuino» del testo. La logica delle posizioni dell’autore è ferrea, la sua cultura colossale e apparentemente senza limiti. La complessità delle forme primitive richiede comunque azioni catalitiche ben definite? Kauffman ha sulla punta delle dita lo stato dell’arte nella ricerca su DNA e RNA, e non manca di rivolgersi alla chimica fisica per risolvere i problemi della biologia. La scienza dei sistemi emergenti richiede una Quarta legge della Termodinamica per poter funzionare? Kauffman ne elabora un modello, ne deriva quattro possibili implementazioni, e le discute, cercando punti deboli e contraddizioni, esplorando il cosiddetto «margine del caos». Dobbiamo spiegare come si propaga l’organizzazione? Kauffman non esita a fare ricorso al linguaggio dell’informatica. E nel campo delle attività umane? Kauffman traccia paralleli fra ecosfere ed econosfere, fra consumatori primari e consumatori industriali, fra natura e società. Il risultato è esilarante – come è esilarante trovarsi sulle vette, dove l’aria è più rarefatta, o come ci si sente quando l’ottovolante inizia la sua corsa a precipizio – prima di essere convincente. È questa immagine di scienza totale, senza barriere stabili fra materie, nelle quali il fisico quantistico, il biologo e il matematico (e perché no, il linguista) dialogano alla pari, confrontando ipotesi e soluzioni, costruendo modelli, la grande forza dell’approccio di Kaufman e dei suoi colleghi dell’Istituto di Santa Fe. È un approccio che non potrà che andare diffondendosi a livello istituzionale, poiché problemi complessi (e complessi sono i problemi che la nostra civiltà sarà presto costretta ad affrontare) richiedono soluzioni complesse, ormai al di fuori dell’ambito di una sola disciplina tradizionale. L’interdisciplinarità spinta all’estremo è anche la radice della scarsa diffusione delle pubblicazioni di questi gentiluomini fra il pubblico accademico nostrano.
La nostra università – quali che siano i suoi meriti – tende normalmente a penalizzare l’approccio interdisciplinare, e al contempo lascia poco spazio a quei ricercatori che, a fatica, abbiano riunito in sé competenze provenienti da campi eterogenei, facendole convergere su progetti di ricerca che la struttura, molto spesso, si rifiuta semplicemente di valutare. È difficile pronosticare un successo per il bel volume di Kauffman. Troppo tecnico per il lettore curioso di scienza, troppo pericoloso per gli addetti ai lavori, semplicemente inutile per gli studenti che vogliano intascare un trenta con poco sforzo. Lo leggeranno in pochi, che dovranno mettersi di buona volontà per apprezzarne le numerose sfaccettature. Quei pochi ne ricaveranno un grande stimolo, e forse un paio di titoli per futuri dottorati di ricerca. Fra vent’anni sarà un classico nel campo di almeno tre scienze che oggi non hanno ancora un nome, ma nessuno, qui da noi, avrà avuto un «buon motivo» per ricordarlo.
Stuart Kauffman, Esplorazioni evolutive
Einaudi Biblioteca 2005, ed. or. 2000, pp. 377, € 27,50 curatore Telmo Pievani, trad. Silvio Ferraresi
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