Fuori davanti alla porta e racconti scelti di Wolfgang Borchert, Allemandi, 2001, trad. di Roberto Rizzo, raccoglie i principali testi di un autore tedesco tra i più intensi e potenti del periodo bellico e dell’immediato dopoguerra, morto a 26 anni dopo essere stato sul fronte russo e aver trascorso diversi mesi nel carcere militare a causa dell’opposizione al regime e al partito nazionalsocialista. Un’opposizione personale, quasi prepolitica, basata sull’intolleranza per le lugubri e mortificanti pratiche dell’ubbidienza cieca e sulla tendenza irrefrenabile a giudicare ridicola la liturgia nazista. L’opposizione di un vero artista: naturale come il respiro e destinata a essere duramente colpita. A causa degli stenti subiti al fronte e nel periodo di prigionia Borchert sopravvisse soltanto due anni alla fine del conflitto. La sua intera produzione artistica si realizzò in quel breve periodo.
L’antologia presenta tre gruppi di racconti organizzati in Racconti della neve, ambientati sul fronte russo, Racconti del Carcere e Racconti delle macerie. Ad aprire l’antologia una raccolta di disegni dell’autore, a chiuderla il dramma Fuori davanti alla porta, ovvero «un dramma che nessun teatro vorrà rappresentare e nessun pubblico vorrà vedere».
Due gli stati d’animo che ritornano ossessivamente nei testi di Borchert: lo smarrimento e la coscienza della morte. Formano l’ossatura dei racconti ambientati nell’inverno russo, brevi storie di soldati costretti a vestire la divisa e a combattere prima di tutto con se stessi, ritornano nei racconti dalla prigione, a esprimere l’isolamento, la sensazione di essere dimenticati, l’incapacità di trovare un punto di contatto persino con i compagni di prigionia. E formano il tessuto delle piccole storie dell’immediato dopoguerra in patria, quando nessuno ha voglia di ricordare e tutti sono rassegnati ad andare alla deriva con il proprio bagaglio di convinzioni, ricordi, illusioni ormai senza più alcun valore. Sono racconti brevi, scritti con uno stile nervoso, ansimante, caratteristico. Borchert, che prima dell’esperienza militare era stato poeta – sia pure poeta immaturo e poco originale – fa comunque tesoro dell’esperienza poetica (che si avverte anche attraverso il filtro della traduzione) nella scelta accorta delle ripetizioni, nelle frasi che procedono a scatti, che non si distaccano mai dalla frase precedente a esprimere riluttanza o incredulità e poi scattano come trappole, nette come sentenze.
Luoghi, ambienti sono raccontati per brevissimi cenni, i personaggi resi semplici voci. Non esiste la necessità di distinguere, di raccontare il passato né tantomeno il futuro: tutti vivono lo stesso minuto, dilatato per mesi e anni, senza speranza né ricordi, ridotti all’estremo della propria umanità, lo sguardo assente e le parole pronunciate per sfida o per disperazione.
Difficile trovare altri autori che abbiano saputo raccontare con tale acuminata disperazione la sensazione di impotenza e di fatalità che accompagna innocenti e colpevoli nei giorni della guerra.
Noi siamo la generazione senza legami e senza profondità. La nostra profondità è l’abisso. […] Noi siamo una generazione senza ritorno, perché non abbiamo nulla cui poter ritornare.
Curatore e traduttore dei testi è Roberto Rizzo che forse non casualmente è stato anche traduttore di Georg Büchner, autore (morto ventenne) di Woyzek, ovvero una delle opere più nettamente e rabbiosamente antimilitariste della letteratura occidentale.
Wolfgang Borchert, Fuori davanti alla porta e altri racconti scelti
Allemandi 2001, pp. 272, trad. Roberto Rizzo
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