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    Golem · Biblioteca

    Un’estrema solitudine

    • di Massimo Citi
    • Aprile 16, 2014 a 4:33 pm
    biblioteca1

    Biblioteca. I libri ritrovati

    Werner Heisemberg è un personaggio molto meno popolare di Albert Einstein, un uomo compromesso, una figura di scienziato meno limpida e decisamente meno suggestiva. Ma nonostante quest’ombra il Principio di Indeterminazione che porta il suo nome ha profondamente inciso sul concetto di Scienza, traghettandola dal meccanicismo di Laplace (« … se si conosce l’esatta posizione e velocità di una particella in un istante dato., è possibile calcolarne l’esatta posizione e velocità in tutti i momenti successivi» ) alla meccanica quantistica (« … dal momento che non si possono conoscere con assoluta esattezza sia la posizione sia la velocità iniziali, si può calcolare solo un intervallo di possibilità per la posizione e la velocità dell’elettrone in ogni istante futuro…») Ciò che prospettarono Heisemberg e Bohr, in breve, fu l’esistenza di un limite sia alla causalità che alla possibilità, per i fisici, di “fare il proprio lavoro”. É curioso leggere che Einstein, per il quale «Egli non gioca a dadi col mondo» all’intepretazione di Copenhagen di Heisemberg, Bohr e Pauli, reagì con l’articolo EPR del 1935, nel quale sosteneva estrema solitudinel’incrollabile convinzione che « … esista una realtà fisica conoscibile la quale è indipendente dal fisico..», cioè l’esatto contrario di quanto sostenevano i teorici dell’Indeterminazione (« … Ogni osservazione compiuta da un fisico distrugge l’indipendenza del fenomeno osservato, impone all’esperimento la scelta soggettiva di uno schema descrittivo e introduce incertezze nelle misurazioni secondo le relazioni di indeterminazione»). Altrettanto curioso è apprendere della convinzione di Pauli « … che Einstein stia tenendo una posizione reazionaria...» , curioso soprattutto se proviamo a compararla con la convinzione comune di un Einstein intrinsecamente progressista che fa le boccacce al potere costituito.  In realtà ciò che emerse in quegli anni e in quelle discussioni, e che fedelmente ritroviamo narrato nella biografia di Cassidy, fu una questione etica mai apparsa prima con tanta evidenza nella storia della scienza. Ciò che preoccupava profondamente Einstein era il valore essenziale di un mondo perfettamente osservabile e quindi, in un certo qual modo, costruito su misura per l’uomo. La fisica quantistica, che sembrava trasformare l’osservazione in lotteria, urtava con questo assunto e, quindi, veniva a negare – per Einstein – le basi stesse della Scienza.  Ma fu solo la prima delle occasioni nelle quali gli scienziati furono chiamati a misurarsi con un problema apparentemente estraneo alla scienza. Pochi anni dopo l’esplosione della prima bomba atomica riproponeva in modo molto più pressante il problema delle basi etiche della conoscenza. Ma chi era Heisemberg? Cassidy ce ne racconta la vita, dall’infanzia felice alla gioventù attraversata dalla meteora della Repubblica dei Consigli di Baviera, alla rapida carriera nel mondo universitario di Weimar, fino ai tentativi, sotto il nazismo, di preservare il valore universale della Scienza in Germania, accettando anche ciò che non poteva essere accettato e approvando ciò che non poteva essere approvato. Apparentemente ambiguo, Heisemberg si rivela, in questa biografia, un tipo di scienziato geniale ma in certo qual modo comune. Comune nel suo tentativo di sfuggire ai condizionamenti del potere politico cercando di non schierarsi mai apertamente, comune nella sua convinzione che la Scienza (come l’Arte) incarnasse un grado ulteriore di civiltà e conoscenza e che, come tale, dovesse essere difesa e continuata nonostante gli eventi storici. Heisemberg, anche quando venne messo sotto inchiesta dalle SS con l’accusa di praticare una Fisica Giudaica, contrapposta alla Fisica Tedesca sostenuta da Stark e da Lenard,. si rifiutò di fuggire all’estero per « … rimanere al suo posto a difendere la scienza in patria…» (che confuso e disperato identificava ormai con se stesso). Vittorioso nell’inchiesta delle SS venne messo a capo del progetto di ricerca sull’energia atomica. Il gruppo di fisici da lui diretto, tuttavia, fallì, anche solo nel progetto, relativamente modesto, di costruire un motore atomico per gli U-Boot. Nel dopoguerra Heisemberg e gli altri scienziati coinvolti nel progetto di costruzione dell’Atomica tedesca tentarono di accreditare la tesi di Carl Friedrich Von Weiszäcker, il suo più stretto collaboratore: « … Credo che non la costruimmo perché tutti i fisici erano contrari per ragioni di principio. Se avessimo voluto che la Germania vincesse la guerra, l’avremmo costruita.» Per il fisico americano Samuel Goudsmit, autore della monografia Alsos, in realtà i fisici tedeschi furono nell’impossibilità di costruire la Bomba perché l’ambiente scientifico tedesco, prima decimato poi strettamente controllato dai nazisti, era fatalmente

    Werner Heisenberg

    destinato a rimanere in ritardo rispetto a quello dei paesi occidentali democratici. Quanto vi fosse di propaganda anticomunista in Alsos, con il suo porre l’accento sulla libertà della ricerca, è dato solo sospettarlo. Comunque è indubbio che alla base del fallimento di Heisemberg e dei suoi vi fu una evidente sottovalutazione dei problemi strettamente tecnici, come la convinzione, ormai illusoria, della supremazia della fisica tedesca. Il Werner Heisemberg che appare nel libro di Cassidy è un uomo ambizioso e intelligente, oppresso da un senso di responsabilità nei confronti della Patria (che non riuscì mai, come molti altri tedeschi, a scindere dal regime nazista) che gli impedì, nei momenti più tragici, di reagire attivamente alla dittatura. Come lui stesso ammette, Heisemberg era profondamente intriso di filosofia platonica e quando la realtà lo tallonava troppo da vicino trovava rifugio esclusivamente nel lavoro, ovvero nella solitudine inebriante della fisica superiore. Di questo libro se ne è parlato davvero poco, sono apparse poche recensioni, per lo più superficiali e insoddisfacenti. Eppure si tratta di un testo importante per riflettere sui meccanismi della ricerca scientifica, per cogliere come la Scienza, in quanto attività culturale umana, è frutto di una concezione ampia del mondo, ed è, in un certo senso, figlia dei suoi tempi e della visione del mondo di chi la pratica. Probabilmente è stata quest’ombra di eterodossia – blasfema per l’ambiente scientifico – insieme allo scarso appeal umano di Heisemberg, a sancire l’insufficiente fortuna del libro. In quanto al Principio di Indeterminazione, siamo testimoni della sua estrema vitalità e della quantità di riflessioni sulla natura della realtà che esso tuttora suscita e non solo in campo scientifico. La possibilità anche solo teorica di prevedere e predeterminare o meno comportamenti e fenomeni resta al centro della discussione teorica in campo scientifico e filosofico (basti pensare a nuove discipline come l’ecologia o la fisica del caos) e ci accompagnerà anche per il prossimo millennio.

    David Cassidy, Un’estrema solitudine. La vita e l’opera di Werner Heisemberg
    Bollati Boringhieri pp. 583 + 138 (app.), trad. L. Sosio

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