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    TerraNova

    Una strana coppia di immorti

    • di Silvia Treves
    • Luglio 20, 2014 a 6:36 pm

    undeath

    Che quella dell’immorto non sia propriamente una condizione invidiabile l’avevo intuito leggendo Dracula: le stupide superstizioni dei mortali e soprattutto le regole cervellotiche stabilite dagli inventori del canone vampirico rendono grama un’esistenza fin troppo lunga… la dieta è monotona e spiacevole, in cambio di un po’ di vita notturna si rinuncia per sempre alle passeggiate in centro e ai week end al mare, non ci si può specchiare nemmeno per controllare il nodo alla cravatta e dover poltrire dall’alba al tramonto è davvero troppo. Prigionieri di assurde convenzioni, gli immorti sono la disperazione di qualunque padrone di casa, nonostante la loro eleganza e il loro aspetto glamour: alle feste non danno nemmeno un’occhiata al buffet, se ne scappano prima dell’alba, quando l’atmosfera si è appena riscaldata, non si concedono a piaceri condivisibili come una sbornia fra amici, una canna in gruppo. Certo, resta sempre il sesso, ma nessuno dotato di un filo di buon senso inviterebbe un vampiro a un’orgia! E non mettono piede in casa se non dopo lunghe insistenze: «La prego, Conte, io desidero che lei entri!»
    Gli immorti dei due romanzi che seguono non fanno eccezione. Poveretti, ce la mettono tutta per sembrare «normali» ma non c’è niente da fare, i mortali li fiutano da lontano, si insospettiscono delle loro piccole stranezze e li perseguitano. Eh sì, la convivenza con quei diffidenti degli umani è proprio difficile!

    nell'abisso

    Nell’abisso di Wolfgang Hohlbein è il primo libro del ciclo Le Cronache degli immortali, costituito anche da Il Vampiro, Il Duello, La Caduta, Il Ritorno, La Contessa. Il romanzo si svolge in Transilvania e comincia in maniera abbastanza intrigante, con il ritorno a casa di Andrej Delãny, un cavaliere che torna al paese dopo la morte della moglie e della figlioletta per rivedere il primogenito, affidato ai parenti anni prima. Fin dalle prime pagine si capisce che Andrej è una brava persona, onesta, intelligente e con gran senso della famiglia; purtroppo ha alcune peculiarità che attirano l’attenzione: è uno schermidore abilissimo e guarisce in un batter d’occhio da qualunque ferita ricevuta, anche le più gravi, ed è in grado di acquisire la forza vitale dei nemici uccisi, una pratica alla quale, a onor del vero, non ricorre quasi mai. Anche molti dei Delãny restati al paesello hanno questi piccoli talenti, ma i vicini non li apprezzano affatto…
    Insomma, Andrej non abusa dei propri talenti e spesso li considera una croce da portare. Eppure non ha molti amici, poveraccio, forse perché è uno che «porta male»: la madre è stata lapidata, il patrigno è morto in un agguato, la moglie è morta partorendo la figlia, morta anche lei e, quando giunge al paese, tutti i suoi parenti – figlio compreso – sono appena stati trucidati da certi «cavalieri dorati» al servizio di un perfido inquisitore… In compagnia del giovanissimo Frederic, unico sopravvissuto al massacro, Andrej insegue i cavalieri dorati tirandosi dietro la sua aura di menagramo: mezz’ora dopo che sono giunti in una locanda, confusi tra altri viaggiatori, arrivano i cavalieri dorati e mandano la cena di traverso a tutti seminando morte e distruzione; dei due amici che i Delãny si erano appena fatti uno finisce subito ammazzato…
    Tra un combattimento e una discussione (Frederic è un tipo veramente snervante) due arrivano a Constãntã, la città più grande della regione; qui la storia si fa intricata e si arricchisce di personaggi: delinquenti e mercanti, guerrieri e politici, il Duca di Constãntã, l’Inquisitore e la sua bellissima sorella che fa la gattona con il vedovo Andrej… Per trecento pagine Andrej affronta pericoli, si fa fregare da gente più furba che lo usa per scopi misteriosi, si ritrova a propria insaputa prima alleato, poi nemico, poi di nuovo alleato del Duca e di altri potenti e scopre su se stesso cose che ignorava e che forse avrebbe preferito non sapere. Come in ogni ciclo che si rispetti il finale è aperto, una tregua momentanea nella difficile vita de povero Immortale.

    Wolfgang Hohlbein

    Wolfgang Hohlbein

    Devo riconoscere che la storia non è male e che scegliere un’Immortale quasi ordinario e inconsapevole della propria natura è stata una buona idea; Nell’abisso concede sufficiente spazio all’introspezione e alla descrizione storica, insomma ha tutti gli ingredienti giusti. Per la verità ne ha anche diversi in più, a cominciare da una cura esasperante del realismo dei duelli: nessuna sciatteria tipo: «con la sinistra parò il colpo, con la destra menò un fendente, contemporaneamente ferì l’avversario al fianco e gli assestò una botta in testa»; oh, no! Hohlbein descrive i duelli di Andrej inesorabilmente, per decine e decine di righe, fino all’ultima mossa: attacchi, parate, risposte, stoccate, piroette, allunghi e flèche. Purtroppo il risultato è identico: interesse iniziale, calo di attenzione, un gran mal di testa e domanda finale: «ma quante braccia ha un Delãny?».
    E i dettagli non si limitano alla scherma, Andrej si interroga, si scruta, studia parenti, amici e nemici, riflette, si rimprovera e, chissà perché, capisce solo quando è troppo tardi. Peccato. Sarei tentata di dare un’ulteriore possibilità a Hohlbein, un signore simpatico, famoso soprattutto in Germania per aver scritto insieme alla moglie oltre 160 romanzi fantastici per lettori giovani e adulti e alcune novelle su Indiana Jones.
    Intanto ho pensato di prendere lezioni di scimitarra (l’arma preferita di Andrej). I fondamentali li conosco già.

    voci di mezzanotte

    Fortunatamente esistono Immorti molto meno angosciati di Andrej Delãny, gente discreta e tranquilla, che sa godersi la lunghissima vita che gli è toccata in sorte. Gente perfettamente integrata nella nostra società, che – come tantissimi di noi – non si fa troppe domande sul destino e gli scopi ultimi dell’esistenza, bon vivants gentili, simpatici, ospitali, che ognuno si augurerebbe come vicini. Non ci credete? Nemmeno Caroline Evans, la protagonista di Voci di Mezzanotte di John Saul, ci credeva.
    Anche Caroline è una persona come tante: una vedova ancora giovane che deve mantenere i due figli – Rayan di dieci anni e Laurie di tredici – e permettere loro di continuare gli studi. Fino a poco prima le cose per la famiglia andavano bene, non c’erano preoccupazioni in vista. Poi Brad è stato ucciso da uno sconosciuto mentre correva di sera al Central Parc e tutto è cambiato: il lavoro part time di Caroline non le consente di mantenere il tenore di vita precedente e le preoccupazioni si sommano alla solitudine. Poi, un giorno, mentre Caroline osserva Rayan che gioca a baseball, una anziana, elegante signora si siede sulla sua panchina e inizia a chiacchierare. Parole senza importanza, naturalmente, quelle che si scambiano due sconosciute. Ma Irene Delamond, che forse è una fata buona in incognito le presenta l’affascinante Anthony Fleming che ha perso da poco la moglie. Grazie alle occasioni d’incontro create da Irene, Caroline trova in Anthony un compagno sensibile, comprensivo, disposto ad attendere che lei venga a patti con il ricordo di Brad e le responsabilità verso i figli. In pochi mesi l’intimità tra Caroline e Anthony cresce fino a che i due decidono di sposarsi. Andranno a vivere nel prestigioso palazzo dove Anthony ha un grande appartamento. Il Rockwell è una costruzione leggendaria, grandiosa e cupa, antica secondo lo standard newyorkese, che incuriosisce Laurie ma terrorizza Rayan al quale i compagni hanno raccontato storie terribili di streghe e vampiri…
    Dopo lo splendido viaggio di nozze la nuova famiglia si stabilisce al Rockwell. L’appartamento di Anthony è enorme, signorile, pieno di oggetti antichi che ai ragazzi – e talvolta anche a Caroline – sembrano soprattutto vecchi e opprimenti. Per la verità quell’atmosfera di vecchiaia e decadenza si respira in tutto il Rockwell, probabilmente perché tutti gli inquilini del palazzo – tranne poche eccezioni – sono molto anziani. Però sono molto signorili anche loro: un naturopata di chiara fama, un’attrice un tempo molto famosa e sua sorella, lo stesso Anthony che si occupa di finanza. L’unica persona giovane, a parte la famiglia Fleming, è la piccola Rebecca, una ragazzina adottata da una coppia di coniugi molto perbene. Sfortunatamente la bambina è cagionevolissima di salute; le brutte esperienze vissute in precedenza l’hanno sfinita, è vero, ma ormai, grazie alle amorevoli cure dai nuovi genitori dovrebbe essersi rimessa. Per Andrea, l’assistente sociale amica di Caroline che segue Rebecca, la sua salute è un chiodo fisso, una mania. È convinta che l’atmosfera vetusta e cupa del palazzo abbia un pessimo effetto sulla bambina e che i genitori non siano così affidabili come sembrano, così è l’unica amica di Caroline a non essere contenta del suo ottimo matrimonio.
    Caroline è molto affezionata ad Andrea e rimane sconvolta quando la sua amica viene uccisa nel piccolo appartamento dove vive… Anche i figli le danno preoccupazioni: Rayan detesta Anthony fino all’odio e Laurie deperisce a vista d’occhio. Soffre di incubi, sente strane voci, ma naturalmente non c’è alcun senso in ciò che lei dice. Anthony è l’unica cosa buona che sia loro capitata dopo la morte di Brad, un amante sensuale e pieno di attenzioni, un patrigno affettuoso e responsabile, un vero tesoro. Come i vicini, del resto, sempre così disponibili, gentili con i bambini che per loro sono un soffio di giovinezza. Persino il vecchio Rockwell sembra giovarsene: da un po’ di tempo sembra più bello e meno cupo, come se avesse ritrovato un po’ dello splendore della giovinezza…

    JohnSaulauthorphoto2

    John Saul

    Solidamente costruito e scritto con abilità, Voci di Mezzanotte costituisce un’interessante variazione sul tema della casa infestata nella quale i destini dell’edificio e delle entità che lo infestano si fondono senza fratture con il mondo quotidiano che ben conosciamo. La mano esperta di John Saul, vecchia volpe della narrativa di genere, conduce saldamente la narrazione corteggiando horror e humour nero senza eccessi. Il ricorso a descrizioni splatter (inevitabile a causa delle peculiari esigenze degli Immortali) non è goffo e contenuto nei termini del buon gusto. Una lettura avvincente (tradotta decorosamente con qualche sciatteria) che tiene compagnia per qualche sera e che regala buone pagine e un protagonista davvero notevole come il Rockwell:

    Descriverla non era facile, ma Caroline pensò che chi l’aveva soprannominata «Il grande vecchio bastardo di Central Park West» non aveva tutti i torti. C’erano elementi praticamente di ogni stile precedente al Ventesimo secolo. Le torri più alte e i parapetti erano in stile gotico, mentre sull’angolo delle 70a c’era un minareto dorato che sembrava provenire direttamente dalla cattedrale di San Basilio di Mosca. Oltre alle torri, i parapetti, il minareto, c’era una giungla di elementi, alcuni vagamente normanni, altri elisabettiani, con alcuni tocchi mediterranei nelle terrazze che sovrastavano il parco. L’impressione generale era quella del castello delle favole catapultato per errore nel bel mezzo della più grande città del mondo.

    Ho cercato in Internet. A New York c’è un famoso museo dedicato a Norman Rockwell, il pittore. Ci sono un ristorante e una scuola elementare; diversi politici newyorkesi del passato portavano quel cognome. Seguendolo sono finita in diversi blog e perfino, ahimè, nel sito dell’American Nazi Party. Purtroppo non ho trovato traccia dell’edificio. Peccato. A suo modo il Rockwell è grandioso, mi piacerebbe visitarlo, forse anche viverci, per un po’.
    Il buon senso e l’intuito mi sconsigliano di farlo, ma ascoltare il buon senso non è mai stato il mio forte. E nemmeno quello di Caroline.

    .
    Wolfgang Hohlbein, Nell’abisso
    Nord 2005, ed. or. 1999, pp. 291, € 16,50, Trad. Sergio Vicini

    John Saul, Voci di Mezzanotte
    Baldini Castoldi Dalai 2005, ed. or. 2002, pp. 391, € 18,60, trad. Stefano Valenti

     

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