Figli, padri e madri, nonni, zii e zie: i personaggi delle storie di Su Tong sono contraddistinti da gradi di parentela, più che da precisi ruoli sociali. Gente umile, operai, contadini, gente di campagna, legata alla terra e alle stagioni, che vive ogni evento politico come una calamità, uniti da un’istintiva diffidenza verso tutto ciò che proviene dai potenti, siano essi gli invasori giapponesi dell’ultima guerra o i burocrati della rivoluzione.
Ignoranti ma non ingenui, talvolta mossi dal miraggio di qualche “buon affare”, che ha il significato di un riscatto da un lavoro che assomiglia a una condanna a vita, quasi sempre sconfitti o umiliati, vittime di chi si sa muovere con maggior talento e maggiore conoscenza di causa nei gradi più bassi dell’amministrazione comunista.
Hua Jindou, il protagonista di Spiriti senza pace, è un modesto operaio di una piccola fabbrica alla periferia di una grande città nella Cina degli anni ’80. Reagisce al suicidio della moglie, anche lei operaia nella stessa impresa, con un gesto folle, incendiando il magazzino della fabbrica. Processato e condannato si suicida a sua volta lasciando la famiglia senza risorse, affidata alle cure della sorella nubile.
Ma, quasi a ribadire che Hua Jindou è un signor nessuno, le burocrazie celesti dimenticano di assegnarli una destinazione lasciandolo a vagare nei cieli, sospeso tra inferno e paradiso.
Così a Hua non resta che seguire i destini dei figli e della sorella senza più nessuna possibilità di intervenire. Il problema è che la condizione di spirito non ha donato al protagonista alcuna dote ulteriore: egli non è chiaroveggente né ha acquistato la capacità di penetrare le intenzioni dei vivi. Il suo punto di vista rimane quello di un operaio cinese di scarsi mezzi culturali, carico di tutti i pregiudizi tipici di una società rurale. Il suo orgoglio, l’unico figlio maschio, Duhu, rivela ben presto la sua omosessualità, deludendo profondamente il padre-spirito che lo sognava degno continuatore del suo nome. In quanto alle quattro figlie femmine e alla sorella, le loro vite corrono sullo stesso binario malinconico di quelle di tante altre donne che le hanno precedute, tra aborti che terminano in tragedia, amori seguiti da matrimoni infelici, connubi basati su piccole e grandi convenienze.
A raccontare, recriminare, tentare costantemente di intervenire Hua Jindou, spirito imbottigliato tra cielo e terra che, esattamente come nel corso della vita, sembra assolutamente incapace di farsi una ragione di quanto avviene.
Ma non è un romanzo triste, Spiriti senza pace, anzi. Più volte nel corso della lettura si ride degli equivoci nati dalla mancanza di immaginazione del protagonista, si sorride dei suoi pregiudizi e delle sue goffe ansie da genitore-fantasma, si assiste e si partecipa con emozione, esattamente come capita a lui, alle tante sfortune e alle poche gioie della sua famiglia.
Ma per Hua persino la morte finisce per essere l’ennesima incertezza, dopo una vita fatta di speranze deluse e di attese di un domani migliore. Per il lettore diventa così inevitabile cogliere il gusto profondamente amaro del romanzo, sia pure offerto con semplicità e grazia,
Su Tong
Spiriti senza pace
Feltrinelli i Narratori, 2000
pp. 240, € 15,49
Trad. Rosa Lombardi
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