Andrea De Carlo
Giro di vento
Bompiani
€ 16,00
La chiave del romanzo, Giro di vento, è nell’ultima pagina in cui è scritto che «questo libro è stampato su carta riciclata». Ma procediamo con ordine e, sfogliandolo a ritroso, torniamo all’inizio. Sulla copertina una fotografia di un paesaggio, colline verdi sotto un cielo grigio, scattata da Andrea De Carlo. Sulla quarta di copertina Andrea De Carlo ritratto con un ombrello rosso aperto, mentre guarda un cielo, presumibilmente piovoso. Sulla terza di copertina sopra le indicazioni biografiche altra foto a colori di Andrea De Carlo. Il lettore non può avere dubbi su chi sia l’autore del libro.
Giro di vento vede protagonisti quattro amici che vogliono dare nuova vita al loro rapporto, riportarlo ai tempi dell’università. Ora sono tutti professionisti di successo e per riunirli non è necessario il funerale di un amico come in The Big Chill di Lawrence Kasdan, ma l’acquisto di un casale in Umbria (si sa, il mattone è un buon investimento), dove trascorrere il tempo libero e riscoprire un’amicizia che pare perduta. Ad accompagnarli è un agente immobiliare, Alessio Cingaro, che nel primo capitolo del romanzo è alle prese con lampada UVA, sedie di design, televisore al plasma e computer in un intermezzo che sembra preso di peso da Bret Easton Ellis, ma la nota finale trasforma la scena. Non siamo in un loft di Manhattan e la mamma che si affaccia alla porta ce lo chiarisce in maniera inequivocabile: «Alessio, li mangi due fili di spaghetti prima di partire? Pomodoro e basilico, leggeri, leggeri?». Da Bret Easton Ellis ad Aldo Nove, et voilà.
I quattro amici sono Enrico Guardi, architetto, sposato con Luisa, che lavora in una casa editrice, Arturo Vannucci, che si occupa dell’azienda di famiglia e Margherita Novelli, conduttrice televisiva. Armati di cellulare iniziano il viaggio da Milano all’Umbria, dove si fermeranno per il week-end, dove si consumerà la rottura di un rapporto già sfilacciato.
De Carlo confeziona il romanzo mettendo insieme una serie di luoghi comuni che è difficile ritrovare tutti insieme in poche pagine. L’autore non usa solo carta riciclata, ma con una sorta di ecologia letteraria ricicla storie già sentite e lette. I suoi romanzi precedenti Pura vita e I veri nomi non possedevano una struttura molto solida, ma riuscivano a raccontare emozioni e idee, che qui, in questo Giro di vento, sono volate via prima di iniziare il romanzo.
Irascibili e fragili per la noia che li avvolge, gli interpreti della storia di De Carlo sono copie sbiadite di persone vere, che credo nessuno avrebbe desiderio di conoscere. Nella seconda di copertina (senza foto di De Carlo) si dice che questo romanzo «parla in modo estremamente diretto a tratti spietato e a tratti commosso di come siamo noi oggi». Il problema di frasi del genere è capire chi sono questi «noi». Personaggi di fiction televisive o di romanzi non riusciti difficilmente potranno rappresentare il tormento e la felicità di una persona qualunque e tanto meno riuscire in modo convincente a fare il ritratto a una generazione.
la versione integrale di questa recensione sul numero 33 di LN-LibriNuovi, in uscita il 18 marzo 2005