Non puoi perdertelo, dicevano le amiche. Due di quelle che leggono «bene». Non mi ero persa il primo, quel Catino di zinco che aveva svelato l’attrice Mazzantini per mostrarla scrittrice.
Al seguito non mi ero persa Manola, lasciandomi cullare da quel gioco del doppio che da sempre cattura autori e lettori. O almeno cattura me.
Non ti muovere invece sembrava respingermi. Dagli scaffali delle librerie nel corso dei mesi mi corteggiava senza riuscire ad abbattere una diffidenza ingiustificata.
Alla vigilia di un lungo viaggio ho ceduto all’entusiasmo di una delle due amiche.
Tutto ciò significa che ero prevenuta? Non so. So che potevo perdermelo, e che mi spiace, proprio perché amo la penna Margaret. Ma. Ma se ha un senso parlare di scrittura maschile e femminile, l’io narrante maschile odora di femmina a distanza. E penso che se solo fosse stata la madre a rovesciare i propri ricordi/rimorsi/rimpianti nel silenzio di Angela sotto i ferri del chirurgo, quanto l’avrei sentita più credibile…
Torno a sfogliare delle pagine a caso, m’intriga la scrittura, parole e frasi cesellate con perizia, fino a un prodotto terminato che profuma di artigianato prezioso. Alla penna Margaret invidio quella ricercatezza del linguaggio che non sa di snobismo ma di cura e attenzione, mentre dentro mi risuonano imperativi appresi chissà dove e chissà quando vagabondando sui lidi ostici della scrittura.
Show, don’t tell.
Era Chatman? O uno dei tanti guru sulle cui pagine ho cercato lumi? Ed ecco che cosa mi ha disturbato, più di tutto, adesso lo so, lo sento.
Non ti credo, Margaret. Nonostante la scrittura intrigante, nonostante l’accorto dosaggio di tutti gli elementi doc per una buona storia, il libro mi tiene a distanza. Esercizio di stile, mi verrebbe da dire.
Mi verrebbe da dire: e poi? È come se a questo dolore mancasse una verità. Ecco, è così che lo sento.
Lo hai letto in un momento sbagliato, dice una delle due amiche che me lo ha consigliato. Vuole assolvere me o la Mazzantini? Comunque può essere. Il che non toglie.
Non toglie la sensazione di vagamente patetico che quelle pagine mi lasciano addosso. Questo consegnare al silenzio una confessione inutile che ha il sapore di una espiazione tardiva, oltre che vagamente opportunista. Ti consegno il mio pentimento, ma non portarmi via mia figlia.
A chi questa preghiera? E ancora a chi l’invocazione che come filo di Arianna attraversa il libro, «non ti muovere», che ha il sapore e il peso di una preghiera sbagliata per il motivo giusto?
Margaret Mazzantini
Non ti muovere
Mondadori A, 2001, pp. 248, € 13,00
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