Josip Novakovich
Vita fuori tempo di Ivan Dolinar
ISBN
€ 14,00
trad. di A. Mioni
Nascere, vivere e – forse – morire nella Croazia del dopoguerra. Ecco che cosa capita a Ivan Dolinar. Ma il tutto, sì, proprio tutto quello che ho scritto sopra, a Ivan capita come per caso. Se non per caso, dobbiamo ammettere che per molte persone è l’inerzia del mondo a dare il ritmo degli eventi.
Ivan è così: la vita lo trascina in tutto senza che lui opponga resistenza. Nato senza pregi particolari e poco disposto a cercarsene uno, all’improvviso si trova al centro di una brillante carriera scolastica che poi, per un equivoco futile, deve sacrificare al carcere cui è costretto. Lungi dal disperarsi, durante la prigionia potrà far la conoscenza niente di meno che di Indira Gandhi e Tito che, dall’alto della sua saggezza, gli insegnerà a fumare il sigaro. Scontata la pena, Ivan ha appena il tempo di non realizzare nulla nella propria vita ed eccolo lì, sbalzato come tutta la sua generazione al centro di una guerra devastante e brutale. Il conflitto gli regalerà una salute per sempre compromessa e una moglie non innamorata ma almeno affezionata. Ma poi nulla: un terribile segreto che risale ai tempi bellici farà scivolare la loro storia nell’odio, prima, e poi nell’indifferenza più placida. Il tempo di riassestarsi ed eccolo alle prese con un’amante cercata più per completare il suo curriculum di vivente che per altro. Alla fine ecco la morte. Rassegnata, silenziosa. Dovuta. O forse no. Anzi direi proprio di no.
Dichiarato morto per sbaglio, Ivan «risorge» ma non ci vuole molto a capire che non c’è più nulla che lo tenga legato al suo stato di vivo: sono bastate poche ore per decretare che in fondo il mondo può fare a meno di lui e lui può fare a meno del mondo. Da sempre, magari. Più semplice essere un fantasma che riaffrontare tutta la burocrazia e le vicissitudini della quotidianità. In fondo il corpo non serve così tanto e all’inerzia è bello abbandonarsi. E allora eccolo lì, fantasma volontario. Perché i fantasmi hanno vita placida, saggia. Oppure perché i fantasmi hanno per sempre qualcosa da recriminare proprio con quella vita da cui non riescono – per definizione – a distaccarsi mai sino in fondo.
Il romanzo è godibile e tutto sommato riuscito. Novakovich impernia tutta la storia sul paradosso, ci gioca di continuo e riesce a farlo in modo balcanico: azzeccandoci. La sola parte del volume che ne è, se non esente almeno poco fortemente caratterizzata, è quella che ruota intorno al conflitto jugoslavo: superfluo ricorrere al paradosso per definire qualcosa che paradosso lo è di per sé, suppongo sia questa l’idea di Novakovich.
Inutile dire che vi siano parti più riuscite e altre meno. O che all’interno del paradosso vi siano dei parossismi più o meno plausibili, più o meno scontati. L’idea di base rimane comunque indovinata ed è portata avanti con una certa efficacia. Più riuscita a mio avviso la seconda parte sia dal punto di vista narrativo sia dal punto di vista dell’invenzione.
tratto da LN-LibriNuovi 37 – primavera 2006