di Massimo Citi
Permutation City di Greg Egan non è un libro nuovo. Anzi. Scritto nel 1994, vinse nel 1995 il premio John Wood Campbell Memorial.
In Italia fu pubblicato nella collana «Cyberpunkline», puri anni Novanta, dall’editore è ShaKe, altro pezzo originale anni Novanta – anche se tuttora operante, sia pure a mezzo o un quarto di servizio.
Egan è autore con una pericolosa tendenza all’oscurità e non in senso tolkeniano. L’oscurità di Egan è di natura puramente concettuale e deriva, temo, da un Q.I. che dev’essere più o meno i quadruplo del mio. Ordinario australiano di matematica, Egan non può evitare, anche se onestamente si sforza, di inserire qualche «teorema facilmente dimostrabile» nelle sue vicende e nelle sue descrizioni rendendo i propri libri affascinanti ma anche mortali come un trattato di fisica stellare.
Tutto ciò è stato vero per Incandescence, pubblicato da Mondadori in Urania nel 2008, curioso racconto di formiche aliene e intelligenti che vivono su un pianeta satellite di un buco nero, ed è vero anche per Permutation, racconto di un’umanità futura – ma non troppo – dove alcuni individui particolarmente ricchi hanno avuto la possibilità di perpetuare se stessi in eterno in un universo virtuale che tuttavia, vista la quantità di potenza richiesta ai computer per ricreare un universo sensibile, comporta un ritardo rispetto alla vita reale di 1:16.
Questo ritardo, ovviamente, causa qualche problema imprevisto e almeno in parte imprevedibile, come la sostanziale impossibilità di chi si è riprodotto nella realtà virtuale di interagire con il mondo reale. La soluzione in apparenza più assurda (ma più affascinante) può essere quella di «separare» il mondo reale da quello virtuale, creando un complesso e definitivo metaverso destinato a durare più o meno in eterno.
Ma anche questa soluzione si rivela ben presto carica di pericolosi risvolti.
Permutation City è un romanzo ricco, potente e suggestivo, che non sembra aver sofferto della diffusa perdita di entusiasmo per la virtualità possibile. Basti pensare al malinconico destino di Second Life… Persino la proverbiale rigidità di Egan nel rappresentare i personaggi, sempre fatalmente schiacciati dalla magnipotenza dell’infodump, sembra meno nitida, lasciando che emergano caratteristiche personali e frammenti di una possibile storia personale.