di Luca Battisti
Liberismo e democrazia. Mai come nell’ultimo ventennio credo che i due termini precedenti siano stati messi in opposizione e competizione tra di loro, almeno nella nostra penisola. Ma in cosa consistono e da dove prendono le mosse questi capisaldi del pensiero umano?
Davanti ai problemi dell’Italia odierna, soffocata dagli abusi del libero mercato, inebetita dal provincialismo e dalla barbarie leghista, Nadia Urbinati prende le mosse per ricordarci che democrazia è anche e di necessità volontà di mostrare dissenso. Essere in democrazia vuol dire trovarsi a far parte di una comunità che manifesta impegno politico in modo continuo, anche se indirettamente. In ogni caso costantemente, senza mai abbassare la guardia. E ci ricorda soprattutto la necessità di non soccombere supini sotto i colpi degli ennesimi satrapi di governo che, facendosi scudo della cultura liberale, ne travisano i significati remoti per tornaconti spiccioli.
Docente universitaria in cattedra americana (insegna Teoria politica alla Columbia University), collaboratrice di «Repubblica» (e leggendo il testo non poteva essere altrimenti), la Urbinati ci propone una riflessione seria e piuttosto ricca di citazioni sul tema predetto ma l’approccio filosofico ed acronico mortifica parzialmente quello biologico-evolutivo della questione. Probabilmente un taglio più pragmatico e diacronico avrebbe favorito una lettura più approfondita della vera essenza e dell’evoluzione (nelle diverse cogenze storiche) del dualismo democrazia-liberismo.
Partire da Tocqueville per poi andare a Platone, indi saltare a Calamandrei per poi rileggere in ordine sparso Aristotele, Constant o Humboldt (ne ho citati alcuni a caso dal mazzo) rischia di spaesare il lettore medio, di sicuro poco avvezzo a questo genere saggistico e poco contribuisce a dare una visione storica e strutturale del problema. Ma diciamo pure che tale impostazione non rigorosamente lineare è giustificata dall’asserto centrale del saggio: ovvero il diritto-dovere di far valere il proprio dissenso e premiare lo sforzo del cittadino che deve essere teso alla felicità pubblica.
La critica è elegante, dotta e tocca chi deve toccare. Che poi il testo in questione non diverrà un caposaldo della storiografia politica a venire, ed anzi il suo valore sarà di sicuro ancora sminuito con i cambi degli orizzonti sociali futuri, è certo ma secondario.
Nadia Urbinati, Liberi e uguali.
Ed. Laterza, 2010
€ 16,00, pp. 176
N.d.r. : la recensione è stata scritta qualche tempo prima del cambio di governo. Al lettore decidere quanto gli avvenimenti degli ultimi mesi possano influenzare il giudizio sul saggio.