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Ben Pastor (Maria Verbena Volpi) |
Recensisco di seguito i primi due romanzi pubblicati in Italia della scrittrice italiana naturalizzata americana Ben Pastor, all’anagrafe italiana Maria Verbena Volpi (Roma 1950), eclettica autrice di saggi e di racconti del sovrannaturale e di thriller di ambientazione storica, e dei romanzi polizieschi dedicati a Martin Bora.
La serie di Bora conta al momento otto tra romanzi e racconti, più un nono in fieri. Il primo fu Lumen (2000) mentre Il signore delle cento ossa è stato l’ultimo (2010), pur risultando una sorta di prequel che precede di alcuni mesi le vicende di Lumen. L’editore italiano, Sellerio, ha scelto fortunatamente di seguire l’ordine cronologico della vita di Bora e non quello di scrittura dei romanzi.
L’intera vicenda è ambientata appena prima e durante la Seconda guerra mondiale. Nei due primi romanzi Martin Bora è un giovane ufficiale tedesco della Wehrmacht, nonché collaboratore dei servizi segreti (Abwehr), proveniente da una famiglia di junker con ascendenze baronali sassoni e, per parte di madre, anglo-scozzesi. Nobili fino al midollo, i Bora hanno dato alla Germania sia generali e diplomatici, sia artisti e persone di grande cultura; da latifondisti si sono con il tempo trasformati in editori di cultura. Come ci si aspetta da lui, Bora è innanzitutto un soldato, fedele alla patria e alle gerarchie militari.
Ne Il Signore delle cento ossa, il ventitreenne Bora, impaziente di combattere davvero, morde il freno perché è confinato a Lipsia per partecipare a una conferenza trilaterale (Germania, Giappone e Italia) riguardante la produzione bellica dei tre paesi. Già venuto a contatto con la cultura giapponese e in grado di parlare numerose lingue, Bora è – gli spiega il suo superiore dell’Abwehr – l’accompagnatore ideale per gli ospiti, ma anche un ottimo osservatore che forse riuscirà a individuare il «Signore delle cento ossa», nome in codice di una spia giapponese sul libro paga degli americani, quasi certamente membro della delegazione nipponica:
Taluni vengono da noi perché sono intelligenti; talaltri perché sono ambiziosi. Alcuni sono intelligenti e ambiziosi. Lei è anche curioso. La curiosità […] nel nostro ramo è invece un dono del cielo, come l’orecchio assoluto per un musicista.
Nel corso di un’indagine così difficile, il rischio di fallire è sempre in agguato: gli ospiti delle tre delegazioni, confinati in un albergo esclusivo ma spartano, vincolati a ritmi di lavoro intensi e alla più rigida discrezione, provati dalla misteriosa e imbarazzante morte di due delegati giapponesi, sono suscettibili e impauriti, facili al litigio, sospettosi, sottilmente razzisti verso gli «altri» e, almeno alcuni di loro, sempre più dubbiosi sul fatto che la prossima, imminente guerra – per la quale stanno collaborando a incrementare la produzione bellica, prenderà loro le mani, diventando la peggiore della Storia. Costretto a collaborare con il capo della polizia di Lipsia – un investigatore intelligente e non supino al verbo del Partito nazista – Bora saprà dimostrare di possedere davvero orecchio assoluto, notando come note stridenti piccoli dettagli che ad altri sembrerebbero solo coincidenze e bizzarrie prive di significato.
La seconda indagine, descritta in Lumen, si svolge nella Cracovia già occupata dai nazisti, tra l’ottobre 1939 e il 15 gennaio 1940.
In pochi mesi la situazione è cambiata radicalmente e l’ormai capitano Martin Bora, sempre di servizio nell’Abwehr e fresco marito, è costretto a compiere anche il lavoro sporco di stanare i partigiani polacchi, minacciare e punire i contadini polacchi che li aiutano o che, semplicemente, non sono di origine tedesca. La feroce efficienza dei reparti nazisti non tarda a sconvolgerlo, fino a spingerlo a rischiare la propria carriera per denunciare gli abusi. Come investigatore, il giovane viene incaricato di scoprire l’assassino della «Badessa santa», Madre Kazimierza, visitata dalle visioni, segnata dalle stimmate e forse capace di compiere miracoli. Simbolo della resistenza polacca, la Badessa non è amata dai nazisti, che hanno raccolto uno spesso dossier su di lei; da parte sua il Vaticano (che non desidera affatto essere mescolato con la Resistenza) ha da poco inviato un suo incaricato per verificare l’eventuale «santità» di Kazimierza. Quando il brutale omicidio gli sottrae l’oggetto di studio, Padre Malecki – un americano di origine polacca, profondamente credente ma assai poco formale – si trova a collaborare dapprima suo malgrado, poi con crescente amicizia, con il capitano. Durante l’indagine Bora conoscerà personaggi di ogni livello e schieramento e sarà testimone di brutalità verso i civili e gli ebrei che faranno vacillare – se non la sua lealtà al Reich – almeno la sua speranza nell’onestà e nel valore politico del regime nazista.
Colto, buon suonatore di pianoforte, laureato in filosofia e lettore onnivoro, controllato e impeccabile, Bora è prima di tutto un soldato che pensa di sé: « l’uniforme che indosso è la preziosa estensione di me stesso e il mio limite ben accetto», una convinzione che si attaglierebbe perfettamente a un monaco. Di famiglia cattolica, Martin ha con la religione un rapporto problematico; la deriva violenta del nazismo verso la «soluzione finale», non ancora dichiarata nei primi romanzi ma appena oltre l’orizzonte, gli crea sofferenze crescenti e mette continuamente alla prova il suo senso etico. Bora non è un buono, non ama particolarmente i propri simili, però è curioso, capace di osservare, pensare in maniera logica ma divergente. È un solitario con il dono ambiguo di una profonda empatia, uno junker con il bisogno di continuare a guardarsi allo specchio senza arrossire. Oltre alla totale dedizione al proprio paese, l’altro grande valore della sua vita è l’amore per la bella e disinibita moglie Benedikta (Dikta), un’opportunista che viene da una famiglia dichiaratamente filonazista e che prova per lui poco più di una forte attrazione sessuale. Amante sfortunato, investigatore capace di «vedere» davvero testimoni, vittime e carnefici incontrati durante le proprie indagini, Bora è un personaggio riuscito – in parte ispirato alla figura di Claus von Stauffenberg, l’attentatore di Hitler nel 1944.
La narrativa sobria e ben dosata di Ben Pastor è una buona miscela di mistery, romanzo storico e mainstream, con una grande cura per l’introspezione psicologica. L’autrice si dichiara apertamente in debito con narratori del calibro di Hermann Melville, Yukio Mishima e, quasi inevitabilmente, Georges Simenon. Può sembrare eccessivo scomodare nomi del genere, se non fosse che in Martin Bora è dipinto con dolente partecipazione lo spaesamento di chi sospetta di rappresentare una visione del mondo perdente, inadeguata e lasciata indietro da un apparato politico e militare portatore del nulla, la tragedia di una profonda dedizione male indirizzata e tradita, l’impressione di essere uno dei pochi svegli in un mondo di sonnambuli. Guidato dalla curiosità impietosa e minuziosa di Bora il lettore si interroga una volta di più su tutti i piccoli, impercettibili passi che trasformano un mondo terribilmente imperfetto ma salvabile in un inferno.
Ben Pastor
Il Signore delle cento ossa
Sellerio, 2011
pp. 396. € 14,00
Trad. Paola Bonini
Ben Pastor
Lumen
Sellerio, 2012
pp. 432, € 14,00
Trad. Paola Bonini
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