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    TerraNova

    Chi vuole vivere per sempre?

    • di Massimo Citi
    • Ottobre 5, 2012 a 10:32 am

    di Massimo Citi


    Mi ero ormai abituato a pensare che Ursula Le Guin avesse dato il meglio negli anni Settanta, che i suoi principali temi, le suggestioni più intense, gli spunti migliori appartenessero ormai al passato. Che Le Guin, dignitosa e piacente ultrasettantenne, fosse ormai consegnata al limbo degli autori-di-una-sola-stagione. Una sensazione errata? Certo, anche perché non ho seguito la produzione fantasy dell’autrice di Un’ambigua utopia e così la mia visione risulta sicuramente parziale o forse parzialissima. D’altro canto amo poco il fantasy – formazione scientifica troppo spinta? – e ancor meno me ne interesso.
    Il recente riapparire di ristampe sia di sf sia di fantasy dell’autrice, d’altro canto, mi rassicurava circa il fatto che Le Guin fosse tuttora letta pur non avendo molto di nuovo da dire.
    Ovviamente mi sono sbagliato.
    Raramente un errore mi ha dato più gioia: U. K. Le Guin è ancora tra noi. Una Le Guin più graffiante, scettica, maligna di quanto sia mai apparsa.
    Il libro si chiama Su altri piani(Changing Planes), pubblicato dalla nuova Nord con una copertina disastrosamente fuori tiro, a metà tra la confezione di collant e il romanzetto rosa un po’ spinto, tipo serie femminile di Salani.
    Sembra nulla, una copertina sbagliata, eppure mi ha tenuto lontano dal libro per un bel po’ nel timore di scoprire che la mia amata Ursula era naufragata in un mare di sentimentalismo. Poi un bel giorno mi sono fatto coraggio: «Se è la verità, devi conoscerla».
    Prima sorpresa: Su altri pianinon è un vero e proprio romanzo, ma una raccolta di reportage di viaggio. Seconda sorpresa: il «viaggio» può essere compiuto grazie a «una semplice torsione e a un leggero scivolamento – una cosa più facile a farsi che a dirsi», operazione da compiersi durante «il tempo morto tra due aeroplani» e che dà accesso a piani alternativi di esistenza, ovvero a una collezione di mondi paralleli al nostro.
    Rimango interdetto. Evidentemente Le Guin vuole prendersi gioco di decenni di hard sci-fi, di propulsioni ultraluce, wormhole, curvature, iperuniversi, tachioni e salti temporali. Agitandosi un po’ sulle (scomode) sedie di un aeroporto è possibile avere accesso a un universo parallelo? Procedo. Non troppo rassicurato, ma anche divertito. Pensionare l’intero armamentario pseudofallico di tre generazioni di scrittori di space opera – al quale sono comunque colpevolmente affezionato – è un’idea a suo modo grandiosa.
    Primo viaggio: Islac. Un mondo dove l’entusiasmo per l’ingegneria genetica ha passato qualsiasi limite. Lo popolano ibridi di qualsiasi cosa con qualsiasi altra cosa. «Un piano non particolarmente felice, e neppure rassicurante», ma che può regalare esperienze uniche e, al lettore, la consapevolezza particolare che nasce da un sorriso incredulo e stupito.

    Secondo viaggio: il piano degli Asonu. Umanoidi che cessano di parlare a tre anni di età. Un mondo silenzioso, silenziosissimo. Gli Asonu sono gentili, affabili, disponibili, tacitamente amichevoli. Non esistono discussioni, pettegolezzi, maldicenze, ipocrisie. I gesti – e il silenzio – sono l’unico linguaggio. Poi ci sono gli Hennebet, che non posseggono la parola per indicare l’anima, i Veksi, perfetti anarchici iracondi e pessimisti, gli Ansar, la cui vita è scandita da periodiche migrazioni, i Frinth che condividono i sogni, gli Hegn dagli innumerevoli regni, la cui curiosità si risveglia soltanto con i reportage sulle vicende delle pochissime famiglie plebee. Si può visitare il piano di Mahigul dalle infinite guerre, l’Isola della Veglia dove si incontrano gli a-dormienti e giungere all’agghiacciante Isola degli Immortali.
    Una serie di viaggi meravigliosi narrati con raffinata ironia, talvolta con crudele divertimento, gusto del paradosso, simulata sorpresa o rassegnata partecipazione.
    Fantascienza? Difficile dirlo.

    Ursula K. Le Guin

    Sicuramente Le Guin parla del nostro mondo, delle nostre paure, delle abitudini mentali più stupide, delle pulsioni meno limpide, dei sogni personali e dei sogni©. Ne discorre affabilmente inventando popoli e luoghi a fungere da interpreti di pensieri e abitudini che ci appartengono. Frequentemente si sorride, spesso ci si ferma a riflettere. In qualche occasione nasce prepotente il desiderio di acchiappare qualcuno e leggergli la storia degli Asonu o quella dei Sosa e degli Astasa. Giusto perché Le Guin riesce a rendere racconto divertente l’ansia che ci accompagna vivendo in questo mondo, in questo momento, carichi di interrogativi abituali («come sarebbe vivere in eterno?», «perché non riusciamo ad andare d’accordo?») e di nuovi dilemmi («perché quelli lì fanno così?», «avrò mai abbastanza denaro da…?»).
    Forse è a questa meditata «leggerezza» che vogliono alludere le gambe femminili sospese in aria della copertina. È possibile, a pensarci bene. Non è una grande idea, però. Personalmente avrei scelto qualche immagine da I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift.
    Magari dall’Isola volante di Laputa o del mondo dei saggi equini Houyhnhnms, che immancabilmente tornano alla mente, insieme ad alcune pagine di Robert Sheckley o di Douglas Adams, leggendo Su altri piani.

    Ursula K. Le Guin
    Su altri piani
    Nord 2005 (ed. or. 2003), 
    pp. 311, € 17,50
    trad. R. Valla

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    Tag: FantascienzaistantaneeUrsula Le GuinJonathan SwiftRecensioni

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