Tucidide spiega la Guerra peloponnesiaca con il timore degli spartani per la crescente potenza militare ateniese; il medesimo ragionamento viene ripreso da F. Bacon in Per una guerra contro la Spagna, del 1584 e ripetutamente applicato nel XX secolo in riferimento alla potenza navale tedesca prima del 1914 o nel caso della guerra di Corea. Simili valutazioni si basano sulla possibilità da parte di almeno una delle parti contendenti di acquisire informazioni sicure sulle forze nemiche, ossia sull’esistenza di una rete efficiente di collaboratori che vanno dall’ambasciatore alle “spie” infiltrate in campo nemico.
Paragonabile ai due conflitti mondiali per lo schieramento di due grandi blocchi e per il gioco di alleanze e di equilibri politici, la Guerra peloponnesiaca è ideale per studiare l’importanza dello spionaggio e della propaganda. Il saggio, di piacevole lettura, ne esamina i problemi specifici come il tempo impiegato dalle notizie per giungere a destinazione, il loro utilizzo e gli interessi personali di vari oligarchi, la lontananza delle colonie della Magna Grecia, fattore crucile per mantenere i contatti e inviare aiuti.
All’epoca, le figure in grado di fornire informazioni erano molte: disertori, esiliati e traditori, utilissimi al nemico ma dei quali andava valutata attentamente la credibilità, ambasciatori e proxeroi (cittadini di uno stato che si tramandavano l’incarico di rappresentare e difendere gli interessi di un altro), viaggiatori in grado di spostarsi con facilità senza destare sospetti come mercanti, attori, musici, poeti, pensatori, visitatori dei santuari.
Altrettanto importante era la questione della propaganda: false notizie annunciate in assemblea potevano influenzare le decisioni da prendere, la voce vera o falsa di una sconfitta, sparsa tempestivamente, poteva minare il morale delle truppe e non erano da sottovalutare, per l’esito del conflitto, nemmeno i rapporti privati fra cittadini di vari stati, come i legami di ceto fra gli aristocratici, rafforzati da matrimoni internazionali, o quelli creatisi in occasione di eventi sportivi e rituali.
Uno studio ben condotto che getta luce su un aspetto troppo trascurato nei libri di storia e suscita l’interesse del lettore curioso. E che, va sottolineato, è tuttora di grande attualità; per quanto riguarda il ruolo dei servizi segreti, pensiamo alle conclusioni del recentissimo rapporto sulla partecipazione britannica al conflitto in Iraq, basata su dati di intelligence «imperfetti» e sulla «certezza che non era giustificata» che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa; quanto al ruolo della propaganda, abbiamo sotto gli occhi le dichiarazioni fin troppo tempestive ed efficaci di Erdogan dopo il recentissimo “colpo di stato” in Turchia.
C.G.Starr, Lo spionaggio politico nella Grecia classica, Sellerio Il divano, 1993 pp. 185, € 8,00, curatore C. Petrocelli
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