La Sindrome di Rasputin, di Ricardo Romero, è ambientato nella Buenos Aires del Bicentenario della Repubblica. È un momento difficile per l’Argentina, da poco uscita dalla grave crisi economica del 2001 e già riattraversata da miseria, cortei di migliaia di disoccupati, scontri tra il governo di Cristina Kirchner e i produttori agricoli, proteste delle popolazioni Indie; la capitale è segnata da incendi e attentati nazionalisti.
In un giugno gelido e piovoso, tre detective, improbabili ma non gratuiti, vagano per Buenos Aires indagando per trovare i colpevoli di uno strano omicidio del quale è accusato Lucas Abelev, uno di loro, guardiano notturno nel palazzo di uffici dov’è avvenuto il delitto. Fra Lucas e gli altri due protagonisti, il giovane Myshkin e il maturo Maglier, vi è un fragile ma tenace rapporto di mutuo soccorso: tutti affetti da Sindrome di Tourette, i compagni sopportano la loro condanna, riverberata nei tic e nelle azioni ripetitive e compulsive degli altri, nel nome della comprensione reciproca, della percezione – tanto pudica da apparire avara – della loro comune umanità. Proprio quella che gli altri, i normali, tendono a ignorare o a non tollerare.
Per salvare il loro compagno, che solo nei momenti di maggior intimità e/o smarrimento riuscirebbero a definire «amico», Myshkin e Maglier sono disposti a fare letteralmente follie, come salire su un autobus gremito di gente o trascorrere ore in ospedale, o dare spettacolo tenendo a bada la loro malattia. I due vagano nei gironi infernali della loro città piena di livelli, abitata da comunità rette da regole differenti, imposte con l’inganno (quella degli aspiranti attori o cantanti) o liberamente accettate (quella che vive nei tunnel scavati per un ampliamento mai terminato della metropolitana). Incontrano, isolati e travestiti, personaggi stani e «malati» di miseria e di ossessioni difficili da superare che inseguono desideri, illusioni e forme insolite di ascesi; conoscono gente sospinta da piccole depravazioni e dall’odio; si scontrano con un affarista senza scrupoli che si rivelerà molto più complesso del previsto e scoprono le gesta di un cineasta di talento che, chiuso nel recinto della produzione pornografica, sonda abissi di umana profondità; si fidano di un vecchio , grande suonatore di flauto e psicopompo di mondi che gli altri, i regolari come noi, non vedono nemmeno.
Uno dei pregi di tutte le detective story è quello di consentire al lettore di esplorare – spesso partendo dal basso – i numerosi livelli delle nostre società. Con La sindrome di Rasputin, Romero dimostra di appartenere a quella schiera eletta di narratori che sanno guidarci anche a esplorare noi stessi. La strana bellezza della città, la varietà dei personaggi e la suggestione del racconto si intrecciano con lo humour, con la capacità dell’autore di raccontare in tono lieve la follia, facendola, apparire «quotidiana» e comune a tutti noi.
E dunque, se tutti siamo un po’ folli, perché non assecondarla, questa pazzia che può essere mite, perché non imparare a tollerarla negli altri, perché non concederla a noi stessi?
Aspetto con ansia di poter passare ancora dalla risata a un malinconico struggimento nella prossima indagine del trio, I ballerini della fine del mondo, presto pubblicata da Sellerio.
Qui per avere informazioni sulla Sindrome di Tourette.
Due saggi di Oliver Sacks trattano, tra l’altro, della Sindrome di Tourette: L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello (Ray dei mille tic e La posseduta) e Un antropologo su Marte (Vita di un chirurgo).
Ricardo Romero
La sindrome di Rasputin
Sellerio, pp. 222, € 13,00
a cura di Maria Nicola