Gabriel Garcia Marquez
Memoria delle mie puttane tristi
Mondadori
€ 14,00
Ho comprato questo romanzo del grande narratore sudamericano, premio Nobel per la letteratura nel 1982, sulla spinta emotiva di giganteschi marchettoni letti un po’ ovunque. Augias, D’Orrico, riviste letterarie, inserti culturali. Aprivo un giornale e leggevo una recensione entusiasta. «Marquez torna alla narrativa dopo dieci anni di astinenza e ci consegna un vero capolavoro», tuonava Augias dalle autorevoli colonne del Venerdì di Repubblica. Ormai lo so che non mi dovrei fidare e che quando si muovono quasi tutti i marchettari di regime c’è sempre qualcosa sotto, però Marquez è sudamericano, mica italiano, e allora l’ho comprato.
Il romanzo si legge in due ore scarse, perché è impaginato a maglie larghe a uso e consumo dei non lettori che comprano un libro solo perché è in testa alle classifiche di vendita. Il sistema l’ha inaugurato Rizzoli con Senza sangue di Baricco ma prosegue con successo anche in casa Mondadori e permette di vendere un racconto di ottanta pagine a 14 euro, come se fosse un vero romanzo. Mica male, se si considera che lo ha scritto un premio Nobel per la letteratura e che la vendita di oltre ottantamila copie è cosa quasi certa. Marquez è padrone di uno stile eccelso, la sua prosa incanta pagina dopo pagina, appassiona al punto che lui racconta il niente e tu resti lo stesso incollato alla pagina. Però tutto si esaurisce con uno sterile esercizio di stile che il maestro colombiano svolge con la bravura del primo della classe. Un aspirante scrittore troverà in questo libro una grande lezione di scrittura creativa e capirà che per scrivere un buon romanzo non occorre avere grandi cose da dire, basta lo stile e la padronanza della lingua. Ma da uno come Marquez ci si attenderebbe di più che seguire per due ore scarse le gesta di un professore – giornalista che in vita sua ha fatto l’amore solo con puttane e che alla fine si innamora di una prostituta di quindici anni. Io ho iniziato il libro convinto di leggere un capolavoro e a pagina centoquaranta la mia testa ribolliva di domande: «E allora? Cosa mi volevi dire? Perché ti ho letto?». A caldo mi resta solo l’impressione di aver perso due ore e del romanzo non mi è rimasto niente. Il mio consiglio quindi è quello di non comprare Memoria delle mie puttane tristi ma di riscoprire il vecchio Marquez, magari quello di Cronaca di una morte annunciata e de L’amore ai tempi del colera. Un Marquez che non deludeva e che soprattutto non aveva bisogno di diluire un raccontino in un finto romanzo di centoquaranta pagine a corpo sedici e interlina due.