
Un libro relativamente recente, indicato tra le novità natalizie 2020 di Adelphi: La valle oscura di Anna Wiener [Uncanny Valley, a memoir], trad. di Milena Zemira Ciccimarra. Il libro viene presentato come un reportage in forma romanzata, promettendo di provocare grandi risate a ogni piè sospinto. Bene, non è vero. Al massimo il libro fa sorridere, ma solo raramente, e la protagonista nonché narratrice del mondo dell’informatica della Silicon Valley, riesce talvolta sottilmente noiosa per la sua abitudine di dare perennemente la colpa a se stessa di tutto ciò che le accade, finendo (fatalmente) per parlare esclusivamente di sé. Anna Wiener ha lavorato in una libreria e in una casa editrice– luoghi assolutamente emblematici – sulla costa orientale degli USA fino a quando si vede costretta a cambiare luogo e tipo di lavoro, trasferendosi in occidente, nella «Uncanny Valley» a lavorare per una Startup californiana. Nelle successive 280 pagine l’autrice ci racconta, con innumerevoli digressioni sulla sua vita pazza, esagitata e disperata, della follia dei giovanissimi manager delle Startup, della loro ansia e ambizione, di ambienti di lavoro dove l’autosfruttamento è una sana abitudine, dove il passaggio dai PC agli attrezzi da palestra costituisce più del 90% della vita quotidiana, dove l’alimentazione a base di similredbull e altri beveroni multivitaminici è considerata assolutamente normale. In tutto ciò la nostra Anna passa da fasi di felice adesione al progetto della Startup – o meglio delle Startup, dal momento che la protagonista cambia impiego a metà libro – a fasi di profonda insoddisfazione, intolleranza per se stessa e slanci di un vago femminismo inconsistente. La realtà che la circonda è fatta di un maschilismo da ragazzini immaturi, in genere incapaci di giudicare la realtà nel suo complesso ma soltanto i frammenti che in qualche modo li toccano e li appassionano. Tra questi le donne sono a un buon punto della classifica ma non sono considerate essenziali, tanto è vero che la presenza di una donna in una piccola azienda informatica è considerata con curiosità e un vago stupore. Alla protagonista, laureata in lettere, viene affidato un compito che evidentemente non è molto apprezzato dai nerd che la circondano: rispondere alle lamentele e alle richieste dei clienti, compito nel quale Anna se la cava decisamente bene, anche se, ovviamente, da quella posizione non può afferrare a pieno lo scopo e gli intenti della ditta.

Parlare con il CEO della ditta dove lavora in una prima fase non gli è particolarmente utile: si tratta di un dannato giovanotto impallinato, talvolta infantile, più spesso autoritario, capace di mettere insieme qualche milione di dollari in una settimana ma assolutamente sprovvisto di quella che in tutto il resto del mondo viene chiamata empatia. Il cambio di Startup migliora le sue condizioni di lavoro – stipendio maggiore, buona parte del lavoro in smartworking, orari d’ufficio autogestiti – ma non migliora la sua visione del mondo della Silicon Valley fino a portarla ad ammettere che quel mondo per lei, una letterata cresciuta nel mondo librario della costa Est, non è la scelta giusta. A pesare su questa decisione è anche la situazione nel frattempo venutasi a creare con l’elezione di Ronald Trump e con l’apparizione inquietante di un modo di lavorare e rapportarsi al mondo ricalcata sul mondo televisivo di Ronaldino, quindi sommaria, brutale e fondata sulla menzogna e su una realtà deformata. Ed è in queste pagine che Anna Wiener riesce a raccontare in modo nitido e preoccupato la situazione degli USA e il rovesciamenti di valore sul quale l’EX-presidente (sia lodato il cielo) ha costruito il suo sistema di potere.

Un libro scritto con uno scopo lodevole e tradotto in italiano essenzialmente per favorire la demolizione del mito che circonda la Silicon Valley e, detto per inciso, per sottolineare il valore incomparabile della cultura letteraria e della circolazione di libri. Sono d’accordo? Diciamo che avrei preferito un testo più nitido, più netto nel raccontare le improvvise ricchezze di CEO imberbi e più preciso nel raccontare la mutazione e la decadenza del ceto intellettuale californiano, passato dall’essere libertario a teorizzare il lavoro 24h. Diciamo che si tratta di un tentativo parzialmente fallito? In ogni caso una lettura che può risultare istruttiva per chi persiste nel continuare a illudersi della vocazione antiautoritaria e alternativa – pensate a Zuckerberg… – dei superstiti della Westcoast.
Anna Wiener, La valle oscura, Adelphi Fabula [2020], 3ª ediz., pp. 309, [ed.or. Uncanny Valley, a memoir, 2020], € 19,00, trad. Milena Zemira Ciccimarra
Idem in e-book, € 9,99
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