
Un romanzo di dimensioni notevoli, 500 pagine compresa la pagina di ringraziamenti, pubblicato nel 2010 con il titolo originale Kraken. An Anatomy, per la traduzione di Annarita Guarnieri e pubblicato in Italia nel 2019.
La lettura è stato particolarmente faticosa, iniziata nel 2020 ha subito qualche mese di interruzione ed è stata ripresa nella tarda primavera del 2021 e conclusa in questi giorni. Faticosa? Sì, probabilmente per la fatica di seguire i diversi scenari abbozzati da Mieville e i numerosi personaggi che via via vengono messi in scena e anche, molto semplicemente, per aver incontrato altri testi che sul momento mi incuriosivano di più. La data del romanzo lo colloca qualche anno dopo la serie di Bas-Lag e l’anno successivo all’uscita de La città e la città, premio Hugo 2010, al quale è seguito l’anno dopo Embassytown, vincitore del Premio Locus 2012. Dal canto suo, Kraken. An Anatomy, ha vinto il premio Locus nel 2011 come miglior romanzo.
La trama è relativamente semplice da raccontare: dal Darwin Centre di Londra viene sottratto un kraken, ovvero un calamaro gigante tenuto in una soluzione conservante all’interno di una teca di notevoli dimensioni. A constatare l’inspiegabile furto è Billy Harrow, un ricercatore, che dovrà presto constatare che la scomparsa del kraken è soltanto il primo elemento di un quadro molto più grande e decisamente terrificante.
Fanno la loro comparsa Goss e Subby, due sicofanti spesso presenti sulla scena, bulli compiaciuti e perversi, quasi naif nella loro brutalità, Leon e Marge, vittime inconsapevoli della situazione, Dane il compagno delle avventure che seguiranno e Wati, la creatura multidimensionale, organizzatrice di scioperi fallimentari insieme agli UAM, Unione Assistenti Magici. E poi Tatuaggio e Grisamentum, due creature inesistenti in senso puramente materiale ma attivamente operanti nel caos succeduto al furto del calamaro gigante e l’inevitabile polizia nei panni dell’UCFS, ovvero l’Unità Crimini connessi a Fondamentalismo e Sette formato dalla graduata nonché instancabile Kath Collingswood, dal capo, Baron e dall’ambiguo jolly, Vardy.

Ovviamente i personaggi non sono soltanto questi, diciamo che in primo luogo ci sarebbero da aggiungere il Mare-Oceano, che appare nell’ultima parte del volume come creatura pienamente senziente e l’intera Londra, come entità storica, politica e soprattutto magica con i suoi seguaci – o forse meglio definirli i suoi testimoni – i Londramanti.
Questo insieme pressoché inesauribile di personaggi viene inseguito momento per momento nel corso degli innumerevoli tentativi da parte di una potenza via via illusoriamente identificata con il Tatuaggio, con Grisamentum e con altre inimmaginabili entità, per giungere alla completa distruzione del mondo e della realtà così come la conosciamo, valendosi della presunta, forse inesistente e forse soltanto virtuale, collaborazione di un calamaro gigante che per la stragrande parte del libro si limita a rimanere nella sua soluzione conservante.
Una volta stabilita la presenza silenziosa – scherzosa e irridente – di H.P.Lovecraft, ciò che affascina, nonostante la fatica di seguire la continua e rapida girandola di personaggi, è la capacità inesauribile di Mieville di combinare elementi provenienti da ogni angolo della vicenda: viventi, fantastici, minerali, animali, parti dell’arredo urbano, creature nate da un incubo e figli di qualche immaginazione malata con la realtà di ogni giorno di Londra e con i mille dati di una vita quotidiana, spesso prosaica e banale. Ed è proprio questa capacità di combinare su un unico tavolo elementi tanto disparati a regalare a Kraken, an Anatomy una magia del tutto particolare e per molti aspetti unica. Altrettanto meritevole di attenzione e di aperto plauso è la capacità di far apparire in scena e irridere tutti i diversi tipi di fede, di passione irrazionale e di fissazione pseudoreligiosa, seguendo le strampalate sette dedite a qualche divinità improbabile, assurda, dimenticata ma drammaticamente esistente nella Londra del XXI secolo.

Il punto più delicato e talvolta faticoso è la difficoltà, che a tratti diviene particolarmente evidente, del passaggio in forma sciolta e piana dall’originale inglese alla versione italiana.
La notte avrebbe potuto estendersi a quella successiva, senza una giornata nel mezzo, da quanto sembrava lunga, ma a Paul non dispiaceva. Gli andava bene che fosse così. Manovrò in modo da allontanarsi dai suoni, respirò a fondo e cercò le tracce di qualsiasi silenzio londinese fosse riuscito a trovare.
Un brano scelto praticamente a caso e che, sinceramente, non riesco a trovare “scorrevole”. Difficile stabilire se si tratta di una scrittura “affannosa” da parte dello stesso Mieville o di una traduzione non sempre efficace. Lo stesso si può dire parlando dei passaggi più legati al fantastico urbano, dove non troppo raramente capita di faticare a raccapezzarsi, anche leggendo con attenzione e in qualche caso affiancando il testo tradotto al testo originale. Diciamo che questa è la maggiore difficoltà nella lettura del Kraken, probabilmente in parte dovuta a miei limiti personali e al mio modo di leggere, ma almeno in parte dovuta all’organizzazione del testo, spesso costruito come un thriller e con i tempi tipici del poliziesco ma con personaggi e vicende che si muovono e agiscono secondo criteri e strumenti che non hanno nulla del giallo tipico. Un tipo di scrittura particolarmente efficace in La città e la città ma che qui stenta a funzionare.
Vale la pena di imbarcarsi in una lettura che può apparire così poco agevole? Bella domanda, come direbbe qualcuno che non sa come rispondere. Personalmente, da appassionato fan di Mieville direi di sì, ma a condizione di dedicare la propria intera attenzione al testo, senza infilarlo in mezzo alla preparazione di un piatto più o meno complesso o al termine di una giornata faticosa. Il rischio è quello di rileggere alcuni passaggi più volte, saltare alcuni passi, o dover affiancare al libro in italiano un .pdf del testo originale.
Una scelta non facile, in sostanza, ma comunque buona lettura!
China Mieville, La fine di tutte le cose (ed.orig. Kraken, an Anatomy, 2010), Fanucci 2019, pp. 500, € 20,00, trad, A.Guarnieri.
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