Lynn Margulis. La scoperta dell’evoluzione come cooperazione di Adriana Giannini
Ci sono persone che riescono a fare la differenza nella loro epoca. Propongono nuovi modi di vedere le cose, aprono strade. Lynn Margulis ha fatto molto di più: ha promosso (e contribuito a elaborare) un cambio di paradigma, ha dato un bello scossone al mondo ancora misogino della scienza, ha – criticamente – contribuito a diffondere il pensiero di Lovelock riassumibile come teoria gaiana. Fu scienziata, docente, ricercatrice sul campo, divulgatrice.
Il testo di Adriana Giannini è agile, spazia nella vita di Margulis senza seguire rigidamente la cronologia e mescola utilmente l’evoluzione del suo lavoro, gli aspetti caratteriali che le hanno consentito di superare, negli ultimi anni Sessanta, la diffidenza verso la sua innovativa ipotesi, le delusioni sentimentali e i due divorzi, le dinamiche famigliari con i quattro figli, le relazioni d’amicizia e la dedizione mai venuta meno ai suoi studenti. I titoli di alcuni capitoli già ci rivelano il carattere determinato e impetuoso di Lynn: «Bruciare le tappe»… «Matrimonio e vocazione scientifica»… «L’inizio di una carriera tra didattica e ricerca»… «Una famiglia un po’ speciale»… Il titolo che, forse, la riassume nel modo migliore è «Una vita piena».
Personaggio ironico, indipendente1 e dall’entusiasmo contagioso, Margulis aveva la capacità di tenere in pugno l’uditorio durante le conferenze, spiegando con estrema chiarezza e utilizzando, nel corso del tempo, i mezzi audiovisivi più moderni, ma anche il gusto di polemizzare in modo lieve e cortese e di scioccare il pubblico con titoli davvero bizzarri2.
Lynn ha sollevato tempeste in ambito biologico e non solo con la teoria della simbiogenesi alla quale ha dedicato l’intera vita, ormai accettata ma oggetto di continua integrazione con nuovi dati. L’autrice del saggio esamina gli aspetti scientifici con chiarezza ma senza strafare, consentendo ai lettori di coglierne il grande valore innovativo anche senza essere addetti ai lavori. E la storia che racconta è un vero esempio di determinazione e di merito scientifico.
La simbiogenesi
Le cellule eucariotiche, quelle degli organismi pluricellulari e degli unicellulari “moderni” sono molto complesse: possiedono un nucleo che contiene i cromosomi e, nel citoplasma, molti tipi di organelli che svolgono funzioni vitali. I procarioti, invece, sono cellule semplici e prive di nucleo, con un solo cromosoma disperso nel citoplasma e non possiedono organelli. I procarioti sono le prime forme di vita apparse sul pianeta e oggi sappiamo molto sulla loro origine. La domanda chiave è: qual è l’origine degli eucarioti? La risposta fornita dalla teoria endosimbiontica è che alcuni procarioti (chiamiamoli per semplicità batteri) siano finiti all’interno di altri unicellulari e, invece di venire “digeriti” o distrutti, siano riusciti a sopravvivere, divenendone simbionti interni. Vantaggi per gli endosimbionti: un ambiente endocellulare protettivo e uniforme. Vantaggi per la cellula ospite? Avere degli organelli specializzati, ad esempio mitocondri ( la centrale energetica della cellula) e/o cloroplasti (che svolgono la fotosintesi nelle cellule vegetali). Il link porta a un video esplicativo, molto chiaro, per chi fosse interessato. L’ho scelto anche per il discorso finale sul rapporto donne scienza, che sarebbe piaciuto a Lynn e sicuramente piacerà all’autrice del saggio.
La teoria di Margulis precorreva i tempi, e il tempo le ha dato ragione, evidenziando interessanti aspetti della questione: come affermarono Lynn Margulis e Dorion Sagan (suo figlio maggiore) in Microcosmo, uno dei testi scritti insieme:
Il nostro Dna deriva, lungo una sequenza ininterrotta dalle stesse molecole che erano presenti nelle cellule primordiali […] I nostro corpi, come quelli di tutti gli esseri viventi, conservano in sé l’ambiente di una Terra passata. Coesistiamo con i batteri di oggi e ospitiamo in noi vestigia di altri batteri inclusi simbionticamente nelle nostre cellule. In questo modo il microcosmo vive in noi e noi in esso.
Grazie al lavoro di Margulis, dice l’autrice,
… nella moderna biologia evolutiva […] non esisterà più il concetto di singolo individuo: ogni organismo multicellulare verrà definito «olobionte», ossia organismo comprendente e integrante, a vari livelli, i propri microorganismi simbionti.
Poiché anche noi umani siamo olobionti, dobbiamo prenderci cura del variegato microbiota che ospitiamo e, per estensione, di tutte le creature del pianeta con le quali abbiamo così tanto in comune.
Gaia
L’altro grande tema al quale è affiancato il nome di Margulis è la teoria elaborata insieme al chimico e biofisico James Lovelock.
Lovelock propose a Lynn di scrivere insieme un articolo su un’ipotesi insolita, sulla quale meditava dal 1965. La studiosa accettò e – con una serie di articoli scritti fra il 1974 e il 1989 – i due proposero una nuova teoria chiamata Gaia dal nome della dea greca della Terra (su suggerimento dello scrittore William Golding).
Secondo la teoria di Gaia, la Terra è abitabile grazie a complesse interazioni tra l’atmosfera, gli oceani, la crosta terrestre e la biosfera. La componente inanimata della Terra e l’insieme di tutti i viventi che la abitano costituiscono un unico sistema integrato autoregolante, in grado di mantenere caratteristiche chimico-fisiche idonee alla presenza della vita proprio grazie all’azione dei viventi. L’attività chimica delle comunità batteriche è fondamentale: i batteri fotosintetici consumano anidride carbonica e acqua e generano ossigeno e materia organica, i batteri consumatori traggono energia dalla materia organica e dall’ossigeno e liberano anidride carbonica, mentre i fermentatori trasformano materia organica in metano e anidride carbonica.
La teoria di Gaia postula una coevoluzione globale dell’intero sistema terrestre, un punto di vista ben diverso dalla visione classica dell’ecologia come risposta biologica a un menù dato di condizioni fisiche. Attualmente si preferisce parlare di teoria gaiana, inglobando le modifiche effettuate alla teoria in risposta alle critiche e l’espansione delle conoscenze scientifiche. Molte previsioni di Lovelock si sono puntualmente avverate, altre sono ancora sotto esame.
La comunità scientifica dell’epoca (e oltre) reagì in modo molto critico alla teoria di Gaia, accusandola di immaginare la biosfera come un superorganismo senziente capace di pianificare i propri interventi per mantenere l’omeostasi del sistema. In realtà la “pianificazione” non è assolutamente necessaria: l’omeostasi non è uno scopo da raggiungere ma una proprietà emergente se il sistema raggiunge un livello di complessità sufficiente.
Le critiche fioccarono soprattutto dai biologi: John Maynard Smith definì l’ipotesi Gaia «una religione malvagia». Stephen Jay Gould la liquidò come «una metafora, non un meccanismo». Richard Dawkins sostenne che contraddiceva l’evoluzione darwiniana non tenendo conto della competizione genetica. Paradossalmente Gaia piacque molto ai non addetti ai lavori: filosofi, poeti, scrittori, ambientalisti e lettori curiosi.
A quanto pare il consiglio di Golding era basato su Gea, un’ortografia alternativa ben più famigliare all’ambiente scientifico come prefisso di molte discipline. Forse Gea avrebbe fatto la diffrenza, ma forse no.
Michael Bond, senior editor presso New Scientist, sottolinea4che
La comunità scientifica reagì così male perché si sentiva già insicura. I biologi evoluzionisti si scambiavano invettive sull’equilibrio punteggiato, la selezione di gruppo e simili. Dopo il Vietnam e Primavera silenziosa5, la scienza era caduta in disgrazia e doveva competere con ogni sorta di pseudo-scienza e di pio desiderio.
Margulis sostenne difese la teoria di Gaia nonostante le polemiche ma anni dopo, ricorda Giannini, parlando con il giornalista John Horgan, spiegò che:
La Terra non può essere considerata un organismo vivente perché nessun singolo organismo vivente ricicla i suoi rifiuti. Questo è troppo antropomorfo, confonde. Lovelock aveva appoggiato questa metafora perché pensava che favorisse la causa dell’ambientalismo. Io penso che fosse un male perché forniva argomenti all’irrazionalità».
Mi preme, però, mettere in evidenza gli altri meriti del saggio di Giannini, a cominciare dalla ricostruzione dell’ambiente scientifico, entro il quale Margulis dovette muoversi, caratterizzato dalla crescente importanza del neodarwinismo e, da sempre, colorato di sessismo.
In quegli anni [Anni Cinquanta e Sessanta NdR] erano pochissime le donne che lavoravano nel campo della scienza e ancora meno quelle che avevano la soddisfazione di firmare i loro lavori. Spesso ci si limitava a un ringraziamento «per l’organizzazione della ricerca» in calce agli articoli, com’era successo a Rosalind Franklin, preziosa e indispensabile collaboratrice di James Watson e Francis Crick, autodichiaratisi, nel famoso articolo pubblicato su Nature nel 1953 , come i soli scopritori della struttura a doppia elica del DNA e per questo insigniti del premio Nobel per la medicina nel 1962. In alcuni casi era addirittura successo che, per non essere discriminate, alcune scienziate firmassero i propri articoli con il cognome e solo le iniziali del nome6. Tutto questo era risaputo da tempo ma a quantificarlo almeno parzialmente è stato un recentissimo studio pubblicato nel febbraio 2019 sulla rivista «Genetics».
Lo studio prende in considerazione 883 articoli pubblicati tra il 1970 e il 1990 e i dati forniti da Giannini sono irrinunciabili.
Naturalmente anche Lynn riceverà la sua dose di critiche e, talvolta, di insulti3 per il suo lavoro tanto innovativo in campo biologico. I riconoscimenti e il rispetto in seguito non le mancarono, fortunatamente, ma non fu né la prima né l’ultima. A riprova Giannini riporta l’esempio di un’altra pioniera:
… la genetista americana Barbara McClintock che, studiando il mais, aveva elaborato una rivoluzionaria teoria sui geni mobili (trasposoni) non accettata o addirittura ridicolizzata negli anni Cinquanta dai genetisti dell’epoca, che l’avevano relegata a occuparsi di agraria. Nel 1970, la consegna della National Medal of Science – per la prima volta assegnata a una donna [e conferita nel 1999 anche a Lynn Margulis NdR] – dette il via a una serie di più che meritati riconoscimenti.
Per il Premio Nobel, McClintock dovette aspettare fino al 1983. Aveva 81 anni e si era già ritirata a vita privata da tempo.
Adriana Giannini, laureata in Scienze naturali e per alcuni anni caporedattrice di Le Scienze e responsabile della collana «Le Scienze-Quaderni», è giornalista e divulgatrice scientifica. L’unica pecca del suo saggio è probabilmente dovuto a una scelta editoriale: la mancanza di un indice analitico, indispensabile in un testo così pieno di riferimenti e nomi.
1. Un suo ex studente «l’aveva sentita rifiutare al telefono un potenziale sostanzioso finanziamento perché si pretendeva che i risultati della ricerca non venissero resi pubblici. “Se non è pubblica non è scienza” aveva risposto, chiudendo subito dopo la telefonata.»
2. Ad esempio Dona Bacteria y sus dos maridos (evidente riferimento al romanzo di Jorge Amado), traduzione spagnola di un articolo scritto in inglese con il figlio maggiore Dorion e intitolato Bacterial BedFellows (“Compagni di letto batterici”).
3. Il suo articolo On the Origin of Mitosing Cells contenente una prima esposizione della teoria della simbiogenesi, venne rifiutato da una quindicina di riviste scientifiche prima di essere pubblicato nel 1967. Uno dei rifiuti fu così motivato: «La sua ricerca è una fesseria (o peggio). Non ci secchi più con cose di questo genere». Ecco, altro che scemate pacifiste sulla cooperazione fra microorganismi!
4. M. Bond Exploring our love/hate relationship with Gaia, «New Scientist», 21 agosto 2013, recensione al saggio di Michael Ruse The Gaia hypothesis. Sience on a pagan planet.
5. R. Carson, Primavera Silenziosa,[ed. it. Feltrinelli] 1962.
6. La scelta di molte ricercatrici di firmare i lavori con le sole iniziali del nome ricorderà sicuramente qualcosa alle autrici e agli autori di fantascienza.
Adriana Giannini, Lynn Margulis. La scoperta dell’evoluzione come cooperazione, L’asino d’oro 2020, collana «Profilo di donna», serie Scienza pp. 149, € 15,00
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